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June 08 2018
Il vertice di Singaporedel 12 giugno tra Kim Jong-un e Donald Trump sarà un successo. Del resto, i due leader non si sarebbero mai incontrati in un faccia a faccia dalla portata storica senza aver precedentemente concordato la posizione comune da raggiungere nel corso del Summit.
Più si moltiplicano i segnali che confermano la convinzione che nulla potrà andare male a Singapore, più gli analisti si interrogano su quali possano realmente essere gli obiettivi di lungo periodo di Kim Jong-un, se stia in qualche modo bluffando, quali saranno le sue priorità una volta firmato il Trattato di Pace con il Sud, e se la Corea del Nord si trasformerà mai in un attore responsabile sullo scacchiere internazionale.
Quando Kim e Trump si ritroveranno uno di fronte all'altro si confronteranno su tre temi: il Trattato di Pace che potrebbe finalmente chiudere la Guerra di Corea; la denuclearizzazione della Corea del Nord, e sulla stesura di un programma di aiuti pensato per "migliorare la qualità della vita della popolazione".
Dal momento che il Trattato di Pace lo vogliono un po' tutti, possiamo orai dare per scontato che alla fine del vertice verranno resi pubblici nuovi dettagli sulle modalità con cui questa pace verrà negoziata. Relativamente alla denuclearizzazione, invece, Trump ha già fatto un passo indietro sulla formula "completa, irreversibile e verificabile", quindi relativamente a questo tema l'esito più probabile è che i due leader trovino un compromesso su una progressiva messa in disuso (ma non smantellamento) dell'arsenale di Kim.
La formula perfetta per permettere a Kim di accettare di rinunciare formalmente all'uso delle sue armi senza perdere la faccia con un paese che considera oggi la Corea una potenza nucleare. Del resto, è stato proprio Kim Jong-un il primo ad annunciare al suo popolo che "l'era degli esperimenti si era conclusa" in quanto le capacità necessarie "per colpire gli Stati Uniti in caso di minaccia" erano state acquisite. Unico problema: un compromesso di questo tipo richiede fiducia reciproca. E siamo sicuri che Kim goda della fiducia incondizionata dei suoi interlocutori?
Possibile che Trump abbia deciso di rinunciare all'improvviso a quelle che fino a pochi giorni fa aveva definito condizioni inderogabili pur di non far saltare il dialogo? Vedendo come il Presidente americano si muove su altri tavoli, questa interpretazione appare debolissima. L'unica giustificazione plausibile è che i collaboratori di Cina, Stati Uniti e Corea del Nord abbiano trovato un compromesso su un altro punto molto delicato: quello della proliferazione nucleare.
La Corea del Nord vende armi a tutti quei paesi che la comunità internazionale cerca di emarginare, e con i profitti generati da questo commercio illegale ha foraggiato il suo programma nucleare. Ebbene, è possibile che l'ammorbidimento di Washington sulla denuclearizzazione coreana sia avveuto a fronte della promessa coreana di interrompere questi scambi, partendo dalla Siria. Mossa che non danneggia Kim, anzi, contribuisce a rafforzarne l'immagine di leader responsabile.
Le concessioni di Kim sul fronte militare devono però essere in qualche modo ricompensate. Come? Concedendogli tutto l'aiuto economico di cui ha bisogno sia per il paese, sia per mantenere la sua stessa legittimità di leader. I coreani sonno abituati a vivere nel terrore e nella povertà estrema, quindi il problema non sono loro, ma le élites, quelle che, in una congiuntura sfavorevole in cui le risorse diventano scarse, perdono privilegi. Situazione che nel medio periodo potrebbe indurle a ribellarsi.
Se queste sono le dinamiche che hanno portato Kim a salvare l'incontro di Singapore dopo che Trump lo aveva annullato, quale è il vero piano di Kim? Quali sono le sue priorità, e soprattutto, in che tipo di paese vuole trasformare la Corea del Nord?
Kim ha certamente paura di perdere il controllo sulla classe dirigente. E probabilmente è di questo che ha parlato con Xi Jinping a Dalian. Ricevendo consigli molto prevedibili, ovvero che per stare tranquilli è necessario circondarsi di collaboratori molto fedeli. Detto fatto: questa settimana in Corea del Nord sono state tagliate un altro paio di teste (questa volta, per fortuna, solo metaforicamente, ed è bene specificarlo perché in Corea del Nord non si sa mai...). Falchi sostituiti da giovanissimi molto vicino a Kim. Non c'era modo migliore per assicurarsi lealtà e sicurezza.
Kim si sta mettendo in contatto un po' con tutti i paesi del mondo. Parla con tutti, e sembra intenzionato a continuare a farlo. E' possibile che il suo obiettivo sia quello di dimostrare al popolo di essere il leader cui è stato internazionalmente riconosciuto il merito di aver riportato la pace in Corea, un leader che è stato in grado di negoziare alla pari con le più grandi superpotenze del pianeta, che infatti fanno a gara per incontrarlo. L'uomo del grande cambiamento, un cambiamento di cui, però, potrà beneficiare l'intero paese.
Perché, oggi, possiamo finalmente dormire sonni tranquilli in merito al futuro della Penisola coreana? Come facciamo ad essere certi che Kim Jong-un non sta bluffando? Semplice, la posta in gioco è ormai diventata troppo alta e lui ha troppo da perdere, quindi non può più tirarsi indietro. E per cancellare ogni dubbio basta leggere l'interpretazione di questa fase di distensione che i media nazionali offrono al popolo: non si parla solo di dialogo, non solo si nominano gli Stati Uniti come interlocutore affidabile, ma si racconta di un processo di pace iniziato da Kim con il suo discorso di capodanno il 1 gennaio 2018 accolto con favore dall'intera comunità internazionale. Ora che tutto è stato messo nero su bianco, nessuno può più perettersi di tirarsi indietro.