Come investire nella transizione energetica e nell’economia circolare

Nella prime due puntate abbiamo mostrato la relazione fra emissioni di CO2, aumento delle temperature e cambiamento climatico, come gli investimenti necessari per attuare la transizione energetica e andare verso un’economia più sostenibile siano ingenti e il perché il mondo sia in ritardo, ma anche come i risultati si vedano e siano molto concreti là dove le cose si stanno facendo in modo serio da oltre 15 anni (Europa). E poi come le aziende abbiano ben capito le opportunità di business multi-decennali che la transizione energetica e l’economia circolare portano con sé, dimostrato dalla rapida evoluzione di nuove tecnologie e modelli di business, dall’aumento del numero di B-Corps nel mondo e dalla normativa (europea) che continua a spingere in tale direzione.

Oggi chiudiamo il “trittico” mostrandovi tre metodologie di investimento che riteniamo valide e che sono disponibili per chi è interessato a questi temi. Il panorama è infatti piuttosto ampio andando da semplici filtri ESG / strategie “best in class”, super disponibili ma anche relativamente poco utili allo scopo finale, fino all’investimento tematico e quello a impatto che sono senza dubbio le forme più adatte.

  1. Investimento azionario tematico quotato: esistono numerosi fondi che cavalcano il tema della transizione energetica e dell’economia circolare che investono in aziende listed attive in questo campo. Bnp Paribas, Swisscanto, Pictet, Schroders, Fidelity, Nordea, Vontobel, RobecoSam, Candriam, Decalia sono tutti asset managers che offrono prodotti validi in quest’area. Riteniamo interessante il tema oggi, sempre in un orizzonte di lungo termine visto che parliamo di equity, perché le valutazioni di queste società sono basse (attorno al 8 di Ev/Ebitda come il grafico di Schroders ci mostra, inferiori in media del 30% al mercato complessivo) visto che l’attenzione è su altri temi al momento (tecnologia, AI, cloud, ecc), e perché sono a sconto sulle loro valutazioni storiche (lo sconto medio rispetto ai massimi raggiunti nel 2021 in area 16 è oggi quasi del 50%). Le complicate vicissitudini degli ultimi 3 anni che le società operanti in questo campo hanno vissuto (problemi lato costi per eolico a causa di aumento prezzi dei metalli, rapida salita dei tassi di interesse che ha cambiato la validazione di molti progetti su rinnovabili, ritardi nel passaggio a mezzi di trasporto elettrici, mancato appoggio lato regolamentare in paesi quali gli Stati Uniti, solo per citarne alcune) potrebbero essere alle spalle e le condizioni sono in miglioramento.

  1. Investimento azionario non quotato: i fondi chiusi di private equity e/o di infrastrutture sono un veicolo ideale per investire nei due temi che ci stanno a cuore visto che hanno per natura un orizzonte di investimento di lungo periodo (tipicamente 10 anni) che ben si sposa con i tempi necessari per la transizione energetica e le modifiche necessarie ai nostri modelli economici per renderli più circolari. A livello di numerosità i prodotti disponibili sono inferiori, ma la potenza di fuoco è molto elevata visto che spesso si tratta di fondi di dimensioni medio / grandi che in alcuni casi raggiungono o superano i 10 miliardi di dollari di masse gestite. Alcuni esempi di gestori in questo campo sono fra i big Ardian, Brookfield, Blackstone, KKR, Macquarie, Partners Group, mentre players come Energy Infrastructure Partners, Impax AM, Mirova, Triodos, Vauban e gli italiani Ambienta e Tages sono esempi di operatori molto specializzati nell’area. Alcuni di questi players fra i quali i francesi di Mirova o gli inglesi di Impax offrono anche fondi ad impatto che quindi hanno come obiettivo primario quello di generare un impatto ambientale (o sociale) accanto a quello di rendimento economico. I fondi chiusi di private equity o di private infrastructure sono tipicamente riservati a investitori istituzionali o HNWI vista anche l’illiquidità; oggi sono in alcuni casi disponibili anche per investitori di dimensioni più ridotte attraverso lo strumento europeo dell’ ELTIF.
  1. Obbligazioni green, sostenibili, sociali e sustainability linked: qui parliamo invece di investimenti su bond con di conseguenza un grado di rischio inferiore, attraverso i quali si va a finanziare un’azienda o un’istituzione finanziaria o un governo che utilizzerà i fondi raccolti per attività che potranno avere impatti positivi lato ambiente, lato sociale, lato riduzione delle emissioni, lato biodiversità, lato efficienza energetica, lato riciclo e recupero di materiali ecc.

Questo mondo è in grande sviluppo con sempre più issuance come vedete dal grafico di Climate Bond Initiative che vi mostra le emissioni fatte anno per anno in Europa. Anche il 2024 è iniziato bene e dovrebbe in proiezione portare al nuovo record assoluto.

Le emissioni sono migliaia, costruite in modo differente visto che gli standard sono ancora in evoluzione a livello internazionale. E’ quindi molto importante avere una buona capacità di analizzare i prospetti delle emissioni e verificare l’obiettività dei target che gli emittenti si sono dati (i migliori oggi sono quelli basati sugli SBTIs ovvero su dei target basati su criteri oggettivi di tipo scientifico misurabili). Le alternative sono quindi a mio parere due: utilizzare un data provider che faccia un’analisi approfondita su ogni singola emissione e qui l’italiana MainStreet Partners è la leader di mercato oppure utilizzare fondi o ETF che investano su questo tipo di obbligazioni, delegando quindi al gestore la selezione.

Stay tuned , fra due settimane cambieremo argomento e parleremo di ETF attivi, la nuova categoria di strumenti finanziari in forte espansione.

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