Politica
February 10 2021
Prolungare lo stop ai licenziamenti e la cassa integrazione. Questo chiedono a gran voce le rappresentanze sindacali, sentite oggi dal presidente del consiglio incaricato, Mario Draghi, nel quadro della giornata di consultazioni dedicata alle parti sociali. Il 31 marzo scadrà infatti il blocco dei licenziamenti, previsto dalla Legge di bilancio 2021, e il nuovo governo dovrà decidere se continuare con le proroghe, che durano ora mai da quasi un anno, o dare un taglio a tutto ciò e pensare a soluzioni alternative. Annamaria Furlan, segretaria generale della Cisl, al termine dell'incontro con Draghi, ha rimarcando che non si tratta di una richiesta di "proroga sine die, possiamo darci un tempo anche relativamente breve se viene ben speso, ossia se si riformano gli ammortizzatori sociali e non si lasciano i lavoratori con minore o nessuna copertura" e si rilanciano le politiche attive. Sulla stessa lunghezza d'onda è anche Pierpaolo Bombardieri, segretario generale della Uil, che in conferenza stampa alla Camera ha spiegato come "noi abbiamo chiesto la proroga del blocco dei licenziamenti e la proroga degli ammortizzatori sociali. Il presidente ci ha ascoltato, non si è pronunciato. Immaginiamo, se questo è il metodo, che una volta ottenuta la fiducia del Parlamento si aprirà una discussione che per noi parte dal presupposto che il blocco dei licenziamenti e la proroga degli ammortizzatori sociali serve non solo a preservare la coesione sociale ma anche ad avviare un confronto, su ammortizzatori e politiche attive del lavoro, in grado di dare risposte".
Draghi dunque non avrebbe dato certezza ai sindacati in merito al prolungamento dello stop ai licenziamenti. E quindi, per sapere se il Premier incaricato si sposterà più dalla parte dei sindacati, assecondando le loro richiesta o da quella di Confindustria, che propende più per uno stop dei licenziamenti solo per quei settori che sono in crisi, bisognerà aspettare di capire quali saranno i primi passi mossi dal nuovo governo.
Quello che però si sa con certezza è il pensiero di Draghi su questa crisi e in qualche modo anche sull'operato del governo Conte. Nel suo intervento di questa estate a Rimini, il Presidente del consiglio incaricato, spiegò infatti come i provvedimenti presi al tempo dell'emergenza erano doverosi e necessari ma questi non possono durare per sempre: «i sussidi finiranno e se non si è fatto niente resterà la mancanza di una qualificazione professionale, che potrà sacrificare la loro (dei giovani) libertà di scelta e il loro reddito futuro».
Anche la stessa Bce aveva messo in guardia l'Italia da queste continue proroghe, che non hanno alle spalle un piano di sostegno: «le misure finalizzate alla conservazione del posto di lavoro contribuiscono a mantenere stabile l'occupazione nel breve periodo, ma è importante che siano pianificate in modo da limitare gli effetti indesiderati. Per tali motivi la loro durate dovrebbe essere limitata nel tempo, al fine di non ostacolare la necessaria ristrutturazione economica».
Parole che non sono state ascoltate dal governo Conte e dal ministro dell'economia, Roberto Gualtieri, tanto che nei loro piani era previsto un'altra proroga dello stop dei licenziamenti fino a fine aprile. E poi forse ci sarebbe stata un esenzione solo per i settori in crisi. In tutto ciò nulla si è fatto o pensato per quei lavoratori che prima o poi, con il venire meno dei sussidi, perderanno l'occupazione, tenendo presente che il mercato del lavoro italiano anche prima della pandemia da Covid non godeva di così buona salute. Le uniche soluzione ai problemi sono state lo stop ai licenziamenti e la concessione di bonus a pioggia. Non un piano di ristrutturazione che potesse dare nuova linfa alle imprese e di conseguenza all'economia italiana. E dunque, «ora è il momento della saggezza nella scelta del futuro che vogliamo costruire»(Draghi) .