Politica
December 30 2021
Il magistrato, a capo dell’opposizione nel consiglio comunale di Napoli, a gennaio entra anche in una Corte d’appello. E a chi lo accusa di conflitti d’interesse e «porte girevoli», replica: «Guardiamo ai 160 colleghi con nomine in ministeri e commissioni...».
Così fan tutti. Ma lui no, non può. Perché lo stigma di magistrato candidato col centrodestra evidentemente ha una soglia di punibilità più bassa del resto dei colleghi. E quindi il ritorno in servizio di Catello Maresca diventa per la categoria un nuovo «affaire Dreyfus» che scomoda il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, e il vicepresidente del Csm, David Ermini. Che promettono: mai più un caso del genere in magistratura.
Dottor Maresca, che cosa ha combinato?
«A metà gennaio riprenderò a indossare la toga come consigliere di Corte d’appello a Campobasso, e manterrò lo scranno di consigliere comunale di opposizione a Napoli».
E non si sente incompatibile?
«No. Il mio ricollocamento è all’interno di una cornice normativa ben specifica. Per incendiare la discussione è stato detto che non esistono regole sul rapporto tra politica e magistratura, ma non è vero».
Nel suo caso come sono state declinate queste regole?
«Anzitutto la mia sede di lavoro è a quasi 150 chilometri da Napoli. Inoltre, dopo 22 anni nel settore penale, passo a occuparmi di civile. Da inquirente divento giudicante. Lavorativamente parlando, per me è tutto un altro mondo».
Perché allora è finito nel mirino?
«La polemica è tutta politica. Non mi pare che da Anna Finocchiaro a Michele Emiliano in poi (entrambi magistrati poi diventati esponenti di punta del Pd: la prima come deputata ed ex ministro, il secondo come governatore della Puglia, ndr) ci sia stato tutto questo accanimento».
Qualcuno però potrebbe rimproverarle che se lei dovesse trovarsi a Campobasso a trattare la causa di un suo avversario politico, un legittimo sospetto sarebbe naturale...
«Anche in questo caso le regole esistono. C’è l’astensione, c’è la ricusazione. E poi vorrei ricordare che io farò parte di un collegio di tre magistrati. Non sentenzio da solo. Peraltro, in tutti questi anni mi pare che non ci sia stato un solo caso di un magistrato, di nuovo in servizio, che sia stato contestato per una sua deliberazione. Eppure ne sono rientrati parecchi».
Ecco, forse il problema è questo: troppi magistrati saltano lo steccato...
«Ma di questo non rispondo io e non ho intenzione di fare il capro espiatorio. Se bisogna inasprire i vincoli, non c’è problema. Ma allora siano per tutti. Anche e soprattutto per i circa 160 colleghi che, a oggi, sono fuori ruolo presso ministeri, agenzie, Enti, commissioni. Quelli sì, posti di nomina politica a differenza del mio».
Che fa, rinnega la candidatura?
«Certo che no, ma io sono un semplice consigliere comunale di opposizione di una lista civica. Non ho tessere di partito, non ho apparentamenti politici. La mia candidatura a sindaco di Napoli è nata e si è sviluppata, pagandone anche un prezzo in termini elettorali, come espressione di un civismo cui, da sempre, appartengo».
Se le regole esistono allora, magari non sono giuste?
«Qui usciamo dal campo della legalità, e cioè del rispetto di dettati normativi, ed entriamo in quello «etereo» dell’opportunità o addirittura, come pure qualcuno ha evocato in questi giorni, dell’etica. Temi appassionanti, certamente, ma che non riguardano il sottoscritto che ha seguito la procedura ed è stato autorizzato dal Consiglio superiore a indossare di nuovo la toga».
Ci sono state fibrillazioni al Csm proprio per questo...
«Non è vero, come hanno scritto i giornali, che il Csm si è spaccato. Hanno votato a favore 11 consiglieri e 10 si sono astenuti. Non c’è stato nemmeno un contrario. Quelli che non erano d’accordo con il mio ricollocamento avrebbero potuto votare contro, no».
Riuscirà a coniugare due incarichi così impegnativi?
«Beh, potrei rispondere citando il caso del collega Gennaro Marasca che all’epoca era assessore comunale con Antonio Bassolino sindaco di Napoli e contemporaneamente consigliere di Corte d’appello proprio a Campobasso... Peraltro noto che, a quel tempo, non ci furono strascichi polemici per il doppio ruolo di politico e magistrato, e di certo l’assessore comunale ha un peso completamente diverso da quello di consigliere comunale d’opposizione di una lista civica».
Proprio Marasca è stato tra i suoi primi detrattori: sostiene che oggi la doppia funzione è inappropriata.
«Ho letto il suo intervento nel quale ribadisce che sono i cambiati i tempi. Ma se non cambiano le leggi, e a esse io guardo, perché poi dovrebbero cambiare le reazioni solo per Maresca? E poi: che significa sono cambiati i tempi? C’è maggiore sfiducia nella magistratura? Di certo non dipende da me».
Se la situazione si surriscaldasse, lascerebbe il consiglio comunale per fare solo il giudice?
«Se non me lo impone la legge, no. Ho preso un impegno con gli elettori e sono pronto a mantenerlo».