Gastòn Acurio: "Fidatevi, il Perù sarà la dispensa d’Europa"

Immaginate questo: il vostro orto è l’Amazzonia, il vostro mare il Pacifico, la vostra montagna la catena più lunga del pianeta, le Ande. Ora immaginate che la spesa per cucinare l’abbiano fatta in secoli successivi i peruviani, gli spagnoli, i giapponesi, gli africani. E adesso immaginate che tutto questo sia stato preso in mano trent’anni fa per imperiosa vocazione verso l’arte dei fornelli, da un giovane peruviano, figlio di un ministro il quale, imparato il mestiere in Francia, lo ha messo in pratica tornato a casa, fino a diventare uno degli uomini più famosi del Perù, un benefattore di contadini e allevatori popolare e amato.

Gastòn Acurio è la celebrità sorridente che ha trasformato la bistrattata vocazione meticcia della cucina peruviana nella forza trainante delle gastronomie emergenti. Con un manipolo di superchef internazionali, due anni fa ha firmato la dichiarazione di Lima, una lettera aperta ai cuochi di domani che propugna l’impegno a lavorare in modo eticamente responsabile.

Adesso la cucina fa politica?

Oggi cucinare è un gesto sociale: un cuoco può aiutare un territorio a crescere ed evolversi. Ho fondato la Pachacutec school of cuisine, che forma al lavoro i ragazzi poveri di Lima; ho inventato Mistura, festival di cucina andina alla terza edizione in settembre; ho creato l’Apega, un’associazione che rinforza la nostra identità culinaria.

Ha dichiarato "il Perù sarà la dispensa dell’Europa": non è un po’ ambizioso?

Siamo benedetti da una biodiversità infinita. Abbiamo 85 dei 110 microclimi del pianeta; 3 mila varietà di patate, centinaia di specie di peperoncino, aglio, coriandolo; 10 culture gastronomiche fondamentali, dall’andina alla creola, a quella di strada...

È vero che usate le foglie di coca in cucina come fosse prezzemolo?

È un ingrediente tradizionale nelle salse e nei piatti di pesce. Ma nell’Amazzonia peruviana esistono migliaia di prodotti e sapori ancora sconosciuti, come le lumache giganti o le tecniche di cucina indigena.

Le previsioni per la classifica dei World’s 50 best restaurants, attesa a Londra il 29 aprile, danno vincenti le cucine del Sud America. Perché?

Cinquecento anni di fusion, che è anche il titolo del mio ultimo libro, è il nostro patrimonio vincente. Io lo scovo, interpreto, addomestico, faccio conoscere. Chi sapeva, fino a qualche anno fa, cos’è un ceviche o un pisco?

Un menu ideale da ordinare, in uno tra i suoi locali sparsi nel mondo?

Il trio di ceviche, gli antichucos di cuore di manzo, i tiradito, i maki. Scompongo e ricompongo i classici peruviani per creare convergenze e divergenze, consistenze, emozioni.

Come sarà la gastronomia del futuro?

Ispirazione locale, visione globale. Come i Tanta: la mia catena di ristoranti tipici, sofisticati ma accessibili a tutti. L’ultimo, a Barcellona, l’ho pensato con Ferran Adrià.

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