Lucien Laviscount nel film "This time next year" (Foto: Notorious Pictures)
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This time next year, intervista all'attore Lucien Laviscount - Video

Dalla serie tv sentimentale Emily in Paris, che gli ha regalato il successo, alla commedia romantica This time next year, dal 14 novembre al cinema distribuita da Notorious Pictures. Lucien Laviscount continua la sua esplorazione delle relazioni affettive, in uno dei momenti più fulgenti della sua carriera.

32 anni, britannico del Lancashire con padre nativo di Antigua, Lucien Laviscount è nel mondo dello spettacolo sin da quando era un bambino, quando già partecipò a pubblicità e show televisivi, ma è solo con la serie tv di Netflix che la sua popolarità è esplosa.

Lui è grato e sorridente, anche se resta deliziosamente affabile e con i piedi ben piantati per terra. In This time next year, tratto dal libro di Sophie Cousens, interpreta Quinn Hamilton, un giovane e ammaliante uomo d’affari che sembra avere tutte le fortune ma che in verità ha a suo carico, sin da quando era ragazzino, le ombre della madre.
Durante la notte di Capodanno, allo scoccare dei suoi 30 anni, incontra casualmente Minnie Cooper (interpretata da Sophie Cookson), colei che, un trentennio prima, nacque a pochi minuti di distanza da lui, durante il Capodanno, nello stesso ospedale. Da allora, però, le loro vite hanno preso direzioni opposte.

Alla regia di This time next year c’è il britannico Nick Moore, uno che di commedie romantiche se ne intende bene: è stato il montatore di film cult come Notting Hill e Love actually.

Ecco la nostra video-intervista a Lucien Laviscount.

Lucien, cosa ti è piaciuto di più nel lavorare a This time next year?

«Per prima cosa: abbiamo girato la maggior parte del film a Roma. Era la mia prima volta a Roma ed è stato magico, con una troupe fantastica. Quindi, sì, prima di tutto la location. Ma è stato meraviglioso anche lavorare con Nick Moore. Stava dietro il monitor a guardare la ripresa, a volte era in lacrime, a volte dava dei feedback incredibili. Ha creato sul set un'esperienza davvero bella che rifarei ancora e ancora e ancora. Siamo diventati molto uniti sul set. Mi piacerebbe rivivere quei momenti ogni giorno. Ora li sto rivivendo dentro la mia testa e già solo il ricordo mi fa sorridere».

Le commedie romantiche sono cadute in disgrazia rispetto al loro periodo di massimo splendore, più di due decenni fa. Come te lo spieghi?

«Non so se sono davvero cadute in disgrazia, secondo me no. Il modo di realizzare commedie romantiche oggi è diverso, rispetto al passato, perché la società è cambiata. Forse siamo un po' più duri con noi stessi. Penso che This time next year metta in discussione proprio questo aspetto. Esplora i toni dell'oscurità nei viaggi di ciascuno dei personaggi e i problemi che hanno personalmente, ma il modo in cui alla fine i protagonisti si congiungono dà speranza. Credo che le commedie romantiche siano proprio questo: film di speranza che ci danno l'opportunità di provare speranza, di sapere che il domani può essere migliore e che non dobbiamo vivere così tanto nell'ombra. Portano luce e amore nel mondo. E se le commedie romantiche sono davvero morte, io sono qui per la loro rinascita. Riportatele indietro».

Lucien Laviscount e Sophie Cookson nel film "This time next year" (Foto: Notorious Pictures)

“È reale solo se gli permetti di esserlo”: è la frase che si ripete Minnie in This time next year per affrontare le sue paure. C’è una frase che ti ripeti come frase motivazionale o per tranquillizzarti?

«Sì, a volte se divento un po' ansioso o rimugino troppo mi dico “il 50% in meno”. “Il 50% in meno” per me significa dire a me stesso: “respira, non è un grosso problema come pensi, se non puoi cambiare quello che succederà allora smetti di stressarti”. Mi dico semplicemente “il 50% in meno”: per me ha senso ma non so se lo ha per qualcun altro. Con me funziona, mi rasserena e mi permette di avere una prospettiva diversa».

Nelle note del film si legge che per prepararti alla parte il regista Nick Moore ti ha dato come riferimento il film Partita a quattro di Lubitsch, con Gary Cooper. Puoi raccontarci?

«Era all’inizio della lavorazione quando abbiamo avuto questa bella discussione. Nick Moore, con grande perspicacia, mi ha dato quell’indicazione perché avessi qualcosa che intanto mi risuonasse dentro, per vedere come si allineava con il personaggio di Quinn e anche per vedere Quinn attraverso la prospettiva del regista, non solo attraverso il fantastico libro che ispira il film. Moore ha voluto dargli vita in un modo diverso. Il riferimento a Gary Cooper in Partita a quattro è stato una fonte magica a cui attingere per entrare nel ruolo».

Quali sono gli attori a cui ti ispiri?

«Ci sono così tanti attori che sono fonte d’ispirazione, anche se in realtà ultimamente adoro guardare Ryan Reynolds. Ha un modo incredibile di trovare umorismo e luce nei momenti più bui. È un set di abilità straordinario da avere, soprattutto quando lo vedi in una scena in qui interpreta l'intenzione opposta. Gli conferisce così tanti strati diversi, è così interessante da guardare. Sì, Ryan Reynolds. Non so perché non l'ho mai detto prima, è bizzarro, ma lo terrò presente in futuro».

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