Televisione
February 22 2018
Non chiamatelo Maestro. Il papà di Salvo Montalbano rimanda al mittente i titoli onorifici: “Preferisco Camilleri, o Andrea. Leonardo Sciascia accettava di essere chiamato così solo perché era stato davvero un maestro elementare”, così Camilleri corregge i giornalisti che lo omaggiano prima di fargli una domanda.
La conferenza stampa Rai per la presentazione di La mossa del cavallo, il romanzo storico di Camilleri che il 26 febbraio arriverà su Raiuno, si è trasformata in un one man show, con il 92enne scatenato su politica e sicilianità: “più che una campagna elettorale questa sembra una lite tra comari, tutta insulti e false promesse. E il divario tra Nord e Sud è diventato spaventoso, ho appena sentito che a Treviso si vive tre anni in più che al Sud, vorrei non crederci”.
Nella fiction diretta da Gianluca Maria Tavarelli, che ha dato un taglio western alla storia ambientata nella Sicilia dell'800 e prodotta da Palomar non c’è Luca Zingaretti, ma a rassicurare gli spettatori "montalbandipendenti", oltre a un omicido (del parroco) ci penserà, nei panni dell’ispettore Giovanni Bovara incaricato di far rispettare la tassa sul macinato, Michele Riondino, che ha già dato volto e voce al “Giovane Montalbano”: nei panni di un siciliano trasferitosi da bambino a Genova (città cara a Camilleri, ci vive la Livia di Montalbano, e ultimamente, con la fiction su De André, anche alla Rai in generale) Riondino ha imparato le inflessioni liguri dall’attore genovese Andrea Bruschi e da suo padre novantenne "che mi mandava messaggi vocali su Whatsapp", ma anche dall’audio della storia della Sampdoria, che ha ascoltato a manetta sul web.
"È da tempo che Raifiction desiderava lavorare sui romanzi storici, ma bisogna essere pronti per affrontare situazioni complesse” ha detto la direttrice della rete Tinni Andreatta chiarendo che il sottotitolo “C’era una volta a Vigata” prelude a una collezione in via di sviluppo.
Se in Rai sono sicuri del successo del romanzo ambientato nella Sicilia ottocentesca ai tempi dell’odiata tassa sul pane, Camilleri teme l’effetto boomerang degli ascolti record di Montalbano: “Sono preoccupato per la trasposizione in fiction de La mossa del cavallo ha detto “proprio per il troppo consenso riscosso da Montalbano. Tra un po’ qualcuno verrà sotto casa mia a gridare "Montalbano santo subito". E adesso uno spettatore ormai pieno di bacilli montalbaniani si troverà di fronte a un altro mondo”. E se Montalbano viene percepito come rassicurante (ma per lui non lo è) La mossa del cavallo è invece, precisa Camilleri “un romanzo duro, un’altra storia”.
Poi lo scrittore è passato a parlare di sicilianità e di quanto sia fiero di aver esportato nel mondo la fiction ispirata al commissario (in 63 paesi, Cina esclusa “forse perché il protagonista è un funzionario disobbediente”) con la sua rappresentazione dell’isola. Con tanto di volo Londra-Comiso, allestito per portare gli inglesi sui luoghi di Montalbano. Ha spiegato di essersi sempre rifiutato di scrivere di mafia perchè ha sempre voluto far conoscere un’altra Sicilia. L’ho fatto una sola volta, con "Voi non sapete, gli amici, i nemici, la mafia, il mondo nei pizzini" di Bernardo Provenzano, ma i proventi li ho usati per gli orfani dei poliziotti uccisi in Sicilia, non mi sarei mai tenuto i soldi della mafia”.