Tecnologia
March 25 2021
Fotografata la presenza di gas e di campi magnetici dentro M87, potremo quindi capire come si espandono, di cosa sono fatti e perché emettono segnali radio
Da oggi sappiamo ancora qualcosa in più sui buchi neri, uno dei misteri del cosmo dei quali l'umanità conosce sempre troppo poco. Dopo che tre anni fa era stata scattata la prima immagine di questi "corpi" celesti immersi in campi gravitazionali tanto potenti da non far sfuggire luce né materia, ora gli astronomi sono riusciti a ottenere una nuova vista scoprendo al contempo come si comportano i campi magnetici in prossimità del suo margine esterno. Detta così potrebbe sembrare cosa banale, invece è una scoperta significativa che completa quella avvenuta nel 2019 grazie all'Event Horizon Telescope (Eht). Il buco nero in questione si trova al centro della galassia M87 a circa 55 milioni di anni luce dalla Terra. L'immagine di allora mostrava il classico anello luminoso con un centro scuro, che è l'ombra del buco nero, e nel catturarla gli astronomi hanno notato una quantità significativa di luce polarizzata posizionata attorno al buco nero. Polarizzare la luce significa emetterla o riceverla potendo orientare le forze elettromagnetiche che ne fanno parte, quasi come applicare una specie di filtro che lascia passare soltanto le onde luminose di un certo tipo. Ebbene, la luce polarizzata, che ha quindi un orientamento e una luminosità diversi rispetto alle normali emissioni, in prossimità dell'anello esterno del buco nero assume caratteristiche tali da mostrare la presenza di campi magnetici che quindi si trovano molto vicini a quello che gli scienziati definiscono "l'orizzonte degli eventi" o punto di non ritorno. Con questa definizione coniata dal cosmologo britannico Roger Penrose (premio Nobel per la fisica 2020), si intende il punto di confine da cui possono sfuggire segnali radio, oltre il quale nessun segnale può più sfuggire.
Monika Moscibrodzka, coordinatrice del gruppo di lavoro sulla polarimetria dello Eht e docente della Radboud Universiteit olandese, e il suo collega Jason Dexter della Boulder University del Colorado, hanno dichiarato alla stampa specializzata: "Questa è la prima volta che gli astronomi sono stati in grado di misurare la polarizzazione della luce così vicino al bordo di un buco nero; essa non è soltanto spettacolare da osservare, ma sta rivelando nuove informazioni sulle potenti emissioni radio che vengono emesse da M87. Nelle prime immagini elaborate nel 2019 abbiamo mostrato solo l'intensità, ora aggiungiamo le informazioni sulla polarizzazione sopra l'immagine originale e studiandone la lunghezza d'onda possiamo scoprire la natura dei gas presenti vicino al buco nero, la loro temperatura e come questi cambiano mentre ruotano attorno al bordo, e quindi stabilire un parametro per comprendere come gli stessi buchi neri crescono e come emettono radiazioni così potenti da essere ricevibili con forza a distanze enormi".
Gli astronomi pensano già da molto tempo che i campi magnetici che condizionano i gas caldi vicino ai buchi neri svolgano un ruolo importante nel concentrare il gas in quei punti e nel lanciare getti di particelle d'energia nella galassia, infine di come il buco nero possa "nutrirsi di gas". Ora analizzando anche le diverse lunghezze d'onda emesse da quella fascia potremo ricavare un quadro più completo di che cose ci sia e che cosa accada nei dintorni del corpo celeste.
La scoperta è stata possibile grazie alla collaborazione tra otto radiotelescopi situati in giro per il mondo, quindi combinando la loro potenza per creare un sistema virtuale delle dimensioni della Terra, appunto l'Eht, sigla che significa Event Horizon Telescope (letteralmente Telescopio dell'orizzonte degli eventi). E' dunque un progetto internazionale che coinvolge una sessantina di centri di ricerca e che ha l'obiettivo di studiare sia Sagittarius A, il buco nero situato al centro della Via Lattea, sia M87, ancora più grande e situato al centro della galassia Virgo A. L'Eht è composto da una rete di radiotelescopi posizionati in tutto il mondo, quindi con molte antenne radio indipendenti distanti tra esse migliaia di chilometri che possono essere utilizzate in un sistema sincrono per creare un solo telescopio avente come apertura effettiva la distanza tra le stazioni riceventi più lontane. Le frequenze ricevute sono quelle tra 230 e 450 Ghz, ovvero con lunghezze d'onda comprese tra 1,3 e 0,66 millimetri. Gli impianti coinvolti nello studio sui buchi neri sono attualmente l'Arizona Radio Observatory (Aro-Usa) e il Kitty Peak National Observatory di Tucson, Arizona (Usa); il Gran Telescopio Milimétrico Alfonso Serrano (Messico); l'Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (sul ghiacciaio Chajnantor, nel nord del Cile); l'Iram di Pico Veleta, sulla Sierra Nevada (Spagna); il Cso di Mauna Kea, nelle isole Hawaii (Usa) e il Noema di Plateau du Bure nelle Alpi (F). Ma altri impianti stanno per aderire a quella che si annuncia essere la rete terrestre per la scoperta spaziale più importante mai realizzata.