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May 07 2017
Emmanuel Macron, ex ministro dell'Economia del secondo governo Valls (2014-2016) ed ex consigliere di Francois Hollande, è dunque il nuovo presidente della Repubblica francese.
Un passato in una delle più importanti banche d'affari francesi, la Rothschild & Cie Banque, dove nel 2008 divenne milionario occupandosi dell'acquisizione da parte del marchio Nestlé di una filiale del colosso farmaceutico Pfizer, Macron ha fondato nell'aprile scorso, quando si disimise da ministro, un movimento - En Marche! - che ha già raccolto oltre 100 mila sottoscrittori e sembra in grado di canalizzare anche l'entusiasmo di migliaia di giovani - provenienti in gran parte dalle più prestigiose università francesi - stufi delle vecchie ideologie golliste e socialiste.
Politicamente ricorda un po' il primo Matteo Renzi, post-ideologico, dinamico e rottamatore, ma senza quella «zavorra» che è stata, per l'ex premier italiano, la sinistra interna del partito. Il suo partito, Macron, in fondo, se lo è fondato da solo. "Andare oltre la destra e la sinistra" ha detto al gremitissimo palazzetto dello sport di Lione, ma non perché "queste categorie abbiano perduto totalmente di senso", ha aggiunto con furbizia, ma perché "queste divisioni in questo momento storico sono almeno in parte superabili. Non bisogna essere l'uno o l'altro, bisogna essere francesi".
C'è un po' di demagogia nuovista nelle sue parole, certo, ma è quello che in fondo vuole sentirsi dire un pezzo del popolo francese, impaurito dall'ipotesi di una presidenza Le Pen, ma anche stufo delle antiche liturgie e chiacchiere dei vecchi partiti. La forza di Macron sta nella novità e nel dinamismo, senza però nessun tipo di concessione al populismo nazionalista di Marine Le Pen, agli umori anti-Ue, anti-Nato e filorussi che soffiano nel Paese, alle ventate antimigratorie che sta cavalcando, con successo, Donna Marina.
Quando parla, Macron dice cose concrete, non è retorico, sembra avere le idee chiare e di maneggiare bene gli argomenti oggetto del contendere. Non è però quello che si definisce un leader carismatico. Benché provenga dall'area larga del socialismo francese, il suo non essere né di destra né di sinistra e il suo convinto europeismo lo rendono il candidato che, nel ballottaggio contro il «pericolo» Marina, potrebbe raccogliere il maggior numero di voti dalla sinistra socialista, dal centro e dalla destra dei Republicains.
Il programma di Macron è ancora vago, come era quello di tutti gli altri candidati (salvo Marine) del resto, ma alcune cose sono sufficiente chiare: è contro il reddito universale proposto dai socialisti, vuole regole sul lavoro più snelle e meno burocratiche, è contro dazi e muri e rilancia - come Renzi - l'ipotesi del bonus di 500 euro per la cultura diretto ai giovani. Non è un turboliberista, ma non è nemmeno uno statalista di scuola socialdemocratica.
Il suo profilo politico è quello di un tecnico laico e moderatamente progressista, che - di fronte alla crisi che sta vivendo l'Ue - si dice convinto che la risposta è quella di più Europa, più integrazione, un ministero della Difesa unitario per combattere il terrorismo e tornare protagonisti in Medioriente, non già il ritiro nei vecchi recinti. Il suo profilo professionale è quello di un banchiere, che dopo aver lavorato nella Rothschild & Cie Banque , è stato corteggiato per le sue riconosciute competenze da tutti i politici di destra (come Sarkozy) e di sinistra, scegliendo però di lavorare nel 2010 prima nella squadra di Dominique Strauss-Kahne poi a contatto con il presidente Hollande.
Il suo tallone d'achille nella campagna elettorale poteva essere la vita privata. Quelle voci, che continuano a rincorrersi e che i media filogovernativi russi hanno continuato a rilanciare: quello di essere "il paladino di una potente lobby omosessuale", di avere alle spalle una"banca d'affari americana", di essere sentimentalmente legato in una relazione extraconiugale al giornalista Mathieu Gallet, presidente dell'emittente Radio France, che lui per altro ha smentito categoricamente.
La sua storia d'amore ufficiale è quella che i cittadini francesi conoscono, con la discreta moglie BrigitteTrogneux, incontrato al liceo di Amiens, dove lei era la sua prof di francese e lui lo studente modello che le scriveva lettere d'amore. Venti anni di differenza. 58 anni, tre figli maggiorenni avuti da un precedente matrimonio, una forma fisica perfetta, Brigitte raramente rilascia interviste. Ma in pubblico si presenta sempre come sorridente e pronta, come dice lei stessa, a «prendere la vita con leggerezza».
«Il mondo del potere è spietato ed essere sposata con un uomo politico non è cosa facile da gestire: bisogna stare dritti e tacere» ha detto Brigitte, in una delle poche interviste concesse, all'indomani del lancio di En Marche!. E ancora, sempre a Paris Match: «All’età di 17 anni, Emmanuel mi disse: "Qualunque cosa tu faccia, io ti sposerò!"”»
(Questo articolo è stato pubblicato la prima volta l'8 febbraio 2017 e rieditato il 23 aprile 2017 e il 7 maggio 2017)