La Borsa di Parigi premia il successo della destra e smonta una storica bugia della sinistra

+2,5%. Nella narrazione allarmistica sulla destra che la sinistra ci ha propinato e ci sta propinando anche oggi, ha uno spazio importante l’economia. L’abbiamo imparato all’epoca della manovra Bruxelles-Quirinale-Parigi-Berlino con cui venne costretto alle dimissioni il Governo Berlusconi, defenestrato a colpi di «spread». Lo ricordate? La narrativa sinistrorsa, tv e giornali tutto compreso, ci descriveva sull’orlo del baratro, senza un quattrino, con i risparmi a rischio, una nazione ormai sull’orlo del fallimento. Erano balle.

Come erano balle quelle di due estati fa, un luglio ed agosto caldo dal punto di vista politico per la campagna elettorale pre elezioni politiche. «Se vince la destra salirà lo spread (ovviamente)… i mutui saliranno…la benzina andrà alle stelle… ci saranno file ai bancomat… la borsa crollerà e l’inflazione volerà…». Poi è andata com’è andata; la situazione economica è migliorata, lo spread ai minimi, l’inflazione è si salita, per la guerra in Ucraina, non per colpa della Meloni, ma ora sta scendendo, la Borsa vola, l’occupazione è ai massimi di sempre.

Queste bugie devono far parte di una sorta di Manuale del comunista europeo, dato che vengono raccontate ovviamente anche in Francia, soprattutto in questa fase delicatissima con la destra che sta tentando un clamoroso e storico colpo di mano. Anche oltre le Alpi Melenchon, Macron e compagnia hanno sventolato al popolo tutta una serie di catastrofiche conseguenze economiche in caso di successo di Jordan Bardella e del Rassemblement National. Poi succede che domenica al primo turno la destra vince, quasi stravince. E succede che il giorno dopo la Borsa di Parigi, terrorizzata dall’onda della destra avanzante, cresca, appunto, del +2,5%, un vero e proprio botto, il segnale che il mondo economico transalpino non è per nulla spaventato da un eventuale cambio di potere all’Assemblea Nazionale, anzi. Sembra che preoccupi di più il successo del Blocco Repubblicano, la macedonia di partiti che fermerebbero si la destra ma darebbero vita ad un governo debole e soprattutto instabile.

Ecco la parola magica: stabilità.

Per il mondo della finanza non c’è cosa migliore: non conta chi governi, conta che sia forte, appunto, stabile. In Italia abbiamo perso decenni con maggioranze inesistenti e legislature raffazzonate. Non abbiamo mai avuto un governo durato un’intera legislatura; attualmente il record spetta al Berlusconi II (tre anni e dieci mesi). Non ci possiamo più permettere cambi di sella continui, non se lo possono permettere nemmeno i francesi. E questa non è una balla, come quelle che la sinistra va raccontando.

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