Dal Mondo
March 07 2022
La montagna ha partorito un topolino. Dal terzo round dei colloqui tra le delegazioni russa e ucraina che si sono tenuti in Bielorussia è emerso un dato che accende la speranza per la sorte dei civili, ma lascia aperti tutti i dubbi mai dissipati in questi giorni.
I corridoi umanitari verranno migliorati «tecnicamente» per renderli effettivamente funzionanti e praticabili. Si aspetta ora di vedere se davvero si supereranno tutti i reciproci sospetti che hanno inquinato l’atmosfera di questa nuova seduta negoziale. Proprio il mancato funzionamento dei corridoi umanitari, sui quali era stato stabilito l’accordo nell’ultimo colloquio, è stato al centro del dibattito.
La Russia ha continuato a sparare sui civili senza rispettare la tregua stabilita e ha dato poi il via ad un’azione respinta da Kiev: nuovi corridoi umanitari sono stati aperti, ma il loro percorso era diretto in Russia o nel territorio dell’alleata Bielorussia. La beffa non ha certo contribuito ad alleggerire gli animi, assieme alle accuse di Mosca, secondo le quali è stata la parte ucraina a non attivare adeguatamente i corridoi.
Dopo questo terzo incontro, si spera che finalmente a questi gravi «errori» si possa rimediare. Gli animi erano comunque molto tesi, a causa anche del «carico da novanta» rappresentato da alcune anticipazioni fatte dalle parti prima che i colloqui si aprissero. Se è vero che in ogni negoziato ognuno dei partecipanti deve essere disposto a cedere almeno su uno dei punti posti come base dello stesso, Kiev sembra disponibile a fare uno sforzo sulla questione dell’adesione alla Nato.
Avevano fatto ben sperare le parole del negoziatore ucraino David Arakhamia, che aveva indicato la questione sulla quale forse poteva aprirsi uno spiraglio, dopo tanti fallimenti. Arakhamia, che è leader del partito di Volodymyr Zelensky nel parlamento di Kiev e la cui posizione può essere dunque considerata vicina a quella dello stesso presidente ucraino, alla vigilia del nuovo incontro si era dichiarato disponibile «a discutere alcuni modelli non Nato».
Tradotto in parole semplici, Kiev vorrebbe discutere a un livello più ampio, non solo in incontri bilaterali con la Russia, un sistema di «garanzie dirette da parte di Paesi come gli Usa, la Cina, la Gran Bretagna e la Francia». Un modo per ribadire la propria indipendenza senza «indispettire» ulteriormente il presidente Putin e per cercare di strappare un accordo.
Le questioni sulle quali è invece impossibile mediare, è stato chiarito immediatamente, sono quelle territoriali. L’Ucraina non è e non sarà mai disponibile a riconoscere l’annessione da parte della Russia della Crimea e a cedere le «porzioni» separatiste del Donbass, autoproclamatesi repubbliche indipendenti. «Questo non è accettabile per la società ucraina, non sono i politici ma il popolo che non vorrà mai che accada».
Di contro, la posizione russa è rimasta irremovibile. Anche il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, aveva anticipato e ribadito le richieste avanzate già prima dell’esplosione su ampia scala del conflitto. Aveva anche voluto rendere, nella sua ottica, la proposta appetibile, specificando: «Se le condizioni venissero accettate, noi fermeremmo la guerra in questo istante».
I punti sui quali la Russia non arretra sono ben noti: riconoscimento ufficiale della Crimea come parte della Federazione russa, riconoscimento dell’indipendenza dei due oblast del Donbass (Lugansk e Donetsk) e inserimento nella Costituzione ucraina della «clausola di neutralità» rispetto alla Nato. Tutte questioni, comunque, che le parti coinvolte intendono discutere a livello più ampio, lasciando i soli aspetti tecnici e logistici al tavolo in Bielorussia.
Intanto, sulla spinosa richiesta di entrata nell’Ue da parte dell’Ucraina, la discussione si terrà nei prossimi giorni, nel corso di un summit a Parigi, come annunciato dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Secondo indiscrezioni, però, Germania e Paesi Bassi si oppongono alla spinta di accelerazione che si vorrebbe imprimere al processo di entrata del Paese. I tempi, insomma, non sarebbero maturi per «accorciare» il percorso dell’Ucraina nell'Unione europea.