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June 23 2024
PLa tragedia di Latina con la morte di un bracciante riporta alla ribalta il tema del caporalato. Panorama lo ha documentato nell’estate di 14 anni fa, con un reportage sotto copertura proprio su quelle strade dove lavoravano braccianti uccisi.
Le foto di Massimo Sestiniaiutarono a prendere conoscenza del fenomeno. Sindacati e istituzioni annunciarono, condannarono, promisero. Negli anni in molti hanno raccontato il mercato nero degli schiavi. Fino a ieri. Fino alla prossima raccolta. Tra poco si comincia a vendemmiare.
Riproduciamo qui l’articolo, uscito sul numero di “Panorama” del 9 settembre 2004.
di Giorgio Sturlese Tosi
A Cerignola, provincia di Foggia, se vuoi raccogliere
i pomodori devi metterti tra l’edicola e il bar. Se vuoi
farti assumere per la vendemmia, invece, devi andare
tra la fontana e le poste. In ogni caso, si è in balia
dei caporali che all’alba decidono chi prendere
e chi no. Pagando 4 euro per ogni cassa da 2 quintali.
Come ha provato, sulla sua pelle, il cronista di “Panorama”.
Il palmo delle mani è rivolto in avanti, sempre. Anni di lavoro nei campi hanno deformato i muscoli degli avambracci. Così si riconoscono i caporali, perché sono loro stessi ex braccianti.
Ora tra le zolle ci vanno solo per accompagnare chi li ha sostituiti. L’ufficio di collocamento è la piazza del paese, i colloqui si fanno con gli sguardi, silenziosi ma significativi, e l’accordo è siglato da una pacca sulle spalle. Di soldi, in genere, si parla a lavoro finito.
Cerignola, provincia di Foggia, capoluogo della raccolta di pomodori nel bassoTavoliere delle Puglie: in questa stagione l’aria è impregnata dall’odo- re dei pomodori che essiccano al sole e la statale che porta a Foggia è affollata di camion che sfrecciano carichi della ricchezza di queste terre, l’oro rosso, il pomodoro. È una striscia di asfalto che corre lungo campi coltivati e oliveti. Dal finestrino si scorgono le schiene curve di chi lavora; solo avvicinandosi si scopre che sono tutti stranieri. Dai paesi dell’Est e dal continente africano arrivano ogni anno migliaia di clandestini che seguono le stagioni produttive: ad agosto i pomodori, poi le vendemmie e infine la raccolta delle olive. E chi non torna a casa per l’inverno si fa anche i broccoli.
Braccia di cui la Puglia non può fare a meno, che le macchine non possono sostituire perché se piove si impantanano. Manodopera gestita da caporali, da sempre. Una figura che si è evoluta negli anni. Spesso i caporali han- no la pelle dello stesso colore dei braccianti, anche se, per sentirsi più autorevoli, urlano gli ordini in italiano, nel- la lingua dei padroni. Quelli italiani invece si adeguano ai tempi e alle leggi, per infrangerle. Qualche astuto commercialista ha suggerito ad agricoltori con la terza elementare un trucco da sofisti della legge: l’appalto di servizi. In pratica, un proprietario terriero pugliese stipula un contratto con una società di servizi romena costituita ad hoc.
Questa invia in Italia braccianti stranieri, utilizzando la formula del distacco di operai specializzati aggirando, così, le leggi sull’immigrazione. Oppure può capitare che un caporale ottenga da qualche comune, con funzionari distratti o compiacenti, la licenza per l’autonoleggio. E che questa venga trasformata in un secondo momento in «autorizzazione al trasporto di manodopera agricola», evitando così il rischio di una pena da tre mesi a un anno di carcere. La concorrenza aguzza l’ingegno e anche gli stranieri si sono organizzati. La squadra mobile di Foggia nel 2003 ha arrestato un algerino che pubblicava offerte di lavoro sui giornali romeni, con tanto di nu- mero di cellulare. Chi rispondeva e accettava di venire in Puglia, aveva la stagione assicurata. Come ce l’ha chi si conquista la fiducia del padrone che di anno in anno riconferma l’arruolamento, eliminando l’onerosa intermediazione del caporale. Gli immigrati più sprovveduti invece si mettono in mostra sperando di essere comprati come schiavi part time.
A Cerignolail mercato degli uomini è in piazza del Duomo, accanto alla cattedrale. Le contrattazioni iniziano alle 18 e terminano un paio di ore dopo. All’angolo del bar siedono sulle panchine romeni, polacchi, ucraini e albanesi.
A pochi metri i caporali italiani, che parlano fra loro. Inutile proporsi, sono i capi che ti chiamano con un’occhiata e che ti dicono dove e quando trovarti per lavorare il giorno dopo. Se vuoi raccogliere pomodori o zappare i campi devi stare fra l’edicola e il bar.
Se invece ti vuoi prenotare per la vendemmia devi andare tra la fontana e le poste e chiedere a Michele, un tipo grosso e alto, che non ama essere disturbato mentre parla con gli amici. Inutile chiedergli lavoro, non sa di cosa parli. I suoi uomini lavorano per lui e riescono a piazzare anche cento braccianti al giorno, ovviamente a nero e sotto- pagati. Se sei conosciuto e lavori bene la paga è di 30 centesimi a cassetta e 3 o 4 euro per un cassone da 2 quintali di pomo- dori. Ma devono essere colti bene dalla pianta, senza foglie o terra, sennò il padrone si arrabbia.
«Oggi non c’è lavoro» dice sconsolato Daniel, romeno di 19 anni. Alto, pulito, faccia da adolescente, è arrivato a Cerignola da tre mesi e da un’ora sta sulla panchina. Con i suoi connazionali è in cerca di lavoro ma da due giorni nessuno lo chiama, «forse domani» dice speranzoso. Non esita un attimo a offrire il suo aiuto e a ospitare chi non ha un posto dove dormire. E infatti, chiusa la «borsa» del bracciante, il suo gruppetto si incammina verso «casa».
Quaranta minuti a piedi per uscire dalla città e raggiungere un campo di olivi dove la notte trovano rifugio in un cubo di mattoni di cemento cotto dal sole. Alla luce di una candela fioca riesco- no a prepararsi una cena con tonno e fagioli in scatola, si lavano i denti con l’acqua che conservano nelle taniche e con la stessa lavano i calzini. La candela si spegne. Rimane la musica gitana di un mangianastri a pile che li accompagna nel sonno. Dentro il cubo la puzza è forte anche per loro e la porta rimane aperta. E infatti in breve si riempie di topi di campagna che scorrazzano sotto le brande.
Daniel e Cristi non se ne curano. Raccontano delle loro famiglie rimaste a casa e giurano che piuttosto che andare a rubare salterebbero la cena per una settimana. Cristi pensa di tornarsene a casa presto. È arrivato in Puglia da dieci giorni, non par- la una parola di italiano (Daniel ormai conosce anche il dialetto pugliese) e non ha mai trovato lavoro. È fuori dal giro e non ha la pazienza di aspettare. E, forse, al suo paese, per quanto sia povero, non deve dormire con i topi. Quando si svegliano è ancora notte, sono le 3.30: devono rifarsi 40 minuti a piedi fino alla piazza dei caporali e sperare in una chiamata all’ultimo tuffo.
Quando arrivano c’è già una donna polacca, con i due figli di 16 e 15 anni, un maschio e una femmina. Passa una macchina, dal finestrino qualcuno chiede un uomo per zappare i campi. Si precipita la madre che raccomanda il figlio ma si accerta che il lavoro non sia troppo duro. «È una zappa piccola» rassicura l’uomo alla guida. La madre ottiene anche che il figlio venga riportato direttamente alla loro casa per il tramonto.
Di soldi non si parla ma lei torna alla panchina soddisfatta, uno dei figli oggi lavorerà. Tutto sommato se la passano meglio gli africani che lavorano i campi attorno a Stornara, un borgo di poche case non lontano da Cerignola. In 300 han- no occupato uno stabile in costruzione. I caporali vanno direttamente a trattare lì dentro e quasi tutti vengono scelti, giorno per giorno. Fra pareti pericolanti e scale senza ringhiera che salgono per quattro piani hanno attrezzato la cucina, i letti, l’angolo per pregare verso la Mecca. In paese so- no mal tollerati forse perché nella zo- na sono più i neri degli abitanti, ma non possono fare a meno di loro, altri- menti i campi rimarrebbero incoltivati.
Ci sono anche molti sudanesi che neanche sanno di poter chiedere lo stato di rifiugiato. La polizia cerca di controllarli ma per le operazioni a largo raggio sono necessari centinaia di uomini. Ogni settimana ci sono controlli a campione ma è come vuotare una piscina con un bicchiere. Può capitare che, una mattina, al- l’alba, mentre aspettano i furgoni dei caporali che li portano al lavoro, arrivino i gipponi della polizia e le camionette dei carabinieri. Pochi tentano la fuga, nessuno parlerà. I caporali sanno di poter contare sul- la loro copertura. Così qualcuno sarà espulso e reimpatriato mentre altre braccia prenderanno i posti la- sciati vuoti. Magari Daniel, che da tre giorni non lavora. Perché, alla fine, quei camion che sfrecciano verso Foggia qualcuno dovrà pur riempirli.