C'era una volta in America compie 40 anni: le scene cult del capolavoro di Sergio Leone

Era il 28 settembre 1984 quando uno dei capolavori cinematografici di Sergio Leone faceva il suo ingresso nelle sale italiane: C'era una volta in America.

La prima proiezione di C’era una volta in America fu un disastro. Il pubblico americano, il 17 febbraio 1984, assistette a una versione mutilata della pellicola, ridotta a 134 minuti e montata in ordine cronologico su richiesta della Warner Bros., stravolgendo la versione originale del regista (al montaggio finale la durata della pellicola era di quattro ore e mezza). Il film, che oggi conosciamo per la sua struttura non lineare e complessa e concepita per riprodurre i meccanismi della memoria, si era trasformato in una banale gangster story. Di fronte a queste modifiche, Leone rifiutò di firmare la versione americana.

Il 20 maggio 1984, in occasione del Festival di Cannes, C’era una volta in America venne proiettato in una versione di 229 minuti, sensibilmente ridotta rispetto al montaggio originale, ma molto più vicina alla visione di Leone. Tuttavia, nonostante il suo intervento ricostruttivo, molte scene cruciali erano state tagliate, inclusi interi raccordi narrativi e interpretazioni di attori di grande rilievo, come Louise Fletcher, premio Oscar per Qualcuno volò sul nido del cuculo, il cui ruolo di direttrice del cimitero, dove riposano Patrick Goldberg, Philip Stein e Maximilian Bercovicz, venne eliminato.

Nel 2011, dopo aver acquistato i diritti del film per l’Italia, Andrea e Raffaella Leone affidarono il restauro alla Cineteca di Bologna, in collaborazione con The Film Foundation, New Regency e con il sostegno di Gucci. Nel film furono reinserite, complete dell’audio originale, alcune scene eliminate nel primo montaggio: la sequenza del cimitero e quella in cui Deborah recita a teatro nel ruolo di Cleopatra. L’attuale extended version-director’s cut dura 251 minuti e si trova in streaming su NOW e Amazon Prime Video.

“C’era una volta in America” racchiude tutte le ossessioni e i temi ricorrenti di Sergio Leone: amore, amicizia, tradimento, memoria, epica, violenza e senso di colpa.

Basato su The Hoods, un libro semi-autobiografico di Harry Grey (ex gangster che scrive sotto pseudonimo), il film, strutturato con flashback e flashforward, racconta in un arco temporale di oltre 4 decenni (dagli anni Venti ai Sessanta del Novecento) le vite di David “Noodles” Aaronson e Maximilian "Max" Bercovicz e dei loro amici che si fanno strada dal quartiere ebraico di New York al proibizionismo fino alla scalata ai vertici della criminalità organizzata della Grande Mela. Le dinamiche tra Noodles e Max sono il cuore pulsante della narrazione. La loro amicizia, inizialmente indissolubile, si incrina quando Max cerca potere e influenza nei sindacati, mentre Noodles preferirebbe mantenere un profilo più basso. Il loro rapporto culmina in un tradimento sconvolgente che trascina entrambi in un vortice di violenza e disillusione. Sullo sfondo, Leone racconta l’America della prima metà del Novecento, un Paese che si alimentava di mani sporche e sogni infranti.

Le riprese, che durarono dieci mesi (dal 14 giugno 1982 al 22 aprile 1983), si svolsero tra New York, Miami, Montreal, Parigi, Venezia e Cinecittà. Una delle scene più iconiche, in cui Noodles porta Deborah a cena, fu girata all'Hotel Excelsior del Lido di Venezia.

Il film, però, non vive solo nelle immagini. La colonna sonora di Ennio Morricone, amico di Leone fin dai tempi della scuola, crea una narrazione parallela, scavando nelle emozioni dei personaggi. Mai, come in questo film, la musica si infila tra le pieghe più nascoste di Max, di Noodles, di Deborah – e di conseguenza negli occhi di chi guarda – e porta alla luce ciò che nessuno di noi vorrebbe mai vivere, ma vive: la perdita dell’innocenza e la violenza del passaggio nell’età adulta.

Un evento straziante fa da spartiacque: Dominik, il più piccolo della banda composta da Patsy, Cockeye, Max e Noodles, viene ucciso da Bugsy, il boss del quartiere. Noodles lo soccorre e, prima di morire, Dominic gli sussurra: «Noodles, sono inciampato». Questo evento struggente segna il punto di non ritorno per il protagonista, che si vendica accoltellando Bugsy e un poliziotto, finendo in prigione. La sua scarcerazione lo riporta nel mondo che aveva lasciato, dove trova Max ad attenderlo, pronto a riprendere il controllo della loro attività criminale. Da piccoli delinquenti di quartiere, Noodles, Max, Patsy e Cockeye sono diventati grandi, anche in termini di potenza e crudeltà, ma sono cresciute anche le loro differenze e i conflitti.

«Noi siamo come il destino: chi va a star bene e chi va a prenderselo in culo», dice Max. Ed è proprio il destino uno dei temi più forti del film.

Poi c’è l’amore, quello disperato, violento e incompreso che lega Noodles a Deborah: «Nessuno t’amerà mai come t’ho amato io», le dice poco prima di violentarla in macchina dopo la cena. Il giorno seguente, Deborah parte per Hollywood, lasciandosi alle spalle un uomo che, pur amandola intensamente, non riesce a trattenerla. Deborah è troppo ambiziosa e consapevole per restare con lui: «Tu mi terresti chiusa a chiave in una stanza e butteresti via la chiave, non è vero? Il guaio è che io ci starei anche volentieri». Un amore così travolgente da non risparmiare nessuno, né chi subisce la violenza, né chi la infligge. Noodles, quanto più si sente vulnerabile di fronte a Deborah, tanto più reagisce con crudeltà, pur senza cercare assoluzione, sperando però nel perdono. Noodles è il classico antieroe tragico, incapace di comprendere veramente l’amore. Perde tutto: gli amici, che crede morti per colpa sua, e l’unica donna che abbia mai amato.

Alla fine del film, Noodles sceglierà di accettare l’invito a una festa, ignaro che quella sarà la notte in cui il Max, sotto le mentite spoglie di senatore Bailey, si prepara a morire. Noodles sceglie di non riconoscere la vera identità del senatore, e in questo rifiuto si consuma la sua vendetta. «Vede, signor senatore, anch’io ho una mia storia, un po’ più semplice della sua. Molti anni fa avevo un amico, un caro amico. Lo denunciai per salvargli la vita… e invece fu ucciso. Volle farsi uccidere. Era una grande amicizia. Andò male a lui e andò male anche a me. Buonanotte signor Bailey».

Ma allora, cos’è davvero C’era una volta in America? Forse la risposta è nelle parole di Sergio Leone, che citando Joseph Conrad, disse: «Credevo fosse un’avventura. Invece era la vita».

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