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January 14 2019
Domenica 23 dicembre, antivigilia di Natale. All’incirca intorno a mezzogiorno mi squilla il cellulare. Prima una telefonata da un numero con un prefisso inglese, a cui però non faccio in tempo a rispondere. Poi una seconda chiamata, questa volta dall’Italia, che riesco ad acchiappare. Neanche il tempo di dire pronto che una voce mi dice: «Sono il corriere di Amazon, può scendere che vado di fretta e ho altri pacchi da consegnare». Sotto, al portone, mi aspetta un ragazzo con in mano una scatola. Niente di prezioso o di urgente, solo tre lampadine che ho ordinato il giorno prima per evitare la caccia a un negozio di elettricista. Valore scarso, poco più di una decina di euro, tuttavia il gigante di Seattle mi ha recapitato le lampadine senza esitazione né ritardi. Anche la domenica, anche l’antivigilia di Natale. Se racconto tutto ciò è per spiegare che cosa sta succedendo. Mentre il nostro ministro del Lavoro Luigi Di Maio sostiene una legge per chiudere i centri commerciali nei giorni festivi, lasciando aperto qualche esercizio a turno, la rivoluzione sta arrivando e non ci sarà nessuna norma che la possa fermare. Già, perché se il Movimento 5 Stelle immagina una decrescita felice, dove nel weekend la gente va a spasso con la famiglia e si diverte con gli amici, il mondo va da un’altra parte. Altro che tirar giù le serrande per consentire il riposo settimanale: tra poco le serrande si abbasseranno perché il commercio sarà online e i negozi vedranno diminuire così rapidamente la propria clientela da dover chiudere. Il mio non è pessimismo, ma realismo. Molti supermarket specializzati in prodotti elettronici hanno già gettato la spugna, mentre altri galleggiano. Chi vendeva macchine fotografiche, ormai superate dagli smartphone con ottiche digitali, ha cambiato mestiere. L’elettronica è la più colpita dal fenomeno, ma la concorrenza di Amazon e di tutti gli altri siti specializzati in vendite online non tralascia alcun settore. Dal cibo per animali ai vestiti, dagli attrezzi da lavoro ai mobili. Seduti davanti al loro computer, con un semplice account e una carta di credito, gli italiani si stanno trasformando in acquirenti virtuali. Tutto ciò ha una ricaduta sul nostro comportamento di consumatori, ma anche sul mondo del lavoro. Posti che prima sembravano indispensabili e insostituibili rischiano di essere spazzati via, nel commercio come nella produzione. Altro che chiudere i centri commerciali per garantire il riposo dei lavoratori nei giorni di festa. A breve molti degli impieghi tradizionali non avranno ragione di esistere e tutti quanti dovremo fare i conti con figure che non servono più. Questo vorrà dire che saremo tutti disoccupati e che dobbiamo rassegnarci a un futuro di povertà o a una vita sostenuta dal solo reddito di cittadinanza? No. Questo significa che dobbiamo prepararci a un futuro in cui non sarà richiesta solo maggior flessibilità, ossia un’elasticità lavorativa, ma anche la disponibilità a imparare nuovi mestieri. Nell’inchiesta che pubblichiamo in questo numero di Panorama, Guido Fontanelli e Marco Morello sono andati a caccia dei lavori che resisteranno e di quelli destinati a scomparire. Molte delle funzioni che oggi appaiono fondamentali non saranno più necessarie e l’intervento umano sarà sostituito dalle macchine. Al posto del commesso, come è facile immaginare visto ciò che sta accadendo con Amazon, avremo un fattorino e forse questo non sarà un ragazzo che cerca di guadagnare qualche cosa la domenica, ma un robot o un drone. Tuttavia, mentre alcuni lavori si estingueranno, altri continueranno a esistere, magari con maggiori specializzazioni e pure con l’aiuto di sofisticate tecnologie. Chi fa l’analisi del sangue forse non ci sarà più, ma un medico servirà sempre e così pure un veterinario che si prenda cura dei nostri più amati animali. Il futuro, infatti, non sarà senza lavoro, ma con un lavoro diverso da quello attuale. Del resto è ciò che accade da sempre, di certo da quanto l’uomo ha iniziato a fabbricare delle macchine, in agricoltura come in altri settori. La rivoluzione industriale ha cambiato il mondo in fretta, quella digitale promette di farlo ancora più rapidamente. L’inchiesta di Panorama dunque è uno strumento utile per orientarsi e capire che cosa stia accadendo. Serve a chi è giovane per progettare il futuro e a chi, come me, è più anziano per comprendere il mondo che verrà. Buona lettura e, soprattutto, buon viaggio nell’avvenire. © riproduzione riservata