Calhanoglu, addio al Milan: va (gratis) all'Inter

Dopo Gianluigi Donnarumma, finito a Parigi a prendersi un ingaggio monstre con allegato di commissioni per l'agente Mino Raiola, ecco il turno Hakan Calhanoglu. La strana estate del Milan vive un nuovo capitolo doloroso di uscita a parametro zero. Dopo mesi di tentennamenti, trattative, ottimismo e pessimismo alternati e comunicati dalle parti, anche il centrocampista turco ha scelto lo strappo. E con lui lo ha fatto il club che ha deciso di sposare una politica di muro contro muro nel confronto con le proprie stelle e i rispettivi procuratori: fatta l'offerta, pochissimo o nullo spazio per rilanci o altro. Prendere o lasciare, anche a rischio di restare col cerino in mano.

L'addio a parametro zero a Donnarumma e Calhanoglu rappresenta evidentemente un danno patrimoniale per il bilancio rossonero. Mancati incassi di qualche decina di milioni di euro, soldi in meno da reinvestire nella campagna acquisti e plusvalenze in mano da contabilizzare in un conto economico in miglioramento, ma ancora fuori equilibrio. Per dare un metro di giudizio, il Milan chiuderà il prossimo esercizio con un rosso intorno ai cento milioni di euro, la metà di quanto fatto nel 2020 e con la prospettiva di un 2022 in cui la qualificazione alla Champions League e l'auspicata riapertura degli stadi concorrerà ad aumentare i ricavi in maniera importante. Però, immaginando di cedere i due fuggitivi a prezzi di mercato, il beneficio sarebbe stato enorme.

Dunque Elliott e l'area tecnica rossonera si sono segnati un clamoroso autogol? Di sicuro hanno voluto chiarire il proprio pensiero sulle strategie legate al calcio. Il rifiuto di consegnarsi nelle mani delle richieste dei procuratori, chiaro già nella gestione del caso Donnarumma, la volontà di tenere sotto controllo i costi, l'attenzione maniacale al monte ingaggi. Certo, così facendo il rischio è di essere poco attrattivi verso le stelle, però questo è un calcio nell'era di crisi in cui la stabilizzazione delle spese è fondamentale per garantirsi un futuro sereno. In campo, invece, il rischio è dover ricominciare daccapo ogni volta.

Da questo punto di vista il 'no' a Calhanoglu (e di Calhanoglu) è diverso da quello di Donnarumma. E richiama a quanto dovrà accadere nei prossimi mesi con Romagnoli, Calabria e soprattutto Kessié. L'ivoriano è una colonna della squadra di Pioli e difficilmente potrà essere trattato al pari degli altri, perché la logica della formichina va bene fino a quando non diventa un limitatore alla crescita di un progetto che va di pari passo con la crescita della dimensione economica dell'azienda.

L'altra faccia della medaglia è l'Inter e la politica di Marotta, dirigente abituato a prendere parametri zero offerti come occasioni dal mercato. Lo ha fatto alla Juventus, lo sta rifacendo all'Inter nel momento più difficile. In attesa di comprendere il futuro di Eriksen e di ufficializzare le uscite (Hamimi? Lautaro Martinez?), un segnale concreto che a Inzaghi verrà consegnata una squadra competitiva. Per cosa è presto per dirlo.

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