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November 02 2023
C’è ancora domani. Sembra il buon auspicio rivolto al nostro cinema che, dopo i cazzottoni rimediati nell’ardua ripresa post Covid, guarda al futuro con timida speranza. Con Paola Cortellesi regina indiscussa degli incassi. A una settimana esatta dal rilascio in sala (il 26 ottobre), il suo debutto alla regia C’è ancora domanidomina il botteghino incassando ben 3.496.609 euro (secondo dati Cinetel), meglio dei compagni di uscita Anatomia di una caduta (370.958), Palma d'oro a Cannes, e dell’horror della celebre saga Saw X (2.290.905). E già sta per superare il thriller extralarge di Martin Scorsese, Killers of the Flower Moon, (3 ore e 26’ di film, 3.879.650 finora incassati) e l’alfiere italiano agli Oscar Io capitano (3.906.079).
Solo ieri, nel giorno festivo di Ognissanti, ha registrato ben 1.170.460 euro, molto meglio di Favino versione Comandante uscito il 30 ottobre (459.670).
Il successo? «Ancora fatico a crederci», ha detto Paola Cortellesi nelle sue premiére in giro per l’Italia. Osando con un bianco e nero da anni Quaranta e una tematica ostica come lo sguardo femminile del Dopoguerra, intrappolato nel focolare domestico, la comica che sa anche essere seria conquista. Una nuova Barbie femminista che attrae con il potere delle idee coniugato a intelligenti spruzzate di umorismo.
Indaghiamo qui, punto per punto, il perché di un dirompente e meritato successo.
Impossibile non ricordare una giovane Paola Cortellesi imitare Geri Halliwell, Carmen Consoli, Ivana Spagna e Giorgia a Mai dire Gol, anno 2000. Già si intuiva la stoffa da fuoriclasse della risata. Eclettica e intelligente, spesso capace di calibrare umorismo e buongusto, Cortellesi si è distinta negli anni come «one woman show» amata da tutti, passando dagli sketch al teatro, dalla conduzione televisiva alla recitazione, dalla serie tv Maria Montessori - Una vita per i bambini al film che le ha fatto conquistare un meritato David di Donatello come migliore attrice Nessuno mi può giudicare, in cui solletica come disincantata e spassosa escort. Con in mezzo anche passi falsi in commedie grossolane (tipo Un boss in salotto e Come un gatto in tangenziale 2) ma comunque sempre con attenzion di botteghino.
La comica romana è un magnete ecumenico che sa attrarre sia le masse, oggi più che mai reclamanti leggerezza, sia i palati più raffinati, che non disdegnano la sua comicità garbata. Ed ecco che tra i tanti attori italiani quest’anno all’esordio alla regia (da Felicità di Micaela Ramazzotti a L'ultima volta che siamo stati bambini di Claudio Bisio, da Palazzina Laf di Michele Riondino a Volare di Margherita Buy), è soprattutto C’è ancora domani di Paola Cortellesi che era atteso all’esame, quello da cui aspettarsi di più. E le attese non sono state deluse.
Nella Roma del 1946 Paola Cortellesi è Delia, madre e moglie prigioniera del focolare domestico, in balìa di un marito padrone (Valerio Mastandrea, mai così irritante e violento) e di un suocero livoroso e dispotico (Giorgio Colangeli).
Il pubblico si diverte con Paola Cortellesi. Sorride quando la sua Delia, ingenua, parla con il soldato americano senza capire un’acca e commenta così i militari in città: «Hai visto gli americani, c’hanno tanti denti», «Più de noi me sa». Ride davvero quando con la sua amica Marisa (Emanuela Fanelli) recita il rosario attorno al letto del suocero.
Ma ecco che anche la critica solleva l’occhio, intrigata, quando il brutale e immotivato pestaggio del marito su Delia si trasforma in una sorta di danza sulle note diNessuno interpretata da Musica Nuda di Petra Magoni & Ferruccio Spinetti, mentre risuona «Nessuno, ti giuro, nessuno nemmeno il destino ci può separare». Quando Delia cammina per la sua Roma, si apre un microcosmo di dettagli d’epoca che riportano a quel 1946, in bilico tra Monarchia e Repubblica, di un’Italia da ricostruire tra lustrascarpe, bancarelle, maglierie, panni stesi, buste della spesa di corda, ragazzini giocanti per strada, scritte sui muri contro i Savoia.
Mentre Cortellesi cattura il pubblico con un linguaggio immediato e popolare, sceneggiando insieme a Furio Andreotti e Giulia Calenda, usa una comicità istantanea come grimaldello per portare riflessione e impegno urbi et orbi. Se poi anche il buon collega Paolo Mereghetti, quello de Il Mereghetti, come voto assegna a C’è ancora domani un ottimo 7,5, definendolo «film che sorprende», è evidente che è stato fatto centro.
Film d’apertura dell’ultima Festa del cinema di Roma, dalla kermesse capitolina C’è ancora domani ha portato a casa tre riconoscimenti: il Premio del Pubblico, il premio Speciale della Giuria e la menzione alla Miglior opera prima. Mica male.
Con un bianco e nero che ci riporta alla Roma del secondo Dopoguerra di Ladri di biciclette di Vittorio De Sica e alla commedia all’italiana di Mario Monicelli, pur senza quell’ambizione autoriale e con un paio di balbettii (troppo repentino il cambiamento del promesso sposo interpretato da Francesco Centorame), Cortellesi elabora un Neorealismo brioso tra borgatari, baruffe da cortile, povertà dignitosa e canzoni che ballano nel tempo, dalla già citata Nessuno ad Aprite le finestre, da Perdoniamoci alla liberatoria A bocca chiusa.
La società patriarcale dell’epoca trasuda brutalità e ingiustizia ma, nella «danza» in cui la trasforma Cortellesi, scuote senza pesantezza. Dice senza gridare. Arriva dove deve arrivare.
Mentre il finale monta (evitiamo ogni spoiler ovviamente) e fremiamo insieme a Delia/Cortellesi, la spingiamo anche noi verso un qualcosa che neanche sappiamo ancora cosa sia. Cortellesi è abile a sviarci: sappiamo che quella lettera che cela e ha stretto tra le mani con senso di liberazione è fondamentale, ma non sappiamo cos’è. Anche quando sua figlia (Romana Maggiora Vergano) la raccoglie, speriamo che trovi il modo di consegnargliela ma non sappiamo perché.
Ed ecco, infine, il finale che stringe il petto. Ben vestita, truccata a festa, Delia è nell’evento più bello, il più bello tra i belli. Eccola, insieme a tanti altri, insieme a tante altre. C’è anche la moglie dell’arricchito, donna come tutte le altre sempre azzittita (Alessia Barela), c’è la Sora Franca (Paola Tiziana Cruciani) del negozio “Maglie e calze”, c’è Delia fiera e felice… E poi in chiusura scorrono le immagini storiche di allora, di quel 1946 di scelta, il primo passo verso l’autodeterminazione. Impossibile trattenere le lacrime. Impossibile a volte trattenere l’applauso: nella proiezione stampa milanese i severi giornalisti meneghini si sono sciolti in uno scrosciar di mani.
Cortellesi ha fatto il più, il passaparola di consensi positivi sta facendo il resto.
«Con C’è ancora domani ho voluto raccontare le imprese straordinarie delle tante donne qualunque che hanno costruito, ignare, il nostro Paese. Delia è le nostre nonne e bisnonne. Chissà se abbiano mai intravisto un “domani”», ha detto Cortellesi. «Delia non vale niente, così le hanno insegnato. Ma una lettera con sopra il suo nome e l’amore per sua figlia le accendono il coraggio per cambiare le cose. Ho tentato di immaginare cosa abbiano provato quelle donne, quelle reali, nel ricevere una lettera in cui qualcuno - tanto più importante dei loro aguzzini domestici - certificava il loro diritto di contare».
Cortellesi ci riporta da dove veniamo noi donne, da dove viene l’Italia che oggi, che piaccia o non piaccia Giorgia Meloni, ha la prima presidente del Consiglio donna della sua storia. Cortellesi dà luce alle donne invisibili di quell’Italia non così lontana, che con le loro scelte hanno cambiato il corso della Storia. E indica la via: sono l’istruzione e l’indipendenza economica la molla per il cambiamento culturale e sociale.