Il Burkina Faso sprofonda nel baratro.

Emergono dettagli raccapriccianti della strage di sabato scorso, nel centro-nord del Burkina Faso dove centinaia di persone sono state uccise dai jihadisti mentre scavavano trincee attorno alla città di Barsalogho comune della provincia di Sanmatenga, nel Burkina Faso centro-settentrionale. Durante una telefonata avvenuta martedì, alla Reuters una fonte ha spiegato che le truppe del Burkina Faso avevano costretto i residenti di Barsalogho, seppur contrari, a interrompere le loro attività quotidiane per scavare trincee attorno alla città nel tentativo di evitare gli attacchi dei jihadisti. Al momento dell'attacco, centinaia di persone stavano lavorando all'esterno, ha riferito la fonte basandosi sui racconti dei feriti. «Non potevano fare altro che sdraiarsi uno sopra l'altro. È stata una vera carneficina», ha dichiarato la fonte, aggiungendo che gli uomini armati hanno colpito anche le donne impegnate a raccogliere legna da ardere nelle vicinanze. Centinaia di feriti sono stati trasferiti in strutture sanitarie nella città di Kaya, a circa 40 chilometri a sud. Un testimone, che ha chiesto di restare anonimo per timore di ritorsioni, ha riferito alla Reuters che il numero delle vittime tra morti e feriti potrebbe superare le 500 unità. Mentre festeggiavano e cantavano “Allah u Akbar”, i carnefici hanno conficcato diversi proiettili nei teschi di uomini che probabilmente erano già morti e i militari sono arrivati sul posto solo cinque ore dopo la strage. Numerosi video diffusi in seguito al massacro, in particolare dal JNIM, confermano in ogni caso che le vittime erano per la stragrande maggioranza civili. Le immagini mostrano decine di corpi che giacciono nella trincea. Uomini, vestiti in borghese e circondati da pale e picconi. Filmata per diverse decine di metri, la trincea non ha rivelato la presenza di armi vicino alle persone uccise. In un altro videoclip di poco meno di tre minuti, un aggressore filma quella che sembra essere la fine dell'aggressione. Decine di cadaveri sono già a terra, circondati dai combattenti, a piedi o in sella alle moto.

Il massacro è stato rivendicato dal Gruppo di sostegno all'Islam e ai musulmani (GSIM o JNIM), la filiale saheliana di al-Qaeda. Sotto il blocco jihadista dal 2022, la città di Barsalogho era già stata presa di mira circa trenta volte dai gruppi radicali islamici. Situata a soli 45 km da Kaya, dove il capo della giunta militare golpista Ibrahim Traoré era capo dell’artiglieria, è considerato “l’ultimo bastione” prima di un nord un tempo controllato dai militari che oggi è saldamente nelle mani dei jihadisti. L'attacco che è durato circa due ore è tra i più mortali da quando, circa dieci anni fa, gruppi affiliati ad al-Qaeda e allo Stato Islamico hanno iniziato a operare in Burkina Faso dal Mali vicino, facendo sprofondare il paese del Sahel in una crisi di sicurezza che ha contribuito a due colpi di stato nel 2022.

Quattro ministri e il capo di stato maggiore dell'esercito si sono recati a incontrare le vittime a Kaya, dove è stata evacuata la maggior parte dei feriti, a circa 45 chilometri dal villaggio di Barsalogho dove è avvenuto l'attacco. Alla televisione nazionale, il ministro delle Comunicazioni, Jean-Emmanuel Ouedraogo, ha parlato «di un “attacco vile e barbaro perpetrato da orde di criminali che hanno aggredito donne, bambini, anziani e uomini, senza distinzione». Una fonte della sicurezza ha dichiarato che «la risposta dei soldati e del VDP ha permesso di neutralizzare diversi terroristi ed evitare una tragedia più grande» ma la popolazione è infuriata per la gounta golpista da mesi non ammette la gravità della situazione.

Dal 2015, il Paese è stato regolarmente colpito da attacchi di gruppi jihadisti che hanno provocato più di 20.000 morti – civili e soldati – di cui quasi 3.800 quest’anno , secondo l’ONG Acled che elenca le vittime dei conflitti in tutto il mondo. L'ONU e Human Rights Watch hanno ripetutamente accusato le forze di sicurezza burkinabe e il VDP di aver commesso massacri contro i civili. Il capo del regime burkinabè, il capitano Ibrahim Traoré, salito al potere con un colpo di stato nel settembre 2022, aveva promesso di fare della lotta al terrorismo la sua priorità di governo e per questo dopo aver rotto con la Francia, si è legato alla Russia di Vladimir Putin. Un contingente di 100 soldati russi è sbarcato in Burkina Faso alla fine di gennaio, e si prevede che altri 200 uomini si uniranno a loro in futuro. Questi arrivi fanno parte dell'Africa Corps, una forza creata di recente dal ministero della difesa russo per rimpiazzare il Wagner Group, sciolto l'anno scorso. Nel frattempo, si parla di negoziati in corso per stabilire una base militare russa nella Repubblica Centrafricana (CAR). L'arrivo del contingente russo in Burkina Faso rappresenta sia un'espansione che una formalizzazione della presenza militare del Cremlino nel Sahel; anche la creazione di una base militare nella Repubblica Centrafricana contribuirà a questo obiettivo. Il dispiegamento del Corpo è stato preceduto da diverse visite di Yevkurov in Africa e dalla riapertura dell'ambasciata russa a Ouagadougou, dopo oltre 30 anni di chiusura. L'espansione russa in Africa sta riempiendo il vuoto di sicurezza lasciato dal ritiro delle forze francesi dalla maggior parte dei paesi del Sahel e dalla Repubblica Centrafricana. Le giunte militari, che hanno preso il potere in diversi stati del Sahel negli ultimi anni, vedono la Russia come un alleato sia a livello nazionale che internazionale e sono ansiose di collaborare con essa nel settore della difesa. Sebbene l'Africa Corps dichiari di voler assistere nella lotta contro il jihadismo dove finora ha totalmente fallito, la sua presenza nel continente mirerà principalmente a rafforzare l'influenza militare, politica ed economica del Cremlino.

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