Tecnologia
March 17 2017
Dal primo microchip agli studi sull'intelligenza e coscienza artificiale. La storia di Federico Faggin battezza, attraversa e supera le grandi scoperte tecnolgiche del nostro secolo e del precedente.
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Lo abbiamo intervistato per capire con lui come mai un cervello straordinario come il suo si dedichi oggi alla natura della coscienza e dell'intelligenza artificiale scoprendo qualcosa di assolutamente originale.
Per chi volesse incontrarlo e conoscerlo, Federico Faggin sarà in Italia a luglio in occasione della prima edizione italiana di Campus Party (festival internazionale di innovazione e tecnologia con hackaton di talenti e creativi dalle migliori università italiane), dove parlerà della sua ultima ricerca sulla natura della coscienza tra esseri viventi e robot.
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Perché dopo tanta rivoluzione al silicio apportata nel mondo attraverso le tue invenzioni tecnologiche, dedicarsi ora completamente alla natura della coscienza e della consapevolezza?
“Perché nel riconoscere la natura della consapevolezza si evidenzia la grandezza dell’uomo contro il consenso materialista che lo riduce ad una banale macchina. Vogliamo veramente pensare che l’uomo è una macchina? Che tutto ciò che esiste è materia, e quindi anche la consapevolezza deve per forza essere una proprietà della materia? È un disservizio micidiale promuovere quest’idea che non è mai stata dimostrata. Poiché il postulato materialista non è mai stato provato, l’affermazione che la consapevolezza ha origine nella materia è una circolarità logica. Nessuno scienziato ha la più pallida idea di come la coscienza possa emergere dalla materia inanimata. E dopo aver studiato il problema per quasi 30 anni, mi sono convinto che non siamo macchine. Ci sono molte ragioni che rendono plausibile questa affermazione, anche se si tratta ovviamente di una ipotesi di lavoro.
Come possiamo definire gli esseri viventi se la consapevolezza è così fondamentale?
Penso che facciamo parte di qualcosa di molto più vasto del nostro corpo. La mia ipotesi è che l’energia di cui siamo fatti, la stessa energia che ha creato lo spazio, il tempo e la materia nel Big Bang, è consapevole e indivisibile. La meccanica quantistica è in accordo con la mia posizione, però non considera la consapevolezza una proprietà primaria della natura.
Partiamo da una definizione: cos’è la coscienza e cosa la consapevolezza?
La coscienza è la capacità di avere un’esperienza senziente, cioè la capacità di avere un’esperienza interiore basata su sensazioni e sentimenti. Sostengo che la coscienza è un aspetto irriducibile della natura. Questa è una forma di pan-psichismo, si dirà, un’idea che la scienza ha discreditato da più di un secolo. Però, per la stessa ragione per cui i fisici hanno presupposto che l’energia del Big Bang deve aver creato lo spazio, il tempo e la materia senza capire come ciò sia possibile, l’esistenza inspiegabile del nostro mondo interiore richiede che l’energia primordiale debba essere cosciente. In altre parole, quest’energia che contiene il seme dello spazio, del tempo e della materia, deve anche contenere il seme della consapevolezza. Anche le tradizioni spirituali, andando indietro ai Veda 5-6000 anni fa, parlano della consapevolezza come aspetto irriducibile della natura. Abbiamo poteri “mentali” che ignoriamo perché siamo stati condizionati ad identificarci soltanto con il nostro corpo. Un modello che inizi con questa energia consapevole può spiegare sia l’esistenza dell’esperienza esteriore, sia di quella interiore.
Come si rovescia questo punto di vista della percezione?
Mentre per i fisici è la materia che crea la coscienza, io credo che sia la coscienza a creare la materia – esattamente l’opposto. Nel mio modello, la materia rappresenta i simboli che la coscienza usa per comunicare con altre coscienze. La coscienza è ciò che traduce quei simboli in significati, e quindi il significato è al centro dell’esistenza. La vita riguarda i significati. In questa visione, le sensazioni e i sentimenti sono i portatori dei significati, anche se spesso non sappiamo distinguere il senso di ciò che proviamo perché abbiamo imparato a reprimere i nostri “feelings.” Se accettiamo di essere macchine, la vita e l’universo perdono il loro significato, esattamente come la realtà descritta dai fisici è senza senso. Mentre i simboli si possono tradurre meccanicamente in altri simboli, manipolandoli come può fare un computer, il significato di un simbolo può solo provenire dalla percezione consapevole. Solo la nostra consapevolezza ci permette di capire. E per comprendere ci vuole intuizione, un’altra proprietà della consapevolezza. La conoscenza formale e l’obbedienza delle regole non portano alla comprensione. Solo la comprensione ci fa intravvedere cosa c’è dietro alle regole. I robot sono programmati a obbedire regole, ma non avendo comprensione, non sanno né di sapere né di non sapere. Obbediscono solo il meccanismo che li anima.
Puoi spiegarci meglio la differenza tra sistemi viventi e sistemi delle macchine?
Una singola cellula vivente, ancor più di un sistema biochimico, è un incredibile sistema informatico. Come tale è solo parzialmente paragonabile ai nostri computer poiché è un sistema aperto e consapevole. Mentre gli atomi di un computer sono sempre gli stessi, gli atomi di una cellula si rinnovano continuamente. In altre parole, la struttura fisica della cellula è dinamica, e cambia da istante a istante, mentre la struttura di un computer è statica e rimane sempre la stessa. Lo stesso vale per il nostro corpo, dove ci sono circa 100 trilioni di cellule che muoiono continuamente e sono prontamente sostituite. Il nostro corpo è un sistema biologico coerente con molti livelli gerarchici, dove anche un solo protone – una particella elementare – può alterare il comportamento globale. Secondo i fisici, il comportamento di un sistema materiale è interamente determinato dalle particelle elementari che ne costituiscono gli atomi e le molecole. In altre parole, l’influenza causale va solo dal basso verso l’alto. In un sistema vivente invece, l’influenza va sia dal basso verso l’alto che dall’alto verso il basso. Questa differenza fondamentale è dovuta alla struttura coerente e dinamica dei sistemi viventi che non è ancora presente nelle macchine che costruiamo.
Allora, come studiare la coscienza?
Partendo da se stessi. La coscienza è un’esperienza in prima persona. È l’esperienza interiore che il computer non ha. Non c’è nulla “dentro” il computer, solo buio, mentre negli esseri umani c’è la luce della coscienza. La consapevolezza è una proprietà interiore che si può studiare soltanto in prima persona. La scienza pretende di studiarla in terza persona, arrogandosi il diritto di dirci cosa percepiamo. Io credo che la consapevolezza non sia una proprietà emergente di un sistema complesso (quindi un epifenomeno), ma una proprietà fondamentale della realtà, da cui scaturisce sia il mondo interno che quello esterno. In altre parole, credo che sia il mondo interno a creare quello esterno, e non viceversa.
Non possiamo dunque avere computer coscienti e consapevoli?
No, secondo me non è possibile. I computer sono solo strutture meccaniche classiche e non quantiche. Come possiamo pretendere di costruire un computer cosciente quando non sappiamo come funziona la consapevolezza? La coscienza è una proprietà qualitativa, non quantitativa. Un essere vivente non può essere separato dal suo ambiente poiché dipende in maniera fondamentale dallo scambio di materia e energia con esso. Per esempio, pensa al nostro respiro. Se smettiamo di respirare per qualche minuto siamo spacciati. Un computer è un sistema statico dove i segnali elettrici viaggiano su strade predefinite. In una cellula, sia le strade come i segnali sono dinamici. Malgrado ciò, i biologi continuano a studiare le cellule come se fossero sistemi classici, newtoniani. Invece sono sistemi informatici quantistici e aperti che devono ancora rivelare i loro segreti più reconditi. I sistemi viventi sono olistici e non riduzionistici, e il loro comportamento non si può spiegare sommando il comportamento delle loro parti. L’energia di cui siamo fatti è olistica, e l’olismo si mantiene a partire dal livello delle particelle elementari fino al livello dell’intero organismo. Una conquista incredibile! Non è cosí con le nostre macchine riduzionistiche dove la colla, per cosí dire, che unisce indissolubilmente le particelle elementari è azzerata dal comportamento statistico della materia al livello macroscopico. Questo porta all’eliminazione della catena di coerenza dalle particelle al sistema che esiste nei sistemi viventi.
E come la mettiamo con la “crescita tecnologica esponenziale della Singularity” per cui effettivamente proprio anche grazie a sue invenzioni dopo quaranta anni la tecnologia a nostra disposizione è esponenzialmente più potente e incredibilmente più economica e alla portata di tutti?
La Singularity propone un’idea che è equivalente alla favola di Pinocchio, il burattino che si trasforma magicamente in un bambino. Non c’è dubbio che un burattino più complicato rimane sempre un burattino. Allo stesso modo, un computer diecimila volte più potente rimarrà sempre un computer. Il computer non è consapevole oggi, e non lo sarà neanche domani perché la sua struttura riduzionistica non può contenere la struttura olistica della consapevolezza. Il miracolo di Pinocchio fu opera della fata dai capelli turchini, non dall’abilità del falegname Geppetto.
Ascoltando la sua riflessione sulla natura della coscienza nell’universo dei viventi, rispetto alla chimera delle macchine intelligenti, quando dice che “tutto nasce da un’energia consapevole che crea persino la materia e il tempo (Big Bang)” mi sembra di sentire la forza eccezionale che solo l’esperienza della pratica dello yoga che lavora sul respiro ci fa sperimentare.
Beh, la natura del respiro cattura secondo me l’essenza della natura dinamica più profonda della realtà. L’Uno sembra esistere al punto di incrocio tra l’essere e il non-essere; quel punto che la logica umana dice che è l’insieme vuoto. Invece quel punto dinamico che lampeggia continuamente tra esistenza e non esistenza è dove si trova il Tutto, dove l’Uno conosce e si compiace di se stesso.
C’è un libro fondamentale nella sua vita? E la poesia ha mai avuto un’influenza su di lei?
Verso la fine degli anni ’70, “Gödel, Escher, Bach – An Eternal Golden Braid – A metaphorical fugue on minds and machines in the spirit of Lewis Carroll” di Hofstaedter (in italiano, Gödel, Escher, Bach: Un’eterna Ghirlanda Brillante – Una fuga metaforica su menti e macchine nello spirito di Lewis Carroll, NDR) mi aprì certamente gli occhi, anche nella direzione della futura ricerca sulla natura della coscienza e della consapevolezza. Una lettura di grande gioia. Hofstaedter ha toccato per primo con estrema freschezza molti argomenti attorno alla consapevolezza, anche se non la nomina mai, rimanendo tuttavia all’interno dei principi meccanicistici. Riguardo alla poesia, trovo che certi passi del Daodejing (Libro della Via o della Virtù, NDR) o della Bhagavad Gita (Canto del Divino, NDR) siano assolutamente da tenere in alta considerazione proprio per la loro forza poetica che fa intravedere per un attimo il mistero della vita.
Come vede il ruolo dell’arte all’interno della natura della coscienza visto che ha profondamente a che fare con la percezione?
L’arte è una “second best,” mentre la percezione attenta dei nostri sentimenti autentici, quelli spontanei che si manifestano nel vasto presente, è l’arte sublime che ci collega alla nostra essenza. Nella comprensione dei nostri veri sentimenti, la vita si manifesta nello stesso momento. È lì che esiste l’espressione più spontanea e genuina di chi siamo. Quello è l’unico momento che rivela la nostra natura a noi stessi.
Ha mai avuto un maestro, un mentore o una guida fondamentale per la sua via?
“Purtroppo, no. Per qualche ragione ho sempre voluto fare cose un po’ fuori dall’ordinario, e quindi ho dovuto arrangiarmi da solo, provocando spesso disapprovazione nelle persone benpensanti. Sono stato ispirato invece da alcune esperienze straordinarie. Attimi, momenti in cui tocchi il magico, tocchi l’essenza della tua vera natura, esperienze mistiche, se vuoi, esperienze espansive. E’ il motivo per cui oggi ho più energia di quando avevo quarant’anni. Quando sei appassionato, trovi tutto, a partire dal tempo. Smetti di cercare perché sei soddisfatto di essere esattamente dove ti trovi.
— Il suo sguardo e le sue parole ricordano Picasso —
Sono un bambino, un vero rivoluzionario che però non ha bisogno di convincere gli altri a seguirlo. Se questa rivoluzione personale porta risultati non occorrono proseliti. Non devo mica creare l’università della consapevolezza?!
— Sorride con profonda sincerità. —
Devo solo essere me stesso, e dire le cose come le vedo. Se sono rose fioriranno”
Quando gli chiedo, prima di salutarci, dove pensa di realizzare la sua “quinta vita”, Faggin risponde elargendo un altro dei suoi sorrisi luminosissimi: “la faccio da un’altra parte in un’altra forma.”