Economia
April 10 2015
Vietato parlare di crisi finanziaria? Ora non più. Certo, di gufi in giro se ne trovano sempre molti, ma non ai piani alti delle principali banche d’affari dove prevale una certa dose di prudenza, camuffata da un cauto ottimismo.
Questo però, valeva fino a ieri. A infrangere il tabù, almeno dalle stanze dei bottoni di Wall Street, è stato Jamie Dimon, numero uno di JP Morgan Chase, una delle banche d'affari più importanti degli Stati Uniti D’America.
Il banchiere, uno dei più potenti negli States, che solo pochi mesi fa ha completato un ciclo di trattamento per un cancro alla gola ed è tornato ad apparire in pubblico, nell’ultima lettera annuale agli investitori si è cimentato in un esercizio mentale per immaginare cosa potrebbe accadere in un’eventuale prossima crisi finanziaria di portata globale che sarà caratterizzata, scrive Dimon, da "mercati più volatili" e da "un rapido deprezzamento delle valutazioni". Detto altrimenti, listini in picchiata.
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Cosa dicono i gufi
Non è il primo, dicevamo, a suonare il campanello d'allarme. Pochi mesi fa a indossare le vesti di Cassandra sono stati due guru della finanza. L’economista britannico George Magnus, in forza alla banca svizzera UBS, aveva previsto lo scoppio della bolla dei subprime. Lo scorso anno, in un report, ha scritto che l'attuale calma sui mercati è la classica "quiete prima della tempesta", terribilmente simile a quella che portò alla crisi dell'autunno del 2008.
C'è da toccare ferro. Soprattutto se si va a rileggere anche quanto scriveva il suo collega francese Jacques Attali, che sul settimanale L’Express haprofetizzatolo scoppio di una crisi finanziaria, tra le peggiori degli ultimi decenni secondo l’esperto, con conseguenze molto dure in Europa.
Quando? Nel 2015. Le crisi a portata globale, ha fatto notare l'economista francese, negli ultimi trent'anni si sono ripetute ogni sette anni: 1987 (il Dow Jones perse il 22,6% in una sola giornata); 1994 (crisi della valute emegenti); 2001 (scoppio della bolla dot.com); 2008 (bolla dei subprime negli Usa).
Dimon, nel suo esercizio mentale, è più cauto - visto anche il ruolo che ricopre. Pur non citando date precise, ha ricordato però lo scossone di 40 punti base registrato sul mercato valutario e dei titoli di stato USA lo scorso 15 ottobre, un mini - crash che è stato facilmente recuperato. Ma attenzione, avverte il banchiere: è il primo segnale.
Se dovesse accadere di nuovo in un ambiente stressato, le conseguenze potrebbero essere peggiori, anche perché la capacità di assorbire eventuali shock da parte delle banche è stata molto limitata dalle nuove regole su capitali e liquidità. A metterci una pezza, in futuro, saranno altri attori del sistema finanziario: hedge fund e grandi gestori di fondi di investimento, e cioè, alla fine, direttamente i risparmiatori.
Cosa temono gli economisti
Ma cosa preoccupa i guru dei mercati? La "droga" iniettata a grandi dosi dalle banche centrali in questi ultimi sette anni per far ripartire l'economia affossata dall crisi del 2008. Una cura da cavallo che ha fatto schizzare in alto i prezzi delle azioni e delle obbligazioni, i quali, stando alle attuali quotazioni, non rispecchiano affatto l’andamento dell’economia reale né in Europa né negli Stati Uniti.
Si è lodato fin troppo il Qe, ma non si è voluto pensare agli effetti collaterali: schiacciando i tassi, le banche centrali hanno spinto in questi anni gli investitori ad aumentare la propensione al rischio, comprando titoli più rischiosi, che diversamente non acquisterebbero, gonfiando così le valutazioni degli asset.
Prima la Fed, e ora la Bce, stanno producendo nuove distorsioni che potrebbero creare una nuova bolla, la quale a sua volta potrebbe sfociare nella prossima crisi finanziaria. Stavolta, però, l’epicentro sarebbe l'Europa, che di tutto ha bisogno, fuorché di una nuova crollo dei mercati finanziari.
Lo ha ricordato ieri il direttore del Fondo monetario internazionale, la francese Christine Lagarde: l'ex ministro del governo Sarkozy ha parlato di un aumento del rischio bolle in un continente in cui vi sono ancora "crediti incagliati per 900 miliardi di euro, che stanno bloccando i canali del credito nell'Eurozona".
Ma da dove nascerà la nuova crisi? Secondo molti esperti, tra gli ultimi Lagarde, partirà dal mercato obbligazionario: ha superato i 100.000 miliardi di dollari (erano 70.000 miliardi nel 2007). Un mercato dalle dimensioni colossali, 50 volte il debito pubblico italiano, che sta consentendo alle grandi società statunitensi di scaricare il proprio debito in Europa, dove il costo del denaro è più basso. La prossima bolla a esplodere sarà quella dei bond.