Cannabis terapeutica, l’Italia punta all’autonomia con l’Esercito
Dal 2017 la gestione della coltivazione della cannabis terapeutica in Italia è affidata all'Esercito. Lo scopo è che anche il nostro Paese possa diventare autosufficiente nella produzione e, nell'anno che è appena iniziato, la Difesa prevede di produrne 700 chilogrammi di alta qualità per coprire quasi la metà del fabbisogno, circa 1.500 chilogrammi necessari per coloro che devono sottoporsi a una terapia per ottenere sollievo dal dolore.
Nicola Latorre, a capo dell'Agenzia italiana per le industrie della Difesa, ha recentemente dichiarato alla testata Defence News: «Il prossimo passo è l'autosufficienza, questa è la nostra ambizione». La cannabis che l'Esercito non è ancora in grado di coltivare viene importata dall'Olanda, dal Canada, dalla Danimarca e dalla Germania, ma la produzione nazionale, effettuata in una struttura riservata situata vicino Firenze, sta aumentando di anno in anno. Il responsabile dello stabilimento, il colonnello Gabriele Picchioni, ha dichiarato alla medesima testata che «Quello che possiamo fare a Firenze è produrre un prodotto altamente standardizzato allo stesso prezzo che paghiamo ora per le importazioni».
Avviato nel 2014, lo stabilimento fiorentino ha prodotto 50 chilogrammi nel 2020 per poi salire a 300 chilogrammi nel 2022. L'incremento è stato ottenuto grazie a più spazi destinatialla coltivazione dai quali si ottengono sei raccolti all'anno. Per raggiungere i 700 chilogrammi entro il 2024 i tecnici stanno perfezionando l'illuminazione, l'irrigazione, la temperatura e la ventilazione e stanno utilizzando una miscela di nutrienti segreti sviluppati internamente che vengono mescolati con l'irrigazione. Il laboratorio mira a produrre già quest'anno dello speciale olio d'oliva alla cannabis che gli utenti potranno assumere sotto forma di gocce. All'Esercito è stato affidato il ruolo di fornitore legale di cannabis in Italia per due ragioni: per produrre in una struttura sicura e perché l'Esercito opera nel settore farmaceutico da decenni, producendo antidoti per la guerra chimica, pillole contro la malaria per i soldati e soprattutto è specializzato nella creazione dei cosiddetti farmaci “orfani”, ovvero medicinali per malattie rare o condizioni che le grandi aziende non fanno a causa dei bassi numeri di produzione.
Il Servizio farmaceutico della Difesa attualmente produce quattro farmaci di questo tipo per rifornire 3.000 persone in Italia. Con l'aumento della produzione di cannabis, l'Esercito ha registrato due tipi di marijuana che raccoglie come marchi, denominati fm1 e fm2, sigla che significa “farmaceutico militare" e ognuna contiene un livello diverso di tetraidrocannabinolo, la sostanza attiva della marijuana. Nell'intervista alla testata anglosassone, Latorre ha affermato che le attività della sua agenzia hanno facilitato il coinvolgimento militare nel settore della sanità pubblica, una tendenza accelerata dalla pandemia: «Il Covid-19», ha precisato, «ci ha mostrato come la salute pubblica sia legata alla Difesa del Paese e alla sua sicurezza».
Il 21 novembre scorso era stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (n. 272), il decreto del ministero della Salute definito: “Determinazione delle quantità di sostanze stupefacenti e psicotrope che possono essere fabbricate e messe in vendita in Italia e all’estero, nel corso dell’anno 2023”. Secondo questo provvedimento i quantitativi previsti nel 2023 sono fino a 400 kg proprio presso lo Stabilimento chimico farmaceutico Militare di Firenze. Il 24 ottobre 2021, l’allora Sottosegretario alla Salute Andrea Costa, aveva annunciato: «Stiamo varando bandi che diano la possibilità di coltivare anche ad aziende pubbliche e private, per raggiungere l’obiettivo di essere autosufficienti».
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