Bruno Barbieri: «Così sono diventato il cliente più temuto dagli albergatori»

Riparte da Venezia in viaggio per l'Italia di Bruno Barbieri nei panni di inflessibile conduttore e giudice unico di 4 Hotel, iconico programma di Sky Uno che mette a confronto in ogni puntata quattro agguerriti albergatori pronti a tutto per vincere la sfida, il titolo di miglior albergo e un premio da reinvestire nella propria azienda. «Quest'edizione ha poi un significato importante perché c'è tutta la voglia di ripartire e rilanciare un settore strategico per l'economia italiana», racconta lo chef ultra stellato a Panorama.it alla vigilia nella nuova serie di otto puntate realizzate da Banijay Italia (tra le tappe Toscana, Alto Adige, Milano, Lecce, Maremma, Abruzzo, Basilicata), al via da giovedì 13 maggio, rivelando che dopo MasterChef – le cui riprese partiranno a breve – a sorpresa sarà anche il protagonista di un docufilm.

Chef Barbieri, partiamo dalla novità: per la prima volta, la colazione sarà una delle categorie oggetto di voto. Perché?

«Perché è il pasto che ogni albergo considera il suo fiore all'occhiello. È l'ultima cosa che facciamo prima di lasciare l'hotel, è quella che ci rimane impressa e qualche volta ci lascia l'amaro in bocca. Dalle colazioni internazionali a quelle a km0, fino alle colazioni vegane, c'è di tutto».

E lei si è divertito a mettere in difficoltà gli albergatori?

«Ovvio. Ho spaccato le balle perché se tu mi dici "esaudiamo tutti i tuoi desideri" io mi sento autorizzato a chiederti di tutto, anche il porridge con acqua salata. Mi piace stuzzicarli e soprattutto dare qualche input che serva a far crescere l'hotel. Per questo gli dico spesso: "Guarda che torno tra sei mesi a vedere cos'hai fatto di nuovo"».

Come li ha trovati gli albergatori dopo un anno di aperture e chiusure a singhiozzo?

«Carichi, con tanta voglia di ricominciare e di mettersi in discussione. Molti hanno fatto rientrare apposta il personale e rimesso in piedi l'attività per girare 4 Hotel: hanno capito che questo programma può aiutare a rimettere in moto il mondo dell'hôtellerie, che è un biglietto da visita fondamentale per l'Italia».

Lo Stato lo ha capito secondo lei?

«In parte. Non hanno capito che avere un occhio di riguardo per questo settore non significa solo dare soldi: i ristori sono importanti, ovvio, ma bisogna snellire la burocrazia. Se devo aprire una finestra in bagno e passa un anno e mezzo prima che arrivi l'autorizzazione, che senso ha? Sono le piccole cose che fanno la differenza. Il paese ha voglia di ripartire e tutti lo devono capire».

Quanto è stato complicato girare in piena pandemia?

«I protocolli erano stringenti e in otto settimane di riprese abbiamo avuto in solo albergatore positivo, per altro asintomatico. Tutti i giorni tutta la troupe faceva i tamponi, dunque abbiamo lavorato bene anche perché gli albergatori hanno investito in sicurezza ed erano molto preparati per cui non abbiamo avuto alcun timore. Anzi, lo voglio dire: fidatevi degli albergatori italiani perché sono scrupolosi e attenti».

Dopo tante edizioni, che tipo di albergatori cercate?

«Gente preparata e che abbia voglia di raccontare una storia e un territorio. Se sono in Trentino e mi fai mangiare le capesante della Scozia, mi incazzo. Agli albergatori cerco di far capire che raccontarsi vuol dire tirare fuori l'anima e dare un'identità precisa al loro hotel».

Pensa che lo abbiano capito?

«Sì, già si nota un cambiamento. Noi non andiamo nei colossi delle multinazionali dei 5 stelle lusso, che con budget spropositati possono fare il fare brutto e il cattivo tempo. Puntiamo su hotel a conduzione familiare e sempre più spesso troviamo giovani che hanno ridato vita ad alberghi magari appartenuti alle loro nonne o che hanno investito tutti i risparmi per aprire il bed & breakfast della vita. Ho visto delle robe bellissime e hotel curatissimi fin nei minimi dettagli».

Piccolo spoiler: l'esperienza più clamorosa di questa edizione?

«Forse quella in un glamping in Maremma, un campeggio di lusso il cui nome è un mix tra glamour e camping. Stare soli in mezzo a un bosco e alla natura più estrema con volpi, cinghiali e lupi, fare la doccia a pioggia in mezzo al verde, è stato incredibile. Non sembrava nemmeno di essere in Italia».

Quanto ha messo in difficoltà gli albergatori?

«Molto, è la mia missione. Non bastava la mia lotta ai runner poggiati sul letto e quella per i topper. Adesso rompo le scatole per l'eliminazione della plastica e per avere dei buoni cuscini. Ovviamente poi mi calo nel "cliente rompiscatole" per una prova ad hoc in ogni puntata. In un albergo ho fatto trasformare completamente una stanza puntando tutto su un colore specifico».



Siete riusciti a trovare nuove forme e nuove tendenze di hospitality?

«Certo. Penso ad esempio all'hotel low cost che abbiamo scovato a Milano: dimostra che si può soggiornare con pochi euro anche in città. L'obiettivo è proprio quello, raccontare un'hôtellerie diversa, che il pubblico non si aspetta.

Il momento cult di questa edizione?

«Cult non so ma di sicuro strong. Sono caduto da una moto da competizione durante una scena: pioveva, sono scivolato e ho preso una bella legnata. In un'altra puntata invece sono caduto in acqua a due gradi e ho pensato di morire d'infarto. Confesso che pensavo che tra Covid e restrizioni gli albergatori avrebbero ridotto le attività proposte, invece ci hanno offerto esperienze spettacolari».

Quanto alle strategie, ci sono stati liti selvagge al momento dei voti?

«Partono con il classico "siamo tutti amici" ma dopo due minuti gli scatta il neurone della competizione. Ne hanno fatte di tutti i colori e se ne sono dette di ogni e quest'anno erano molto bravi anche a livello televisivo. In una puntata ci sarà un'albergatrice senza peli sulla lingua che ha dominato la scena, tanto che ad un certo punto le ho detto: "Vuoi fregarmi il posto?"».

Dopo Bruno Barbieri 4 Hotel tornerà a MasterChefMasterChef?

«Sì, ricominciamo a girare la nuova edizione tra qualche settimana».



Altre novità all'orizzonte?

«La novità è che mi butto sul cinema. Ho girato un docufilm bello e interessante, che tocca un tema psicologicamente molto profondo e che non racconta solo la mia storia ma quella di tanta altra gente. Di più non posso dire».

Il suo futuro è dunque sul grande schermo?

«Mi sono arrivati tanti copioni ed è un settore che m'interessa. Se son rose fioriranno».

Proprio un anno fa ha lasciato il suo ristorante, il Fourghetti di Bologna: ne aprirà un altro?

«No, almeno non per ora. Ho tanti altri progetti imprenditoriali in ballo e mi piacerebbe dedicarmi all'hôtellerie in giro per il mondo. Per questo sto valutando delle proposte che ho ricevuto. Ho tanti obiettivi e voglio riuscire a raggiungerli tutti».

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