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December 15 2015
Con le arringhe dei difensori degli imputati si è conclusa nel pomeriggio l'udienza davanti alla V sezione penale della Cassazione del processo per la morte di Stefano Cucchi.
La sentenza è arrivata nella tarda serata e ribalta, in parte, quanto deciso in Appello: per la morte di Stefano Cucchi, arrestato il 15 ottobre 2009 e deceduto dopo una settimana all'ospedale Pertini di Roma, la Cassazione ha annullato l'assoluzione di 5 medici, disponendo un appello-bis per omicidio colposo. Definitivamente assolti tre agenti della polizia penitenziaria, tre infermieri del Pertini e un sesto medico.
Ora la Corte d'assise d'appello di Roma dovrà riesaminare, solo per l'accusa di omicidio colposo, la responsabilità del primario del reparto protetto del Pertini, Aldo Fierro, e quella dei medici Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis e Silvia Di Carlo. È definitiva, invece, l'assoluzione della dottoressa Rosita Caponetti.
Intanto procede l'inchiesta bis della Procura di Roma che ha iscritto - a diverso titolo - cinque carabinieri nel registro degli indagati nel fascicolo aperto sulla morte del giovane geometra romano avvenuta sei anni fa.
Le richieste accolte
Il pg della Cassazione Nello Rossi aveva chiesto un nuovo processo per i 5 medici del Pertini Aldo Fierro, Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis e Silvia Di Carlo in accoglimento del ricorso del pg di Roma Mario Remus in relazione all'accusa di omicidio colposo.
I difensori dei medici imputati, al contrario, hanno concluso davanti alla corte per l'inammissibilità del ricorso del procuratore generale della corte d'appello di Roma e quindi per l'assoluzione dei loro assistiti sottolineando "l'attendibilità delle perizie medico-legali e dell'analisi della corte d'appello di Roma sulle cause della morte". Ma la Cassazione ha deciso diversamente.
La sciatteria al Pertini
Si parla proprio di quegli stessi referti dell'ingresso di Stefano Cucchi nella struttura protetta dell'ospedale romano Pertini che "devono essere considerati come un capitolo clamoroso della sciatteria e trascuratezza della assistenza riservata a Cucchi al Pertini" secondo il pg Rossi, come evidenziato nella sua requisitoria.
In proposito il pg Rossi osserva che "a fronte della estrema e vistosa magrezza del Cucchi al suo arrivo al Pertini (tale da costringere a praticargli le iniezioni di antidolorifico sul deltoide e con aghi piu' piccoli del normale) e delle sue condizioni di paziente fratturato e cateterizzato, all'esame obiettivo eseguito dalla dottoressa Caponnetti (poi assolta anche dal reato di falso ideologico perche' ritenuta solo superficiale) il Cucchi risultava così descritto: condizioni generali buone, stato di nutrizione discreto, apparato muscolare tonico, apparato urogenitale con nulla da rilevare!".
Rossi ha fatto presente che Cucchi pesava solo 34 chili. Il pg ha inoltre aggiunto che "dati come questi non possono semplicemente sparire o essere relegati in secondo piano nel ragionamento del giudice di appello che nella sua motivazione deve farsi carico, se vuole ribaltare le conclusioni dei giudice di primo grado, di spiegare come possa essere ritenuta adeguata ed attenta l'accoglienza al Pertini del paziente Cucchi che nonostante il suo stato complessivo e nonostante avesse il catetere inserito dal medico dell'ospedale Fatebenefratelli viene qualificato all'ingresso come un soggetto in buono stato sul quale non c'è nulla da rilevare neppure in ordine all'apparato urogenitale".
La speranza dei famigliari
Per questa udienza è stata riservata una apposita aula della Suprema corte e la V sezione penale, con un collegio interamente dedicato ad esaminare l'esito della prima inchiesta sulla morte di Cucchi, tratterà solo questo fascicolo in via esclusiva senza doversi occupare anche di altre cause. In prima fila, a sinistra, ci sono i familiari di
Cucchi, la sorella Ilaria, il padre Giovanni e la madre Rita Calore.
"Siamo al punto finale, ci auguriamo che la nostra istanza venga presa in considerazione. L'assoluzione totale è uno schiaffo alla giustizia" ha dichiarato Giovanni Cucchi, padre di Stefano, arrivando in Cassazione. "Non vogliamo vendetta ma giustizia", ha aggiunto Cucchi. "Finalmente la giustizia si è messa in moto e dobbiamo ringraziare il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone", ha sottolineato in riferimento a quanto sta emergendo dalla nuova indagine.
Arrivando in Cassazione anche la sorella di Stefano, Ilaria, ha evidenziato: "Mi aspetto un esito positivo da quello che sta venendo alla luce in questi giorni".
I famigliari di Stefano ricorrono in Cassazione solo nei confronti dei tre agenti della Polizia penitenziaria e non nei confronti dei sanitari, come ha spiegato l'avvocato Fabio
Anselmo: "non ci siamo costituiti parte civile nei confronti dei medici dal momento che la famiglia Cucchi è stata risarcita. Ma chiediamo un annullamento della sentenza sul nesso di causalità: Stefano è morto per quel pestaggio. Il nostro risentimento è soprattutto nei confronti di medici legali e periti, se avessero lavorato bene non saremmo qui".