News
February 12 2018
Di sinistra, di centro, di destra, riformista, istituzionale, progressista, laburista, antirazzista.... Uno, due tre, dieci cento Carlo Calenda, o meglio ancora Callende, come nel tweet-profilo satirico dedicato al "politico rivoluzionario" che gioca sulla crasi tra il cognome del ministro e quello di Salvador Allende, presidente cileno deposto da Pinochet. Tra i primi divertiti followers di Callende (il tweet fake) c'è curiosamente Calenda (quello vero), a cui l'esempio del leader eroico piace, se non altro per i suoi trascorsi (ignoti ai più) di ex militante della Fgci. Un paradosso che vive nel paradosso più grande: quello per cui uno dei principali protagonisti della campagna elettorale non solo non è candidato, ma non ha nemmeno un unico partito di riferimento.
Calenda, tuttavia, è in tutte le cronache politiche come autore dell'intervento più rilevante alla convention di "Più Europa" (lista di cui è sponsor). Ed è anche l'uomo che nelle stesse ore (mentre avvampa la polemica sul #braccialettoelettronico Amazon) occupa le prime pagine dicendo che in Italia non si può fare: una rassicurazione forse prematura, trattandosi ancora di un brevetto, ed essendo lui un ministro in scadenza. Ma questo non conta, anzi, spiega un dettaglio decisivo. Il più grande talento di Calenda, in questo anno e mezzo di governo, è stata la capacità di trasformare la virtualità in realtà, il bastiancontrarismo in carisma, la potenzialità in atto: un potenziale leader ("È il nostro Macron!" ha detto ammirato Fedele Confalonieri), un potenziale oppositore di Matteo Renzi (è l'unico ministro che ha avuto il coraggio di criticarlo), un potenziale primo ministro per le larghe intese "Potrebbe essere il premier" ha detto Silvio Berlusconi). Un nemico della Lega dopo la sparatoria di Macerata: "Salvini" ha attaccato "è incostituzionale".
Il ministro dello Sviluppo economico è un uomo con un pedigree che pare disegnato da uno spin doctor: nonno prestigioso, lombardo e valdese; nonna napoletana e cattolica. Il padre economista, il padre del padre diplomatico di alto rango, quello della madre regista, la madre - Cristina Comencini - regista e scrittrice. Da bambino è protagonista di Cuore, nella versione tv diretta da nonno Luigi, nei panni di Enrico Bottini, io narrante del romanzo deamicisiano. "In un Paese in cui si scontrano l'Italia seria e l'Italia cialtrona" (questo il suo mantra nel discorso ai radicali), Calenda può diventare il portavoce di una classe dirigente che sogna il ritorno all'ordine, alle regole, persino alla pedagogia di una tradizione borghese.
Non è un caso che per magnificare Emma Bonino e Paolo Gentiloni il ministro abbia detto: "Sono dei signori, e nella vita questo conta". Calenda-Callende è il beniamino della Confindustria perché ha un cursus honorum perfetto: la Ferrari, Sky, il ruolo di assistente di Montezemolo e poi di direttore degli Affari internazionali in Confindustria.
Sua madre lavora da anni con Medusa, facendosi apprezzare da entrambi i Letta (Giampaolo e Gianni). Alla Sapienza Cristina aveva seguito i corsi dell'economista Federico Caffé: "Ho avuto i miei figli all'università, quando venivano i miei amici a studiare Carlo era nel box. Respira numeri fin da piccolo".
Il rapporto con Renzi pare una telenovela. Calenda si avvicina al Pd in arrivo da Italia Futura, e l'allora premier entra in guerra con le feluche pur di imporlo ambasciatore a Bruxelles. È lui ad annunciare la sua promozione a ministro nel maggio 2016 quasi raggiante: "È l'uomo della manifattura 4.0!". Ma, in lui, trova da subito l'alleato meno accomodante: "Non bisogna andare al voto" dice Calenda davanti a Confindustria nel 2016 quando il leader Pd vuole elezioni anticipate "su Alitalia hanno sbagliato tutto, bisogna conoscere la storia".
Nel giugno scorso, alla Confcommercio, illustra una sorta di contromanifesto del renzismo: "Io non ho nulla contro il marketing: però prima il prodotto va fatto. Altrimenti non c'è nulla da vendere, è solo propaganda elettorale". Tuttavia partecipa alla convention del Pd, e lì Renzi si vendica con ironia: "Carlo ha scoperto Twitter, ma io Twitter glielo buco!". Nel frattempo i due litigano su tutto, sul canone Rai, sulle riforme, sulle liste: "Io vivo di realismo" dice il ministro "lui di messaggi motivazionali".
Callende è ovunque, perché in un tempo in cui la politica è solo ambizione liquida e frenesia di portaborse, capicorrente e nominati, proprio lui - che non ha un partito e non vuole un seggio - si preoccupa della colazione: il suo passo indietro lo mette al centro della scena. Carlo oggi ha la stessa popolarità del Matteo di cinque anni fa, ma - al contrario di lui - conosce il valore delle relazioni e la civiltà delle buone maniere. Senza capirlo, Renzi ha promosso il miglior anti-Renzi.
Articolo pubblicato sul n° 8 di Panorama in edicola dall'8/2/2018 con il titolo "Dove batte il cuore di Calenda"