Cilento, là dove nasce la dieta mediterranea

Aspettate un attimo, avrà pensato il fisiologo americano Ancel Keys: com’è che da queste parti la gente vive più a lungo? Correva l’anno 1944, il medico era in Campania dopo lo sbarco degli Alleati e ci piace immaginare che da uomo di scienza non impiegò molto prima di esclamare il suo personalissimo «eureka»: Cilento! Keys capì che in questa vasta regione a sud di Salerno le abitudini alimentari rendevano la popolazione più sana. Così iniziò ad approfondire, studiare, impalcare teorie che sfoceranno nel concetto di «dieta mediterranea», oggi patrimonio dell’umanità: un regime alimentare basato su cereali, frutta, verdura, legumi, olio extravergine di oliva, poca carne, pesce.

L’intuizione di Keys si espanderà ad altre regioni e Paesi, ma le sue radici sono qui, sui colli mossi dalle spighe e punteggiati di olivi, lungo paesini immersi in una vegetazione che rapisce l’olfatto, nei campi di diverso colore per diverse coltivazioni e diverse stagioni. Luoghi dove incontrare piccoli produttori dediti in modo quasi eroico alla ricerca dell’eccellenza, che si offre ai viaggiatori sotto forma di gusto. Non rimane che andare a (ri)scoprirlo.
Prendiamo le «Lacrime di Penelope». Sono la cosa più semplice del mondo: fichi essiccati a mano e immersi in una bagna di limoncello. Eppure in bocca danno dieci lunghezze ai dolci più sofisticati. A confezionarli sono Enza Russo e famiglia non lontano da Agropoli: a Ogliastro Cilento, frazione Finocchito; e Funicchito si chiama la loro azienda. Coltivano ceci, ortaggi, olivi, alberi da frutto, uva e - soprattutto - fichi bianchi del Cilento Dop, che sono piccoli distillati di gusto, estremamente digeribili. Da Funicchito si trovano essiccati, in confettura, ricoperti di cioccolato oppure nella bagna delle citate Lacrime di Penelope, anche nelle versioni al rum e al Moly, l’amaro alle erbe dei monti Lattari. Tutto acquistabili sul luogo dopo una visita con degustazione, oppure online su funicchito.it.

Poco più a nord, a Capaccio, tra gli scavi archeologici della zona di Paestum, dalla sua terra Francesco Vastola ricava - tramite coltivazione biologica controllata - e mette sotto vetro carciofini delle dimensioni più variabili, pomodori a pacchetelle, pomodori verdi farciti, cipolle ramate di Montoro, melanzane, sciurilli e cucuzzielli. Solo l’inizio della lunga lista di prodotti della sua Maida, azienda specializzata nella conservazione di ortaggi in barattolo. Una visita concordata presso questa azienda lucente e ordinata come un laboratorio svizzero fa scoprire un mondo (www.maidaitaly.com).
Una volta a Capaccio ci si ferma ad assaggiare le celeberrime mozzarelle di Paestum e della piana del Sele. Al caseificio Barlotti (barlotti.it) le producono a poche decine di metri dalle placide bufale, e c’è anche la possibilità di degustarle sul posto, nell’elegante déhor immerso nel verde dove rilassarsi al cospetto di tutti i sapori che ruotano intorno al bovino: oltre alla mozzarella, la ricotta, i formaggi, la carne di bufalo e lo yogurt di latte di bufala. E quando si dice «degustare», lo si intende davvero: c’è chi chiama Barlotti «caseificio degli stellati», dato il prestigio dei ristoranti di cui è fornitore (tra cui l’Osteria Francescana di Massimo Bottura e Villa Crespi di Antonino Cannavacciuolo).

Per un’ulteriore fonte di proteine (certo meglio delle barrette da supermercato) imperdibile la scoperta dei fagioli bianchi di Controne, presidio Slow Food, così eccezionali da finire sulla tavola del pluristellato chef Alain Ducasse per il suo nuovo ristorante a Napoli, si producono nell’omonimo paesino raggiungibile da Capaccio imboccando la Statale 166 e poi su lungo una strada sempre più verde verso il Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Michele Ferrante, attivo nel trasmettere l’importanza del «mangiar sano» con la sua agricoltura sostenibile, coltiva come fosse una missione ceci, cicerchie, peperoncini e soprattutto i rinomati fagioli. Piccoli, rotondi, senza screziature, la buccia ha una minima consistenza, il sapore è delicato e tendente al dolciastro, la digeribilità è massima. Il paese di Controne dedica loro una festa l’ultimo weekend di novembre.
Girovagando tra i colli si notino gli olivi «pisciottani» dalle foglie di forma ellittica, autoctoni del Cilento: l’olio che se ne ricava, aroma intenso e gusto deciso, è considerato tra i migliori al mondo e sono molte le piccole aziende agricole locali dove fermarsi a comprarne.

Magari andando verso Gioi, paese inerpicato su un monte del Parco nazionale del Cilento, che come tanti altri paesi è andato spopolandosi nel corso dei decenni ma al quale rimane il prestigio di un salume unico: l’omonima soppressata di Gioi, tra i Prodotti agroalimentari tradizionali italiani e presidio Slow Food. Realizzata con carne suina magra, senza conservanti o additivi, al centro dell’impasto è inserita una fettuccia di lardo. La tappa è da Raffaello Palladino, che ne è «nume tutelare», e al suo piccolo salumificio artigianale G.ioi dove degustare quello e altri salumi (le salsicce sono fenomenali), oltre che formaggi della zona.
Molti, troppi sono i prodotti di questa terra per ricordarli tutti. I fusilli di Felitto (una pasta all’uovo da abbinare al ragù di castrato), la cipolla di Vatolla, i ceci di Cicerale, il carciofo bianco di Pertosa... E poi le alici di menaica, con quella carne che tende al rosa e il profumo intenso ma delicato, pescate con l’antica rete «menaica» nelle acque tra Palinuro, Pisciotta e Camerota. Favoriscono come tutto il pesce azzurro la riduzione dei trigliceridi nel sangue, e chissà quante ne avrà mangiate lo stesso Ancel Keys, trasferitosi per decenni in un paesino affacciato su questo mare (Pioppi, che oggi ospita il Museo della Dieta mediterranea) prima di morire centenario negli States.

Il Cilento è dunque da scoprire prodotto per prodotto, un chilometro dopo l’altro, e infine - magari - rilassarsi in un hotel che punta sul meglio che questa terra ha da offrire. Poco distante da lì infatti, a Ravello, sulla Costiera amalfitana, si trova il Caruso, A Belmond Hotel: una delle strutture più affascinanti che il nostro Paese possa vantare. Sorge fra giardini terrazzati in un antico palazzo dove hanno soggiornato capitani d’industria, grandi star del cinema e teste coronate. La vista dalle camere, da bar e ristoranti, o dalla piscina a sfioro, è considerata tra le più belle al mondo.
Qui dove dimora lo stile, l’executive chef Armando Aristarco propone un’attenta selezione di produttori (alcuni dei quali citati in questo articolo) e crea i suoi piatti utilizzando solo il meglio che l’intera area può offrire in nome della dieta mediterranea, alla quale l’albergo dedica anche appuntamenti specifici per onorarla e diffonderla. La «Mediterranean diet» è sì patrimonio dell’umanità, ma le sue radici vanno sempre ricordate, a noi per primi.

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