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November 13 2017
In queste ore, i membri del parlamento britannico hanno già il colpo in canna in vista della guerra parlamentare sulla Brexit che, domani, ricomincerà con il ritorno in aula dell'European Union (Withdrawal) Bill (già Great Repeat Bill), la legge quadro che assorbe la legislazione europea in quella nazionale ed abroga l'European Communities Act del 1972.
A partire da domani e per otto giorni, la legge entrerà così in una delle fasi-chiave del suo processo evolutivo, poichè sarà sottoposta a un riesame molto accurato da parte dei parlamentari per individuare eventuali problemi potenziali che potrebbero rallentare o addirittura bloccare il prosieguo della Brexit.
Sarà una settimana lunga e difficile quella che, dunque, si prepara ad affrontare Theresa May, sempre più in mezzo a una pressa, con l'opposizione da un lato e i deputati conservatori dall'altro, senza contare la coalizione transpartitica dei deputati filo-europei che faranno di tutto per "bombardare" l'iter di emendamenti così da rallentarne e ritardarne il movimento.
In aggiunta alla battaglia sul fronte legislativo, la premier britannica si trova anche a dover rintuzzare gli attacchi sempre più pesanti interni al suo governo. A guidare le fila delle "serpi in seno" c'è il ministro degli Esteri Boris Johnson, che spinge per la messa in atto di una Brexit sempre più hard e spera che la capitolazione della May apra le porte alla sua successione, per la quale è il candidato numero uno. Sodale di quest'ultimo il ministro del'Ambiente Michael Gove.
I due hanno fatto recapitare al Primo Ministro una lettera privata con firma congiunta - poi diffusa dai media inglesi - nella quale hanno sottolineato le sue responsabilità nella mancanza di evoluzione dei negoziati con l'Unione Europea e l'hanno invitata (ma dati i toni, è più un eufemismo) a rompere in maniera netta e drastica, intimando a far sì che il periodo di transizione all'uscita non superi i due anni, cioè non vada oltre il 30 giugno del 2021.
Nella missiva, Johnson e Gove hanno insistito anche sul fatto che tutti i membri del gabinetto debbano appoggiare la linea di una Hard Brexit, "indipendentemente dalle loro iniziali posizioni durante il referendum", astenendosi dall'esprimere opinioni contrarie sia in pubblico che in privato.
Un altro tema caldo è, infine, quello economico, con il mondo del business europeo che teme un ritardo nell'avvio dei negoziati commerciali previsto per dicembre a causa della difficoltà nel procedere su alcune delle questioni chiave, come il divorzio, i diritti dei cittadini e i confini irlandesi.
D'altra parte, l'Europa ha già abbozzato i primi piani da mettere in atto qualora i negoziati dovessero fallire e si arrivasse a un'uscita del Regno Unito senza alcun accordo.