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April 20 2016
"A Luisito gliel'ho detto recentemente: 'Quando ti vedevo giocare in partitella con noi in allenamento, mi vergognavo e pensavo di praticare un altro sport'. Mai visto un giocatore con quella classe, tempi e pulizia di gioco. E poi come calciava! Sembrava un sortilegio: il pallone non girava, riuscivi a leggere anche la marca mentre era in volo". Carlo Muraro ricorda così il suo secondo Campionato all'Inter, stagione 1974-75, con Luisito Suarez in panchina e un nono posto finale. Una delle tante fasi di ricostruzione nerazzurre: in estate erano andate via colonne come Tarcisio Burnich, Gianfranco Bedin e Mauro Bellugi. "Non partimmo male, alla penultima del girone d'andata eravamo a 4 punti dalla vetta. Siamo crollati nel finale", ricorda Carletto.
Muraro è stato un giocatore dal grande talento di quegli anni Settanta nerazzurri, culminati con lo scudetto del 1979-80 sotto la guida di Eugenio Bersellini. Velocissimo, con grande elevazione e senso della posizione, caschetto moro stile anni Sessanta, nelle formazioni ideali estive l'attaccante padovano partiva sempre dalla panchina per poi conquistarsi inesorabilmente il posto da titolare.
Per la sua rapidità Muraro fu soprannominato "Jair bianco" e rimane memorabile una sua tripletta in Inter-Roma 3-0 del gennaio '77. A 26 anni iniziò però ad andare incontro a una fase calante, con conseguenti prestiti all'Udinese e all'Ascoli e quindi un rientro all'Inter in tono minore, dietro alla coppia titolare Altobelli-Rummenigge. "A Udine e Ascoli due infortuni mi hanno impedito di raggiungere una condizione fisica decente", ricorda il diretto interessato, "poi il ritorno a Milano a fare il terzo di Spillo e Kalle, con un nuovo infortunio che mi tenne fuori per tre mesi". Per Beppe Bergomi, uno che di attaccanti di talento in nerazzurro ne ha visti tanti, "Muraro vedeva la porta come pochi altri". Ma riavvolgiamo il nastro dall'inizio...
"Esordisco a 18 anni in serie A per un infortunio di Giorgio Mariani. Avevo svolto in estate la preparazione con la prima squadra e avevo notato nei giorni precedenti la partita che il Mago, Helenio Herrera, mi teneva d'occhio. Fu lui a farmi cambiare ruolo, prima giocavo a centrocampo, e, a dire il vero, inizialmente volevo fare il portiere. Il venerdì della partita mi anticipò che sarei stato titolare". Inter-Cagliari: Muraro gioca in coppia con Boninsegna, alle loro spalle Mazzola. Ci sono ancora tracce della Grande Inter in quella formazione con Burgnich, Facchetti e Bedin. I rossoblu schierano ancora alcuni protagonisti dello storico scudetto del 1970: Albertosi Nené, Gori e, ovviamente, Gigi Riva. In panchina Giuseppe Chiappella che presto si sarebbe incrociato con Muraro. "Sì, l'impatto è stato tremendo, entrare in campo con sessantamila sguardi puntati addosso". Esordio poco fortunato, 0-1 con gol di Rombo di tuono.
Dopo le 5 presenze con Suarez in panchina, la stagione successiva il giovane Muraro viene mandato a Varese per fare esperienza. Qui gioca titolare e si afferma con ben 16 gol in 35 gare. Rientra a Milano dove trova quel Chiappella della partita d'esordio. Un rapporto non semplice, visto che l'allenatore gli preferiva Pietro Anastasi e Giacomo Libera. "Andavamo anche d'accordo, solo che mi preferiva gli altri due, ed io in allenamento cercavo di fargli cambiare idea". Il posto in squadra alla fine Muraro lo trova con 24 presenze e 9 gol, ruolino di marcia identico per l'anno successivo con Bersellini in panchina. "Se ripenso a lui, mi viene il fiatone per quanto ci ha fatto correre. La cattiveria agonistica che ci ha inculcato è stata indimenticabile. Il Campionato più bello però è stato quello precedente allo scudetto, giocavamo molto bene, anche se spesso ci siamo fatti rimontare nei finali di partita. Ricordo un derby finito 2-2 dopo che eravamo in vantaggio per 2-0". Quel campionato lo vinse alla fine il Milan, con otto punti di vantaggio sull'Inter che perse le ultime tre partite con Roma, Avellino e Fiorentina.
La velocità ("Aldo Serena, che esordì per un mio infortunio, mi ricorda spesso che ero determinate in trasferta, anche se poi non segnavo sempre in contropiede") e l'intelligenza nel leggere le fasi di gioco ("Bersellini mi disse: oggi non giochi perché non c'è Pasinato. Inizialmente ci rimasi male, poi capii che si riferiva al fatto che spesso Giancarlo mi faceva ottimi assist") sono state le caratteristiche principali del nostro Jair bianco. Indimenticabile protagonista nerazzurro.