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No al carcere per i giornalisti: la riforma della diffamazione

Per i giornalisti non ci sarà più il carcere. L'Italia si allinea all'Europa e alle sue numerose richieste di eliminare una norma "illiberale, residuo del codice Rocco". Lo  afferma il vicepresidente del Senato Vannino Chiti (Pd), subito dopo l'approvazione del disegno di legge sulla diffamazione anche da parte dell'aula di Palazzo Madama. Un risultato importante di quella battaglia per la libertà di informazione che ha visto il settimanale Panorama in prima fila.

La legge, approvata con 170 sì, 10 no e 47 astenuti, dovrà ora tornare alla Camera con l'obiettivo di approvarla definitivamente entro la fine dell'anno. Se la nuova norma cancella la norma arcaica e illiberale del carcere, vengono introdotte sanzioni più rigide e misure più stringenti relative all'obbligo di rettifica valide anche per le testate online. Su questo  aspetto la discussione è aperta. Ha votato contro la la legge sulla diffamazione Sel che ha denunciato il rischio della "censura-bavaglio" e "scopi intimidatori" , si è astenuta Forza Italia.

È passato l'emendamento dei Cinquestelle secondo il quale anche le testate giornalistiche online, nel caso di diffamazione dovranno pagare una multa fino a 10.000 euro. Se invece l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto considerato falso la multa va da 10.000 a 50.000 euro. Ma intanto il no al carcere per i giornalisti è passato anche al Senato, dopo che un anno fa la Camera aveva licenziato il primo testo. È un fatto di civiltà, per il quale si era speso anche il capo dello Stato Giorgio Napolitano.

Ma ecco qui sotto tutte le novità principali introdotte dal testo varato dal Senato.

Diffamazione a mezzo stampa: le 5 novità principali

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