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March 01 2015
Clara Sereni si racconta in un libro denso e profondo eppure, per piacevolezza di stile, leggero. Libera i ricordi a partire da un momento preciso della sua giovinezza: 1968, una casa presa in affitto nel centro di Roma che diventa in breve simbolo di emancipazione ed epicentro di vita: Via Ripetta 155. Ne seguiamo l'evoluzione fino al 1977, quando l'avvento di una nuova stagione (politica, sociale, privata) colorerà di nuovi simboli l'orizzonte affettivo della scrittrice.
Pochi soldi, molti amici, infinite speranze: la protagonista si barcamena fra dattilografia e lotta di classe, canzoni di protesta e forzati esperimenti di casalinghitudine, amore libero e manifestazioni di piazza, gruppi di discussione e discussioni di gruppo, festival del cinema e film semiclandestini, lavoro al sindacato, traduzioni e primi abbozzi di scrittura nel campo del racconto di fantascienza. Insomma una vita ricca e affatto quieta, col suo bel carico di felicità e dolori e l'impressione di stare attraversando il gran fiume della Storia. Con un piede dentro e l'altro fuori.
Fra i molti motivi che mi porterebbero a consigliare questo libro a chi ama la buona letteratura - la scrittura limpida e appassionata, capace di luminosi squarci di complicità non solo femminile, la sensibilità storica in presa diretta su anni fondamentali per la storia italiana del dopoguerra, il viaggio dentro la musica popolare nell'ambiente fervidamente creativo del Folkstudio romano di fine Sessanta, narrato attraverso l'amicizia con alcuni dei suoi artefici come Giovanna Marini e Luigi De Gregori, e perfino con un cameo del vate Francesco - ne scelgo uno solo apparentemente laterale.
Clara Sereni libera sottotesto la trama inconscia delle scelte che hanno contrassegnato la sua vita, lasciando in dote al lettore una sensazione di strana serenità, mischiata a quella malinconia che "sempre accompagna la fine delle esperienze intense". Come ha scritto Paolo di Paolo, autore del bel libro-domanda ambientato nell'Italia degli anni Novanta e Duemila (Dove eravate tutti), dalla generazione di padri che fecero il Sessantotto i più giovani hanno ereditato un senso di nostalgia e disincanto spesso autoreferenziale, in odor di cinismo. Non qui però, non in via Ripetta dove la giovane inquilina lottava contro il sistema ma anche contro i vuoti d'anima e i capricci dello scaldabagno.
La vita di Clara si può leggere come un romanzo perché lo scarto tra eroe ed errore è percepito come irrisorio, addirittura irrilevante, racchiuso tra due erre capricciose. A partire dal rapporto con un padre così ingombrante, il dirigente del Pci Emilio Sereni, personaggio pubblico devoto al partito ma soprattutto educatore dalle sovrumane capacità dialettiche, fino alla morte del gruppo (le discussioni su una ciliegia avevano sostituito la politica), non c'è mai uno sguardo distante o sentenziante. Risaltano invece fra queste pagine le debolezze e le contraddizioni di una donna sbalzata dal destino, all'età giusta dei vent'anni, nel cuore di una città spazzata dai venti del cambiamento.
Interpretavo il ruolo del punto fermo e invece ero in balia delle onde, "mi sentivo intelligente e progredita ma ero solo cieca e stupida", ammette la scrittrice dopo aver pensato davvero di essere felice. Le utopie libertarie e le idealità collettive non costituiscono in Via Ripetta 155 il tribunale a cui appellarsi per giustificare le scelte e i ripieghi, nostalgie e rancori, ingenuità ed errori, l'opaca percezione dei presagi del futuro. La vita ghermì Clara Sereni dal lato bello e da quello brutto, come a quasi tutti succede. Dentro di sé il senso del dovere e la spinta libertaria, la voce dell'ego e quella del "noi" condividono lo stesso spazio, in un conflitto interiore che probabilmente prosegue ancora oggi senza vincitori né vinti.
Via Ripetta 155 è anche il racconto della costruzione di un amore, un amore destinato a durare poi trent'anni. Il passaggio dalla coppia aperta alla convivenza fino al rito di (non) matrimonio si accompagna alla dialettica dell'appartenenza: famiglia-gabbia, radici ebraiche, nuova famiglia allargata. E proprio il sogno di edificare un nido senza cedere alla tirannia del possesso, cioè senza rinunciare all'ideale del proprio tempo, costituisce la svolta esistenziale e "privata" del memoir.
La svolta collettiva di quegli anni è invece ormai scritta nella storia. Il punto di vista di Clara Sereni aggiunge un prezioso, delicato tassello al racconto di una generazione che comincia solo adesso ad aprirsi, almeno in campo letterario - penso a romanzi come Il desiderio di essere come tutti di Francesco Piccolo e L'uso della vita di Romano Luperini. La scintilla della generazione a cui Clara appartiene, in meno di un decennio è stata travolta dalla violenza. I suoi semi sono ancora in giro, a saperli cercare. L'elaborazione del lutto, tuttora in corso.
Clara Sereni
Via Ripetta 155
Giunti
202 pp., 14 euro