Economia
March 13 2017
Mezzo secolo fa un italiano partiva da Vicenza per recarsi a Palo Alto, in California, contribuendo da vero primo pioniere italiano alla stessa definizione di “Silicon Valley.” Si chiama Federico Faggin e a lui vanno grandi meriti.
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Intanto, proprio il nome "Silicon Valley". È risaputo che è per la centralità del silicio nella rivoluzione tecnologica — esplosa con la creazione dei primi microprocessori, tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70, e il sintomatico concentrarsi di aziende dedicate a progettare, produrre e commercializzare semiconduttori in tutto il globo — questa parte della penisola a Sud della Baia di San Francisco fu ribattezzata nel segno del “silicon”
Il legame della valle e del silicio con Faggin lo confermò lo stesso Bill Gates una dozzina di anni fa, accogliendo una delegazione ministeriale italiana per l’innovazione e la tecnologia, tenendo a evidenziare e riconoscere che “prima di Faggin, la Silicon Valley era semplicemente una valle”, una valle per frutta e orchidee.
Per chi volesse incontrarlo e conoscerlo Federico Faggin sarà in Italia a luglio in occasione di Campus Party. Intanto però vi racconto io qualcosa di lui.
La sua storia si divide in "quattro vite" come ama definirle anche lui.
1 - L’Italia: infanzia, scuola, alta formazione e i primi lavori fino a 26 anni
Federico Faggin nasce a Vicenza durante la Seconda Guerra Mondiale, è un eccellente studente dell’Istituto Tecnico Industriale, “Alessandro Rossi”: una sua personalissima scelta quella per gli studi tecnici, che suonerebbe forte ed esemplare oggi, figuriamoci a quei tempi, essendo inoltre il figlio di uno dei massimi studiosi e professori dell’epoca in materia di storia della filosofia.
Il ragazzino preadolescente aveva le idee chiare e ingegno da poter volare molto in alto, mostrando infatti un carattere di assoluta determinazione e visione sul futuro, con la passione per l’aero-modellistica sin da bambino. Si era, infatti, costruito un aeroplanino già a 11 anni, seguendo un manuale dell’epoca.
Al suo terzo tentativo, nonostante il disdegno del padre per quella passione del figlio per simili “giocattoli”, l’aeroplanino si alzò magicamente in volo. Faggin aveva 13 anni e — come sottolinea lui stesso, riconoscendo in quel suo personalissimo successo un momento di svolta per la sua intera vita — aveva “essenzialmente imparato l’intero processo di come si costruisce un prodotto: iniziando con l’ideazione, seguendo con la progettazione e il design, per completarsi infine nella realizzazione.”
Quella passione lo porterà verso gli studi tecnici, i transistor e i computer. A 19 anni con il diploma di perito industriale, Faggin inizia subito a lavorare presso la Olivetti di Borgolombardo dove aveva contribuito da solo per quasi il 60% alla progettazione e alla costruzione di un piccolo computer digitale a transistor. Faggin decide tuttavia di voler continuare ad approfondire gli studi in fisica presso l’Università di Padova, dove consegue la laurea summa cum laude persino in anticipo con i tempi.
Dopo una brevissima parentesi di insegnamento come assistente incaricato nel laboratorio di elettronica dell’università, comincia subito a lavorare per la SGS-Fairchild (oggi STMicro) ad Agrate Brianza, dove sviluppa la prima tecnologia di processo per la fabbricazione di circuiti integrati commerciali MOS. La SGS-Fairchild a questo punto invia Faggin a fare un’esperienza di lavoro presso la sua consociata Fairchild Semiconductor, azienda leader del settore semiconduttori a Palo Alto in California.
2 - Gli Stati Uniti d’America: Palo Alto e la scoperta di un nuovo orizzonte visionario
È l’alba del 1968, mentre l’energia politico-intellettuale del “Maggio francese” contaminava tutta l’Europa e da lì buona parte del mondo, collegandosi certamente ai primi fuochi rivoluzionari e idealistici accesi già un decennio prima con la “San Francisco Renaissance” di Lawrence Ferlinghetti e City Lights, e successivamente con i primi moti di Berkeley tra il ’65 e il ’67, esplodendo nella “Summer of Love” del grande raduno al Golden Gate Park.
Faggin a Palo Alto tocca con mano quella “straordinaria energia della ricerca scientifico-tecnologica” che scorre in questa parte di Estremo Occidente. Per lui tramonta per sempre l’era delle ripetizioni di cose già fatte. A Palo Alto, infatti, si dedica allo sviluppo del MOS Silicon Gate Technology (SGT): la prima tecnologia al mondo per la fabbricazione di circuiti integrati MOS auto-allineanti, progettando così anche il primo circuito integrato commerciale che usava l’SGT — Il Fairchild 3708. Questa tecnologia permetterà di sviluppare, solo qualche anno dopo, i primi microprocessori, le memorie RAM dinamiche, le memorie non-volatili, e i sensori CCD per le immagini.
Dal 1970 al 1974 lavora per Intel, dove applica la tecnologia SGT per progettare il primo microprocessore commerciale al mondo (Intel 4004), e gli altri microprocessori come l’8008, il 4040, e infine l’8080, vale a dire il primo microprocessore veloce a 8 bit che ampliò radicalmente la gamma di applicazioni.
La rivoluzione al silicio è definitivamente partita per cambiare esponenzialmente la vita in tutto il mondo nell’ultimo quarantennio. Il passaggio, infatti, per trasformare un calcolatore, che all’epoca prendeva un’intera stanza (vedi l’IBM di Hidden Figures) in un personal computer, e più recentemente in uno smart-phone, passa per la superficie di un microprocessore grande come un’impronta digitale.
E il merito creativo è di Federico Faggin che per primo al mondo riesce a concentrare tutto il gigantesco disegno del circuito in un meraviglioso microchip da “sembrare infine un quadro astratto, e volerlo siglare con le mie iniziali, F.F.”, come ricorda con orgoglio il suo designer e inventore. La maestria di questo scienziato nemmeno trentenne di padroneggiare armonia, bellezza e funzionalità non può non essere debitrice di una formazione culturale italiana, e nella fattispecie di quella rinascimentale: degli incanti monumentali e delle magie architettoniche cinquecentesche di Palladio, del cui spirito Faggin si è nutrito crescendo tra Vicenza e Padova.
3 - Startupper ante litteram e “serial entrepreneur”
Faggin ad Intel crea cose nuove, assolutamente straordinarie, ma ora è tempo per creare persino aziende nuove che collaboreranno con alcune delle più grandi tech-companies al mondo, come Apple e Samsung. Il dado è tratto! Dopo l’esperienza al servizio di Intel, Faggin è pronto a fondare la sua prima “start up”, la Zilog: un’azienda interamente dedicata alla realizzazione di microchip.
È da questa fucina che a metà degli anni ’70 viene creato il microchip bestseller, Z80, ancora oggi una rockstar in commercio. Dopo una serie di disaccordi con il maggior finanziatore, Exxon, Faggin lascia la Zilog per fondare la sua seconda startup, la Cygnet Technologies, con la quale progetta e produce il Communication Co-System: un apparecchio innovativo che permetteva di collegare personal computer e telefono per la trasmissione di voce e dati, rappresentando un notevole progresso nel campo emergente delle comunicazioni personali.
Nel 1986 Faggin fonda la Synaptics, dove metterà a punto la prima “pelle del computer”, vale a dire il touch-pad. Per un decennio è il fornitore ufficiale di Apple. Quasi contemporaneamente realizza la tecnologia del touch-screen. Dopo averla vanamente mostrata a vari produttori di telefonia come Motorola e Nokia — va ricordato che quest’ultima arriva a possedere il 35% del mercato mondiale per poi svanire nel nulla, perché emblematicamente “come altri giganti di altre industrie, tipo Kodak o Polaroid, non capisce la tecnologia e il suo potere “disruptive” (distruttivo e costruttivo insieme) —, Faggin incontra Steve Jobs, che tornato in sella alla sua azienda vuole assolutamente il controllo dell’interfaccia dei prodotti con il consumatore.
Jobs, invece, intuisce subito i potenziali del touch-screen, e chiede vanamente l’esclusiva, che Synaptics rifiuta, avendo brevetti della tecnologia e quanto necessario per affrontare un mercato potenzialmente ancora tutto da esplorare. Così Jobs si costruisce all’interno di Apple la tecnologia per il touch-screen, aprendo il mercato alla Synaptics. La Synaptics diventa così il fornitore delle ditte che competono con Apple.
Dal 2003 al 2008 Faggin presiede e dirige la Foveon Inc. spin-off di Synaptics dedicato alla tecnologia di sensori di immagini (Foveon X3 technology), che successivamente verrà acquisita dalla giapponese Sigma.
4 - Synaptics
In parallelo all’attività di Synaptics e Foveon nasce la “quarta vita” di Faggin, quando nel tentativo di pensare come fare macchine coscienti, realizza “l’incoscienza di pensare di poter realizzare macchine coscienti.” Inizia così lo studio della consapevolezza prima su se stesso, perché come dice lui “non si dà consapevolezza se non a partire da se stessi, sperimentando la natura delle percezioni e dei sentimenti.”
Ancora una volta Faggin alza la barra del suo personalissimo agone. Questa volta però la sua “disruption” mira nientemeno che al pensiero mainstream della tecnologia e al corpus stesso dei modelli più ortodossi della scienza. Faggin entra così in pieno nello spazio dei più grandi eretici della scienza moderna: quello di chi può capovolgere paradigmi e modelli preesistenti. Per realizzare una ricerca scientifica, sistematicamente dedicata alla natura della coscienza, Faggin crea nel 2011 la Fondazione Federico e Elvia Faggin.
L’organizzazione non-profit, che porta anche il nome della moglie Elvia — fine divulgatrice scientifica oltre che colonna e compagna di mezzo secolo di vita tra ricerca e sperimentazione in Silicon Valley — attualmente finanzia studi sulla natura della coscienza in tre principali università californiane: UC Irvine, UC Santa Cruz dove ha creato una cattedra dedicata alla Fisica dell’Informazione, e l’Institute for Quantum Studies della Chapman University in Orange County.
Faggin ha ricevuto premi e riconoscimenti, oltre a numerose lauree honoris causa, in tutto il mondo, includendo nel 2009 la National Medal of Technology and Innovation — il più alto riconoscimento negli Stati Uniti d’America — consegnatogli dal presidente, Barack Obama
Per le sue invenzioni tecnologiche è l’unico italiano ad essere annoverato come “fellow” della “walk of fame” presso il Computer History Museum di Mountain View