Pechino, aumento “contenuto” della spesa militare ma i conti non tornano
Il governo di cinese durante la seconda sessione annuale del 14° Congresso nazionale del popolo, tenutasi il 5 marzo, ha annunciato l’aumento delle spese per la difesa del 7,2% per l’anno in corso. Il nuovo budget è di quasi 1,7 trilioni di yuan, equivalenti a 236,1 miliardi di dollari, ed è sempre cresciuto negli anni avvicinandosi alla doppia cifra eccetto nel 2020, anno della pandemia, quando l’aumento fu soltanto del 6,6%, il più basso da quasi tre decenni.
La spesa militare della Cina è circa quattro volte quella del Giappone ma soprattutto è circa dodici volte maggiore di quella di Taiwan, isola considerata provincia ribelle che Pechino vorrebbe annettere.
Nella stessa sede, nei rapporti diffusi alla stampa, riguardo Taipei si parla di “riunificazione pacifica”, un termine poco consono dal momento che nell’arco del 2023 la Cina ha eseguito più di 1.700 sortite nella zona d’identificazione della difesa aerea di Taiwan, rispetto alle quasi 800 del 2021. Stando a questi numeri la spesa militare è però ancora inferiore a quella di Usa e Nato, e in effetti la vera spesa per la difesa probabilmente è superiore a quanto ufficialmente annunciato. Inoltre, si fanno i conti con gli esiti della vasta campagna anticorruzione ancora in corso che ha travolto due ex ministri della Difesa e diversi generali soltanto negli ultimi mesi.
E’ difficile capire quanto stia davvero spendendo la Cina in armi poiché, per esempio, quanto dichiarato non comprende il programma spaziale, gestito dai militari, né i fondi per la mobilitazione della difesa, tantomeno i costi operativi delle basi militari provinciali, le pensioni dei militari e neppure i finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo sui prodotti a duplice uso (civile e militare). E sono esclusi anche i soldi destinati alle organizzazioni paramilitari come la polizia armata popolare e la Guardia costiera.
Secondo il think tank dello Stockholm International Peace Research Institute, nel 2022 il budget effettivo per le spese militari in Cina era superiore del 27% rispetto a quanto dichiarato ufficialmente.
Stante che il governo ha affermato di puntare a una crescita economica di circa il 5% nel prossimo anno e che l’aumento delle spese della difesa è superiore, appare chiara la priorità del presidente Xi Jinping riguardo la conquista degli obiettivi di sicurezza del Partito comunista cinese, compreso il perseguimento della volontà di conquista di Taiwan, ma per farlo la grande nazione dovrà giocoforza rinunciare ad altro anche se per la spesa pubblica è stato annunciato un aumento dell'1,4%, dal quale dovrà essere ricavato un +5% destinato all’istruzione.
Andando a cercare i dati di un decennio fa, l’Esercito popolare di liberazione non sta godendo degli aumenti percentuali a due cifre, ma da allora la spesa per la difesa cinese si è moltiplicata di un fattore pari a 2,3.
Nel consegnare la documentazione di bilancio ai dignitari politici, il premier Li Qiang ha esortato il governo “ad attuare completamente i pensieri di Xi Jinping sul rafforzamento delle forze armate, attuare le linee guida strategiche militari per la nuova era, aderire alla leadership assoluta del partito sull’esercito popolare e lottare duramente per raggiungere l’obiettivo dei 100 anni della fondazione dell’esercito” che cadrà nel 2027, data alla quale Xi punta per dimostrare di aver realizzato “un esercito moderno”. Lo farà anche delineando una maggiore prontezza bellica attraverso l’espansione delle forze di riserva, oltre all’impegno profuso per migliorare la capacità e il coordinamento dell’industria della difesa, da sempre un po’ scoordinata e frammentata nelle grandi provincie. Si pensi, per esempio, che se attorno alla metropoli di Xi’An ci sono colossi aeronautici come Xcac e Caac, altrettanto non si può dire per la regione dello Sichuan, dove a Zigong avrebbe dovuto sorgere un altro polo che però risulta ancora in forte ritardo.
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