Politica
January 12 2024
Siamo entrati in campagna elettorale; lo si è capito dalle polemiche che hanno attraversato alcune coalizioni se non addirittura singoli partiti questa settimana. Servono quindi delle semplici istruzioni per districarsi tra voci allarmistiche contro questo o quel leader, su questa o quella formazione.
Primo: quello a cui stiamo assistendo è tutto assolutamente normale. Da quando è nata la Repubbllica ogni elezione ha vissuto polemiche e dichiarazioni di questo tipo perché alla fine le elezioni sono quel momento in cui i partiti misurano la loro reale forza, oltre ad essere il principale momento di divisione di poteri e poltrone. Tutti quindi vogliono in più possibile, in un difficile equilibrio tra desideri e forza reale. Quindi quando sentite parlare di «centrodestra in crisi» sappiate che si tratta di dinamiche che fanno parte della politica e che verranno superate in un vertice dal quale sorridendo i leader della coalizione di governo ci diranno che «è tutto a posto, siamo sempre stati compatti, non è successo nulla».
Proprio il centrodestra ha fatto discutere molto. Il caso Sardegna ha riempito giornali e trasmissioni tv. La questione è molto semplice. Salvini vorrebbe che fosse riconfermato il «suo» Solinas con la seguente ed ineccepibile motivazione: «che senso ha cambiare chi sta facendo bene?».
Dall'altra parte c'è Giorgia Meloni che risponde alla richiesta dell'alleato con un altrettanto ineccepibile ragionamento: «Da che mondo è mondo le poltrone si dividono in base ai voti di questo o quel partito. 5 anni fa avevamo appoggiato Solinas dato che la Lega era al 25% e noi al 12%. Oggi le cose sono cambiate; noi siamo al 29% e voi al 9%, il candidato spetta a noi....».
Questa in sintesi la ragione delle tensioni. Dietro c'è però di più. Fratelli d'Italia, si dice, punta più in alto, dove per «alto» si intende il Nord; nel 2025 si voterà in diverse regioni, tra queste c'è il Veneto, feudo leghista nelle mani di Zaia che raccolse nelle ultime regionali un vero e proprio plebiscito. Il problema è che Zaia è già al secondo mandato...
Così ecco la proposta leghista al partito di maggioranza relativa: appoggiateci per il via libera al terzo mandato (per Zaia, in Veneto, per De Luca in Campania e per Bonaccini in Emilia...) e noi magari facciamo una riflessione sulla Sardegna.
L'accordo si troverà anche perché al momento nessuno ha il desiderio di rovinare nelle fondamenta una coalizione con tutte le carte in regola per arrivare alla fine della legislatura, evento storico in Italia.
C'è poi un altro discorso: le candidature dei leader. Salvini ha detto per primo di no, meglio stare al riparo da attacchi visti i sondaggi, mentre Giorgia Meloni, dicono, abbia una gran voglia di dire di si. C'è poi l'incognita Vannacci che potrebbe sparigliare le carte, ma non si sa.
Anche a sinistra ci sono idee differenti: Elly Schlein vorrebbe farlo, ma in molti, ultimo, Romano Prodi, glielo sconsigliano. Il motivo è piuttosto semplice. Al Nazareno tira aria di sconfitta, pesante, e metterci addirittura la faccia in prima persona costerebbe alla segretaria forse la guida stessa del partito (che è quello che sperano tra l'altro alcuni dem che fanno il tifo per la candidatura della Schlein). A peggiorare le cose il no alla candidatura di Gentiloni, che si dice pronto a dire addio a Bruxelles per tornare in Italia «ma non in pensione...», è stato il messaggio minatorio dell'attuale Commissario all'Economia della Ue alla sua segretaria.
Inutile dire che sono divisi gli amici-nemici della politica italiana. Calenda è per il no, Renzi, ovvio, per il si. E anche qui, liti su liti.
Il consiglio quindi è di non farvi tirare dentro alcuna gara tra coalizioni e partiti. Si tratta di schermaglie abituali, di frizioni che di fatto non danno la reale idea dell'unità di maggioranza ed opposizione. Sono bisticci, a volte persino capricci che lasceranno tra rapidamente il tempo che trovano.