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January 27 2016
“Non ho figli miei, ma ne ho acquisiti quattro, quelli di mio marito, più i rispettivi nipoti”. Monica Cirinnà è la senatrice che ha legato indissolubilmente il suo nome al disegno di legge sulle unioni civili che da domani sarà all'esame del Senato e che contiene il riconoscimento normativo anche della cosiddetta stepchild adoption, ossia l'adozione del figlio biologico del partner. Il punto su cui fino ad oggi si è discusso di più e sul quale si è ancora in cerca di quella mediazione necessaria a evitare che l'intero impianto della legge venga affossato.
Unioni civili e adozioni gay: al via la battaglia in Senato
Lei, Monica, romana, una chioma di ricci biondi che l'hanno sempre resa inconfondibile, ci lavora senza sosta da quando nel 2013 ha messo piede per la prima volta a Palazzo Madama dopo vent'anni spesi al Comune di Roma dove ha attraversato ben cinque mandati: due volte in maggioranza con Francesco Rutelli, altrettante con Walter Veltroni e una all'opposizione, tra il 2008 e il 2013, quando sindaco fu Gianni Alemanno.
Le battaglie in consiglio comunale
Di famiglia cattolica, primi anni di scuola dalle suore, ormai da molto tempo Monica Cirinnà pratica un tipo di spiritualità che l'ha portata ad abbracciare e a battersi in particolare per la tutela dell'ambiente, i diritti degli animali e delle donne. Ha contribuito all'approvazione della legge che vieta in Italia la soppressione di cani e gatti nei canili comunali. Ha fatto aprire a Roma il primo ufficio comunale per i diritti degli animali, un'esperienza importata in seguito in molte altre città. Quando nella Capitale fu aperta la Casa Internazionale delle Donne, lei era presidente della Commissione delle Elette. Durante il suo terzo mandato, con Veltroni Sindaco, lo zoo di Villa Borghese fu trasformato nell'attuale Bioparco; con quello successivo riuscì a far approvare, all'unanimità, il primo Regolamento capitolino per la difesa degli animali. Le sue battaglie sono proseguite anche durante gli anni di governo del centrodestra: unica donna eletta tra le fila del Partito democratico a Roma, ha vinto due ricorsi al Tar costringendo Gianni Alemanno a inserire più donne nella sua giunta.
La fattoria, l'olio, il marito
Suo grande amore restano, però, soprattutto gli animali, suoi “figli non umani”. Vive infatti in una specie di fattoria con quattro cani (Arno, Luna, Orso e Libera, la beagle salvata dal canile Green Hill) quattro gatti (Red, Tiger, Mizzi e Rosita, tutti trovatelli), due cavalle e una famiglia di asini. E il marito. Esterino Montino, potente esponente del Pd romano e laziale, attualmente sindaco di Fiumicino, conosciuto nel 1993 quando entrambi furono eletti consiglieri comunali e sposato nel 2011. Insieme hanno fondato un'azienda agricola in Toscana dove producono vino, olio, marmellate e ortaggi.
Il carattere
Chi la conosce bene la descrive come una donna forte e dolce allo stesso tempo. Affabile, disponibile, estremamente socievole ma dotata anche di una determinazione granitica e qualche spigolosità. Monica Cirinnà è soprattutto una politica ambiziosa. La cocciutaggine dimostrata nella battaglia attuale sulle unioni civili dimostra quanto sia importante, per lei oltre che per le coppie omosessuali, che su quella legge ci sia il suo nome. Il nome di una donna e di una donna etero per giunta. Cosa che le ha inevitabilmente procurato più di un'antipatia all'esterno del Pd e soprattutto dentro il Pd. Pur soffrendone intimamente, la sua scelta è stata comunque quella di non arretrare di un passo. Perché quella nel nome dei diritti delle coppie gay, pur non essendo una battaglia che la riguarda personalmente, è comunque diventata la sua battaglia, quella che, come dice lei stessa, non la fa dormire di notte. Tanto che quando qualcuno, anche tra i suoi amici e colleghi, ha provato a ostacolarla o anche solo a mettere in discussione il suo approccio, lei lo ha percepito come un'offesa personale. “Monica, come si dice a Roma, è una dé core, per questo reagisce così – spiega chi l'ha seguita passo passo lungo tutto questo percorso – ma è perché ci crede davvero e fino in fondo”.
Gli errori
Un coinvolgimento emotivo totale, da parte sua, per quanto, in politica, anche molto rischioso. Tant'è. Basta riuscire a raggiungere la meta e a metterci sopra la firma. Anche a costo di commettere qualche errore. Per esempio non aver fatto probabilmente abbastanza per far passare il messaggio che le unioni civili non riguardano solo le coppie gay. Anche se è vero che se la discussione si è tanto polarizzata su di loro è perché in Italia, come spiega Aurelio Mancuso, storico attivista per i diritti civili, ex presidente di Arcigay, fondatore di Equality Italia e membro della commissione di garanzia del Pd, “le coppie etero conviventi non sono mai state un soggetto politico” nel senso che essendo pienamente riconosciute dalla società “non hanno mai avuto la percezione di subire gravi torti o una menomazione dei loro diritti che solo i giudici, con le loro sentenze, gli riconoscono”.
La battaglia in Parlamento
Ed è proprio su questo, oltre che sulla questione delle adozioni, che il fronte ultra cattolico trasversale alle forze politiche presente in Parlamento sta facendo resistenza contro il ddl Cirinnà: ossia sulla piena equiparazione tra matrimonio tradizionale e convivenza tra due persone, etero o omosessuali che siano. Un punto a favore è comunque stato segnato ieri con l'accordo raggiunto all'interno del gruppo sull'impianto generale della legge che sarà comunque votata all'unanimità dal Pd qualunque sia, lo ha confermato anche la senatrice del gruppo dei 30 dissidenti Emma Fattorini, l'esito degli emendamenti.
L'esito finale
Il punto di caduta potrebbe essere comunque quello contenuto nella proposta di Andrea Marcucci di un pre-affido di due tre anni da sostituire alla stepchild vera e propria. “Un pasticcetto normativo – commenta Mancuso – ma tuttavia accettabile come compromesso politico anche perché penso che all'indomani del family day di sabato molti dem non avranno più bisogno di sparare con i cannoni”. Ma probabilmente accettabile anche per gli altri due partiti, M5S e Sel, senza i quali, sarebbe impossibile approvare la legge. Un'ipotesi che né Matteo Renzi, né il Pd, né tantomeno Monica Cirinnà vogliono nemmeno prendere in considerazione.