Politica
March 11 2024
L’Italia profonda non abbandona il centrodestra. Una regione fatta di piccole città, aree interne e scarsa densità - il cuore geografico della destra - sceglie di rimanere con chi governa. Merito del presidente uscente Marsilio e di una coalizione che, nonostante il passo falso in Sardegna, ha tenuto bene nelle urne.
Chi invece va fuori misura è la coalizione larga del centrosinistra. Soprattutto da parte del Pd c’era troppo entusiasmo, troppi proclami e troppa aggressività derivante dalla particolare elezione sarda in cui, per circa mille voti, Pd e 5 stelle si erano imposti. Il risultato è che questa netta sconfitta è un boomerang. È d’altronde la settima volta che l’alleanza perde con la destra alle regionali. Il “che fare?” per Schlein, Conte e centristi resta una domanda inevasa. Ora alle Europee, col proporzionale, sarà un tutti contro tutti e per qualche mese l’idea del campo largo andrà in soffitta. I centristi, che lottano per la sopravvivenza politica, saranno i primi a smarcarsi dal coltivare questa idea a livello nazionale. Renzi se ne discosterà in modo definitivo e forse anche Calenda, almeno fino a quando non avrà un partito così piccolo da dover esser raccolto per forza dal Pd.
Anche Giuseppe Conte non piange troppo per la sconfitta. Certo il Movimento 5 Stelle in Abruzzo ha perso molti consensi, ma la verità è che Conte nel campo largo sta stretto e lo si nota ad ogni sua dichiarazione. Nell’alleanza strutturale col Pd egli non potrebbe sparare liberamente su questioni di politica estera, di immigrazione e di politica economica. Sarebbe sopraffatto dall’idea dell’unità della coalizione perdendo le specificità del Movimento che rappresentano la gran parte dei motivi per cui ancora un 15% e oltre di elettori vota la creatura fondata da Grillo. Conte quindi prenderà tempo, convinto che il Pd difficilmente possa surclassarlo in fatti di voti e leadership, in attesa dell’ennesimo regolamento dei conti interno dei democratici che potrebbe togliere la poltrona ad Elly Schlein.
Proprio nel Pd la delusione peggiore. Giornalisti e intellettuali di partito, teorici e attivisti si erano mobilitati come se l’Abruzzo rappresentasse una nuova presa della Bastiglia. E invece, come nel gioco dell’oca, tutto riparte dalla casella iniziale. Con un dubbio in più: davvero Schlein è il leader giusto per tessere grandi alleanze e soprattutto rendere il Pd più competitivo?