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Chi è Stefano Gaj Tachè: da vittima dimenticata a simbolo

"Oggi io sento il dovere di essere qui in qualità di testimone. Perché ora sono cosciente che tocca a me fare in modo che il ricordo di Stefano non si dissolva nella nebbia della storia. Tocca a me ricordare al mondo che l’innocenza di un bambino, ancora una volta, è stata violata da mani assassine guidate dall’odio antisemita". Queste furono le parole di Gadiel Gaj Tachè il 9 ottobre del 2012, di fronte a una platea in cui sedeva anche l'allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel commemorare a trent'anni di distanza la morte del fratellino Stefano, ucciso da un commando di terroristi palestinesi in un attentato all'uscita della Sinagoga di Roma in cui vennero ferite altre 37 persone (tra le quali lo stesso Gadiel).

Stefano Gaj Tachè ha vissuto solo ventiquattro mesi prima di finire vittima della follia umana, ma la sua storia ha lasciato il segno non solo nella comunità ebraica della Capitale: è rimasta impressa anche nella memoria del neo-presidente Sergio Mattarella, che l'ha citato nel suo discorso di insediamento prendendolo a simbolo di tutte le vittime del terrorismo nel nostro Paese e ricevendo uno scontato applauso dai presenti nell'aula della Camera. Con il nome di Stefano Gaj Tachè che comparirà di sicuro nell'elenco letto come ogni anno al Quirinale il prossimo 9 maggio, in occasione del "Giorno della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi": nome che allo scorso 2012, come fatto rilevare in occasione del trentennale della precocissima morte, non era però ancora stato inserito nella suddetta lista...

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