Dal Mondo
November 18 2022
Il ventesimo congresso del partito comunista cinese che si è svolto lo scorso ottobre ha confermato le attese sul fronte politico, consegnando al presidente Xi Jinping uno storico terzo mandato alla guida del partito. Tuttavia, sul fronte economico, il congresso non ha pienamente risposto alle aspettative dei molti investitori stranieri che si auguravano un alleggerimento significativo delle restrizioni anti Covid in Cina.
In seguito alle regole imposte dalla strategia zero Covid cinese e alle sfide geopolitiche globali, sempre più aziende stanno guardando ad altri Paesi asiatici per diversificare la propria filiera produttiva, nell’ambito di quella che è chiamata “strategia Cina + 1”. In questo contesto, un Paese in forte crescita economia come il Vietnam può diventare più di un’alternativa per ridurre la propria dipendenza da Pechino.
Durante la pandemia di COVID-19, l’economia del Vietnam si è dimostrata resiliente, registrando una crescita economica del +2.9%. Quest’anno, nonostante la crisi scatenata in Europa dall’ invasione russa dell’Ucraina, il Vietnam si riconferma come una delle economie più performanti. La Banca Mondiale ha infatti stimato un incremento del PIL del Vietnam del 7.2% per il 2022. Alla base di questa crescita possiamo identificare alcuni fattori decisivi come la stabilità politica, una popolazione giovane e il costo competitivo della manodopera.
A garantire la stabilità del Vietnam è il Partito Comunista del Vietnam, che governa il paese dal 1975, anno della riunificazione tra il Vietnam del Nord e il Vietnam del Sud. Oltre a garantire stabilità, il Partito ha negli anni favorito l’integrazione economica del Vietnam attraverso l’adesione alle principali organizzazioni internazionali come l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) nel 2007, e la sottoscrizione di numerosi accordi commerciali, sia in quanto membro dell’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (ASEAN) sia in quanto singolo Stato. Tra questi accordi commerciali spicca sicuramente l’accordo di libero scambio UE-Vietnam, che è entrato in vigore ad agosto del 2020 e che taglierà gradualmente le tariffe sul 99% dei prodotti scambiati tra i due l’UE e il Vietnam.
L’incontro tra Nguyen Phu Trong e Xi Jinping potenzia il corridoio commerciale tra Cina-Vietnam
Tra il 30 ottobre ed il 1º novembre di quest’anno il segretario generale del partito comunista del Vietnam Nguyen Phu Trong si è recato a Pechino per una visita diplomatica con il suo omologo Xi Jinping, di fatto risultando come il primo leader straniero a visitare ufficialmente la Terra del Dragone dopo il ventesimo congresso del partito comunista cinese. Nonostante rimangano divergenze tra i due Paesi riguardo alla disputa territoriale nel Mar Cinese Meridionale, i due leader si sono impegnati nel rafforzare le relazioni bilaterali tra i due Paesi, firmando accordi di collaborazione su svariati temi, tra cui la promozione commercio tra Cina e Vietnam e il potenziamento della catena di approvvigionamento.
Questo incontro è di particolare importanza per la Cina, che sta cercando di vincere la competizione per l’egemonia nell’Asia Pacifico contro gli Stati Uniti. Tuttavia, l’incontro è ancora più importante per il Vietnam, che si mette in luce come un porto sicuro per gli investitori che hanno una presenza in Cina, ma che a causa di restrizioni anti Covid e sfide geopolitiche, vogliono riposizionare la propria produzione in un Paese più stabile e dai minori costi di produzione.
Il Vietnam ha perciò legami economici e politici solidi con la Cina, che lo candidano ad essere una potenziale destinazione di investimento all’interno della strategia Cina +1. Vediamo ora quali sono i fattori che, invece, rendono il Vietnam una meta ideale per adottare questa strategia, soprattutto rispetto ad altri Paesi emergenti del Sudest-asiatico.
Il costo della manodopera è sensibilmente più basso se confrontato sia alla Cina che alla Thailandia. Inoltre, il Vietnam ha a disposizione una forza lavoro numerosa e ben istruita, rendendo il Paese un centro di produzione molto importante per le aziende dell’industria manifatturiera. Tra i settori più importanti del Vietnam troviamo quello tessile e quello della produzione di apparecchiature elettroniche, che negli ultimi anni ha attratto aziende straniere leader nel settore a spostare la produzione in questo Paese.
Due altri fattori da tenere in considerazione sono le infrastrutture e la vicinanza con la Cina. Il Nord del Vietnam confina con le regioni cinesi del Guangxi e dello Yunnan, alle quali è connesso grazie ad una importante rete di autostrade, linee ferroviarie e porti marittimi che rende raggiungibili. In particolare, la città portuale di Hai Phong e la provincia di Quang Ninh nel Nord del Paese sono due delle aree dove la maggior parte delle aziende straniere stanno aprendo le proprie fabbriche per sfruttare la vicinanza con città cinesi fondamentali per il commercio come Shenzhen, che dista meno di 1000km. Tra queste aziende possiamo citare LG, Bridgeston e Pegatron, azienda di Taiwan che produce componenti elettronici per Apple, Microsoft e Sony.
Per quanto riguarda la sicurezza, il tasso di rischio del Paese (Country Risk) del Vietnam è più basso, per esempio, rispetto alla Thailandia, che nel 2020 e 2021 è stata teatro di numerose proteste contro la monarchia reggente, o l’Indonesia, dove in alcune zone si registra il rischio di attacchi terroristici. Problemi come la corruzione, la poca trasparenza e la lenta burocrazia sono problemi che rimangono, tuttavia in Vietnam la situazione sta gradualmente migliorando, rendendolo ancora più appetibile rispetto a Paesi del Sud-est asiatico meno politicamente stabili.
Infine, per le aziende che vogliono vendere all’interno del Vietnam, è fondamentale considerare il mercato domestico. Il mercato del retail vietnamita è infatti in forte espansione grazie al fatto che può contare su una popolazione di quasi cento milioni di abitanti, dei quali la metà è under 35, e su un tasso di urbanizzazione in costante crescita.
Negli ultimi 40 anni molte società straniere hanno investito in Cina principalmente perché attratte dai bassi costi di produzione e dall’immenso mercato interno. Tuttavia, la fabbrica del mondo nel tempo si è trasformata in un Paese all’avanguardia, leader nel settore hi-tech, e con costi della manodopera sempre più alti. Questo motivo, unitamente alle interruzioni delle catene di fornitura, legate soprattutto alla politica zero Covid, ha portato le imprese straniere ad integrare le attività produttive svolte in Cina spostando parte della produzione in altri Paesi con ridotto costo della manodopera, come il Vietnam.
Sebbene, ad oggi, il Vietnam non sia paragonabile alla Cina in termini di network di filiera, opzioni di approvvigionamento, rete di infrastrutture, qualità del sistema logistico e presenza di risorse umane specializzate, e dipenda ancora in modo significativo da mercati esteri come Cina, Giappone e Corea del Sud per l’approvvigionamento di materie prime, il Vietnam, che fa della resilienza e dinamicità i suoi punti di forza, sta assumendo – specie in tale ottica di complementarità – un ruolo da protagonista tra i Paesi del Sud-est asiatico, venendo ormai considerato agli occhi degli investitori come una meta gradita grazie alla propria stabilità politica e alla sua costante crescita economica.
A cura di: Avv. Carlo D’Andrea, Vice Presidente della Camera di Commercio dell’Unione Europea in Cina