Bonomi piomba sulle elezioni. Calpestate norme e statuto per tenersi la Confindustria

L’ultimo articolo che abbiamo dedicato alla campagna elettorale per il futuro di Confindustria chiedeva a chi ne gestisce la macchina di tenere lontano veleni e veline e ai candidati di concentrarsi sui contenuti. Sui programmi. L’articolo pur essendo stato pubblicato solo una decina di giorni fa è invecchiato malissimo. Purtroppo i veleni stanno all’interno e sembra che non si voglia consentire - a chi ha raccolto democraticamente le firme per la corsa alla presidenza - nemmeno di cominciare a parlare di contenuti e di quel rinnovo di cui l’associazione necessita come l’aria. Lunedì scorso sono infatti state depositate le liste con la raccolta delle firme. Numero minimo 19 per accedere al panel consigliare. Quattro i candidati che sembrano essere arrivati a tale soglia. Emanuele Orsini con 49 voti, Edoardo Garrone con meno di 45. A seguire Antonio Gozzi e Alberto Marenghi. I primi due avrebbero anche già superato la soglia del 20% delle preferenze assembleari. Prassi e statuto vorrebbero che una volta vistate le firme dalla struttura dei probiviri ed eventualmente dal comitato etico la parola passi ai saggi, il cui compito sarebbe girare l’Italia, ascoltare le preferenze e se possibile scremare la lista a due. Nel frattempo, ufficializzati i nomi dei candidati, dare il via al dibattito, alle interviste e al confronto dei contenuti. Ricordiamo che al termine del 2023 era stata diramata una direttiva, spinta dall’attuale presidente Carlo Bonomi, per proibire a chiunque non abbia il bollino di candidato ufficiale di parlare. Pena la scomunica. Ecco che invece ieri avviene il colpo di scena.



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