​Cervello, elettrostimolazioni
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Salute

Un cervellone per re-imparare a muoversi

La ricerca sul cervello, sul movimento, e su come si possa provare ad aiutare pazienti che cercano di recuperare funzionalità dopo un incidente, un trauma, una malattia, per fortuna non si ferma mai.

Il campo dell’elettrostimolazione neuromuscolare è uno di quelli che potrebbero, in un futuro non troppo lontano, darci grandi soddisfazioni: ed è proprio per questo motivo che sono in corso, un po’ in tutto il mondo, numerosi esperimenti su come riuscire a sfruttarla al meglio.

La pratica è consolidata da tempo, e si basa sulla stimolazione elettrica di un muscolo per mantenere il tono e la contrattilità in attesa di un recupero, o per accelerarlo dopo un trauma. Il suo limite è che se non è integrata con altre forme di rinforzo muscolare (per esempio la terapia tradizionale) si rivela poco efficace.

In Italia, nello specifico a Dalmine, si sta mettendo a punto un metodo di elettrostimolazione tramite un macchinario chiamato VIK-16 ideato dal medico russo Viktor Terekhov, laureatosi a San Pietroburgo ma in Italia da molti anni: grande studioso di tecnologie che riescono a mantenere attivo l’apparato muscolare in assenza di gravità, fin da quando lavorava all’Accademia russa di studi aerospaziali.

Nel 2015, grazie alla collaborazione con l’ingegnere italiano Guido Gabbrielli, esperto nello sviluppo di macchinari medicali ad alta tecnologia, nasce una start-up innovativa chiamata Viktor: “L’idea alla base di questo lavoro” spiega Gabbrielli “E’ quella di potenziare ,attraverso il movimento funzionale e la stimolazione fisiologica e sincronizzata, la comunicazione e il flusso di informazioni neuromuscolari verso il sistema nervoso centrale. Così facendo, si rende il paziente parte realmente attiva dell’intero processo, innescando i processi di recupero e di neuro plasticità”.

Il lavoro di questa start-up, ora PMI innovativa, ha portato a certificare e brevettare in tutto il mondo VIK16 e VIK8, dispositivi che al momento vengono usati, oltre che nel centro di attività principale di Dalmine, in diverse strutture ospedaliere e riabilitative in tutta Italia, tra Bergamo, Lecco, Padova, Novara, Pescara, Ancona, Avellino fino ad Agrigento: “Abbiamo ideato un sensore” continua Gabbrielli “Che viene applicato sul corpo del paziente, e grazie a un algoritmo di AI gestisce l’invio di impulsi elettrici sincronizzati e fisiologici e a seconda della risposta del paziente e del suo reale movimento, rendendo possibile anche l'utilizzo della tecnologia in collaborazione con la robotica esistente, come gli esoscheletri riabilitativi ad esempio. La tecnologia AFESK ( Stimolazione Elettrica Funzionale Adattiva Kinesiterapica) in un certo senso mima I’attività del nostro sistema nervoso. Il campo di applicazione principale è quello della neuro riabilitazione come ad esempio la riabilitazione post-ictus, con applicazioni anche in ambito di riabilitazione ortopedica o dopo infortuni sportivi e può essere utilizzata anche da soggetti sani per aumentare la performance”.

Nel centro di Dalmine sono stati finora trattati più di 500 pazienti: “La “libreria” di movimenti che la macchina è in grado di far eseguire e supportare” conclude Gabbrielli “E’ molto ampia. Questo fa sì che la tecnologia possa essere utilizzata già dalla prima fase riabilitativa, anche su pazienti allettati per accelerare i processi di recupero”.

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