Economia
July 13 2018
Kim Jong-un ha scritto una lettera a Donald Trump. Il messaggio è arrivato il 6 luglio, ma il Presidente americano lo ha reso noto soltanto oggi. Usando un tweet. La missiva nordcoreana giunge a Washington in un momento molto delicato per il regime del giovane Kim.
Rilanciare l'economia è diventata una questione di vita o di morte, e nonostante l'interesse a sostenere il paese sia stato confermato da più parti, non è detto che si riuscirà a partire con dei progetti concreti senza il nulla osta di Trump, per il quale l'avvio della denuclearizzazione della Penisola resta un elemento prioritario della distensione.
Nella sua lettera Kim ringrazia apertamente Trump per aver deciso di aprire con lui una nuova era nelle relazioni tra Corea del Nord e Stati Uniti, augurandosi che la determinazione di entrambi a dare seguito con manovre concrete al desiderio di rafforzare l'affinità finalmente ritrovata.
Quale sia il messaggio in codice che Kim ha cercato di far arrivare a Trump non lo sappiamo, ma di certo è significativo che la lettera sia arrivata alla vigilia della visita del Segretario di Stato Mike Pompeo a Pyongyang, nel corso della quale il rappresentante statunitense ha parlato solo di quattro punti: denuclearizzazione "completa, verificabile, irreversibile"; rimpatrio delle spoglie delle vittime della guerra; pacificazione della penisola e nuovi rapporti.
I negoziati tra Corea del Nord e Stati Uniti hanno raggiunto una sorta di punto morto. Washington chiede "mosse concrete" per convincere il Congresso che "i tempi sono maturi per fidarsi di Kim", ma per ottenere questo risultato non possono prescindere dalla denuclearizzazione. Anche un accordo sul rimpatrio delle spoglie delle vittime di guerra avrebbe potuto funzionare, peccato che i rappresentanti nordcoreani non si siano presentati all'appuntamento. Difficile capire perché, ma così facendo aumenta la sfiducia, non la fiducia.
Pyongyang ha un grave problema economico. Semplicemente perché potrebbe essere talmente a corto di risorse da rischiare il collasso. Quando si parla di Corea del Nord il condizionale è d'obbligo perché dati certi sulle performance della nazione non li abbiamo. Tuttavia, proprio oggi il South China Morning Post ha pubblicato una relazione secondo cui l'interscambio tra Cina e Corea del Nord sarebbe crollato di più del 90 per cento.
Questo non significa che i flussi di esportazioni e importazioni siano stati interrotti, ma nonostante la ripresa dei colloqui tra Pyogyang e Pechino e l'impegno di quest'ultima nel voler aiutare la prima a risollevarsi economicamente, non è detto che la Cina deciderà di bypassare l'attuale regime sanzionatorio per sostenere Kim.
La guerra commerciale che vede come protagonisti Cina e Stati Uniti contribuisce a ridurre lo spazio di manovra per la Corea del Nord. O almeno per ora è così. Quando parla di Corea del Nord Pechino non smette mai di sottolineare il proprio interesse a "rimanere allineata alla posizione degli Stati Uniti", aggiungendo come fino a quando il dialogo rimarrà trasparente e sincero non si verificheranno "colpi di scena", ma è ovvio che qualora il braccio di ferro con Washington dovesse diventare insostenibile, la Cina potrebbe decidere di cambiare idea, per colpire l'America su un altro fronte particolarmente caldo.
Al momento la disputa commerciale prosegue, Pechino sta rispondendo colpo su colpo, ma la speranza è quella di far rientrare l'offensiva americana prima che sia troppo tardi. E in quest'ottica va letto il White Paper con cui la Cina sottolinea i progressi fatti relativamente al rispetto delle regole del commercio internazionale stabilite in sede WTO e l'appello ai media a moderare i toni per non far degenerare questo contrasto di natura commerciale in una guerra di insulti.
Sulla stampa nordcoreana sono settimane che si alternano articoli che parlano della necessità di rilanciare la rivoluzione e della sacralità del modello socialista locale, l'unico che, guidato da un grande leader come Kim Jong-un, può regalare alla nazione un futuro di prosperità e benessere.
Peccato che la popolazione stia sempre peggio, e continuando di questo passo retorica e propaganda non basteranno più a calmare gli animi di una nazione sempre più affamata. Che fare? Pyongyang ha cercato di appoggiarsi alla Cina e alla Russia, ma al momento entrambe sembrano essere propense a non pestare i piedi agli Stati Uniti, aspettando con pazienza qualche segnale sul fronte della denuclearizzazione per intavolare un dialogo economico.
Nel frattempo, Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale, Banca Asiatica di Sviluppo e varie altre istituzioni che operano nel mondo della cooperazione hanno confermato il proprio interesse ad aiutare la Corea del Nord ad uscire dall'impasse economica in cui si trova, mettendo a disposizione finanziamenti, progetti e capacità di realizzarli. L'obiettivo è convincere Pyongyang che un futuro di pace è conveniente per tutti.
Fino a quando la comunità internazionale rimarrà compatta nel sostenere che la denuclearizzazione (completa o parziale non importa) debba precedere la normalizzazione, è possibile che prima o poi Kim deciderà di muoversi in tal senso. Se però, anche a causa di altri contrasti, questa visione comune comincerà a vacillare, Kim sarà certamente il primo ad accorgersene e ad approfittarne, e i risultati ottenuti fino ad oggi verranno buttai al vento.
Gli Stati Uniti sono avvertiti: tirando troppo la corda con Cina e Russia rischiano di compromettere la pace coreana.