Ecco materialmente come arrivano le armi Usa all'Ucraina
Ora che gli usa hanno votato a favore per l’invio di nuove grandi forniture di armi all’Ucraina, le domande più logica che nascono sono due. La prima: come gli Stati Uniti potranno accelerare la produzione. La seconda: come si può far arrivare in fretta il materiale bellico alla Difesa di Kiev. Sulla prima la risposta esiste ed è un programma che la politica di Washington ha già votato consentendo rapidi approvvigionamenti dei materiali, accorciando i tempi burocratici per le autorizzazioni.
Già alla metà di febbraio Lockheed Martin e Raitheon si erano predisposte per aumentare la produzione dei suoi sistemi d'arma per soddisfare l'aumento della domanda in un contesto di crescenti preoccupazioni per la sicurezza, a cominciare dalla necessità di riportare le riserve stoccate negli arsenali nazionali ai livelli precedenti all’aprile 2022, quando cominciarono le spedizioni all’Ucraina. Lockheed Martin è sulla buona strada per raddoppiare la produzione dei suoi sistemi missilistici di artiglieria ad alta mobilità (Himars), peraltro già aumentata da 48 a 60 unità all’anno nel 2021, e si è posta lo scopo di raggiungere la capacità di 96 entro la fine del 2024. La difficoltà, in questi casi, è la certificazione dei fornitori e l’eliminazione dei “colli di bottiglia” nella catena degli approvvigionamenti, che ha comportato anche il tornare a produrre negli States alcuni microprocessori.
La produzione di Javelin, il sistema missilistico anticarro utilizzabile sia da piattaforma di lancio, sia come portatile (spalleggiabile), è aumentata a 2.400 unità l'anno e si prevede che raggiunga le 3.960 entro la fine del 2026. L’azienda quest’anno consegnerà più di 10.000 sistemi di razzi a lancio multiplo guidato (Gmlrs) e mira ad arrivare a 14.000 l’anno nel 2025. Sono soltanto alcuni esempi di quanto sta accadendo, ma danno l’idea di un’economia che rasenta molto quella di “guerra” e che negli ultimi due anni ha dovuto recuperare le capacità di produzione dopo un quarto di secolo durante il quale i conflitti asimmetrici (come Iraq e Afghanistan per intenderci), non necessitavano di grandi numeri.
Su come sia possibile farle arrivare, il problema è essenzialmente in quello che viene definito “l’ultimo miglio”, poiché fino all’Europa, mediante aerei cargo militari, gli equipaggiamenti viaggiano tra gli stabilimenti e le basi Nato occidentali. E in questa fase un’aggressione sarebbe considerata un atto di guerra, anche se nella storia non sono mancati incidenti sui quali è calata una cortina a protezione di quanto è stato perduto.
Rispetto a quanto avviene per l’aviazione civile, che detta regole molto rigide per il trasporto di esplosivi per esempio sugli aeroplani, in ambito militare si applicano protocolli differenti. In questa fase il problema è essenzialmente quello di limitare la visibilità dei trasporti, in modo da non permettere all’intelligence russa di stimarne le quantità e le tipologie. E per questo, nonché per la capacità di saperne maneggiare dal punto di vista logistico, sono i militari a occuparsene direttamente.
Una volta arrivate in diverse basi situate in Europa nasce il “problema”, che però vede le forniture essere frammentate per abbassare il rischio di tracciamento e aumentare il numero e le destinazioni delle consegne, tipicamente attraverso i confini polacchi, ma non soltanto, su strada come su ferrovia, navi e aeroplani. Da quella posizione, il confine ovest dell’Ucraina, in assoluta segretezza i lotti proseguono con spedizioni sovente anonime (che appaiono civili) e arrivano ai differenti arsenali e reparti. I servizi di intelligence di ambo le parti in guerra giocano un ruolo importantissimo, vengono tracciate le comunicazioni incluse quelle telefoniche (russi e ucraini usano l’intercettazione e l’analisi delle celle telefoniche e delle reti wifi per comprendere quanti telefoni sono collegati e stimare il numero delle persone presenti nell’area coperta), vengono segnalati i numeri ricorrenti e correlabili a quelli di chi segue le forniture militari. Si tratta di un lavoro complesso nel quale ogni mezzo viene sfruttato, dai satelliti ai virus informatici per trovare tracce di spedizioni inserite nelle reti. I metodi vanno dalle indagini fatte manualmente fino all’uso di algoritmi e di intelligenza artificiale e si ricorre anche alla creazione di false piste o a far ritrovare forniture false per far “passare” quelle più importanti. L’accettazione formale dei sistemi d’arma avviene prima del trasporto e in alcuni casi addirittura presso il costruttore, che per questo applica protocolli di sicurezza molto avanzati. Peraltro, in questo caso si tratta di standard minimi imposti dalla Nato a tutte le nazioni che ne fanno parte. Ingannare il nemico è una delle tattiche più antiche e celebri e va dal cavallo di Toia ai simulacri gonfiabili dei caccia diffusi nell’est europeo fino agli anni Novanta, quando gli obiettivi ottici dei satelliti non erano avanzati come gli attuali.
Ciò che all’occhio può sfuggire, difficilmente viene occultato alle analisi termiche o multispettrali. Potrebbe sembrare un film di cassetta, ma ci sono specialisti addestrati – e ben pagati - che se ne occupano tutti i giorni.
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