Alla fine ha ceduto. Boris Johnson ha annunciato a Downing Street le proprie dimissioni. "La volontà del partito Conservatore è che ci debba essere un nuovo leader e quindi un nuovo premier. Per questo accolgo le richieste dei parlamentari e da oggi inizia un processo per scegliere questo leader" ha detto Johnson alla stampa, annunciando che resterà in carica fino all'elezione di un successore alla guida dei Tories prevista per ottobre. "A Westminister c'è un vento di cambiamento - ha aggiunto -In politica nessuno è indispensabile". Johnson ha quindi assicurato che "la Gran Bretagna continuerà a sostenere l'Ucraina anche dopo la sua uscita di scena".
L’esito di questa vicenda era ampiamente prevedibile, vista la tempesta che aveva investito l’inquilino di Downing Street soprattutto negli ultimi giorni. Lo scandalo Pincher aveva portato alle dimissioni di numerosi ministri e sottosegretari: l’ultimo atto di tumultuose polemiche innescate, nei mesi scorsi, dal cosiddetto Partygate. A giugno, il premier era sopravvissuto a un voto di sfiducia interno: una vittoria tuttavia notevolmente azzoppata, visto che circa il 40% dei suoi parlamentari gli aveva votato contro. Era quindi chiaro che la presa di
Johnson sul Partito conservatore si fosse ormai significativamente indebolita. E che la fronda interna fosse pronta a proseguire la sua battaglia contro il premier.A tutto questo, deve poi aggiungersi il forte malcontento dovuto a vari problemi di natura sociale ed economica, a partire dal caro carburante che, soprattutto negli scorsi giorni, ha innescato significative proteste. Centinaia di camion, furgoni, automobili e trattori in Inghilterra, Galles e Scozia avevano infatti creato blocchi stradali mobili all’inizio di questa settimana. Un ulteriore nodo è poi quello della carenza di manodopera e della riduzione dei salari. Tutto questo, senza trascurare l’impatto di problemi strutturali come la crisi delle catene di approvvigionamento. Per quanto tali nodi non possano certo essere addebitati interamente alle responsabilità di
Johnson, è chiaro che hanno contribuito a creare un clima politico difficile attorno al premier, indebolendolo progressivamente.In questo quadro, la
Bbc ha riferito che la corsa per la successione sarebbe già iniziata. I nomi che circolano sono numerosi: l’ex cancelliere dello scacchiere,
Rishi Sunak; l’ex ministro della sanità,
Sajid Javid; l’attuale cancelliere dello scacchiere,
Nadhim Zahawi; la procuratrice generale per l'Inghilterra e il Galles,
Suella Braverman; il ministro degli Esteri,
Liz Truss; l’ex ministro degli Esteri,
Jeremy Hunt. Non si tratta tuttavia soltanto di una partita interna al campo dei conservatori. L’opposizione laburista è infatti sul piede di guerra, con il suo leader
Keir Starmer che, dopo aver salutato con favore il passo indietro del premier, ha invocato un “cambio di governo”. Tra l’altro, stanno già sorgendo polemiche in riferimento all’intenzione, nutrita da
Johnson, di restare in carica fino al prossimo autunno. Contrarietà è stata espressa dalla premier scozzese,
Nicola Sturgeon, e da due ex ministri, interpellati dal
Guardian. Segno, quindi, che – nonostante le imminenti dimissioni – la battaglia politica potrebbe essere ben lungi dal potersi dire conclusa.