Il deficit italiano sotto il tiro dell'Europa (ma non c'è nessuna sorpresa)

Cartellino giallo, come previsto. La Commissione Europea ha avviato la procedura di infrazione per deficit eccessivo per Roma e altre cinque capitali europee (Parigi e Bruxelles comprese). I passaggi ora sono calendarizzati, ma con un solo obiettivo per il governo Meloni: ridurre il disavanzo. Inizia la sorveglianza della politica economica di Roma che comunque passa, nella pagella europea di oggi, da una situazione di “squilibrio macroeconomico eccessivo” dello scorso anno a una situazione di “squilibrio”.

La procedura era scontata. Scatta se uno Stato membro non rispetta due parametri del Patto di Stabilità (congelato durante la pandemia ma di nuovo in vigore da inizio 2024 e riformato): il disavanzo di bilancio superiore al 3% del Pil e il debito pubblico oltre il 60% del Pil. E i conti dell’Italia sono chiari: un disavanzo del 7,4% nel 2023 spinto da quei 170 miliardi di buco prodotti dal Superbonus e bonus facciate, con una perdita di 45 miliardi (Bankitalia). E un debito pubblico di oltre il 137%. In tutto sono sei gli Stati “attenzionati” perché hanno chiuso l'anno scorso con un deficit superiore al tetto imposto dal trattato di Maastricht. Oltre a Italia e Francia (5,5%) ci sono Belgio (4,4%), Malta (4,9%), Slovacchia (4,9%), Polonia (5,1%) e Ungheria (6,7%). Si aggiungono alla Romania (6,6%), per la quale la procedura è stata avviata nel 2020 e ad oggi non ha fatto abbastanza secondo la Commissione europea.

Venerdì l’Ue indicherà poi la traiettoria di riferimento (che non sono rese pubbliche), i governi si metteranno al lavoro per presentare entro il 20 settembre i piani pluriennali di spesa e a novembre Bruxelles specificherà l’ammontare dell’aggiustamento annuo necessario. Ma il lavoro per Roma inizia subito. Le regole sono chiare. Per uscire dalla procedura di infrazione i governi devono ridurre il rapporto tra deficit e Pil dello 0,5% l'anno fino al 2027. Ma l’infrazione per deficit è anche “conveniente”. Niente interventi sul debito per ora, infatti, proprio grazie alla riforma del Patto di stabilità, che prevede per i Paesi con deficit eccessivo l’obbligo di abbassarlo di mezzo punto all’anno, ma di “rimandare” il taglio del debito a quando si uscirà dall’infrazione per deficit. "Per l'Italia la partita si gioca su due fronti, da una parte politiche di bilancio prudenti, indispensabili (con questo debito e deficit) dall'altro continuare con gli investimenti pubblici", ha dichiarato il commissario all'economia Ue Paolo Gentiloni.

Cosa vuol dire ridurre il rapporto deficit/Pil di mezzo punto percentuale per la politica economica del governo dei prossimi anni? Significa tagli di almeno 10 miliardi l'anno nel bilancio pubblico. E a questi si aggiungono i 20 miliardi necessari per confermare anche l’anno prossimo il taglio del cuneo fiscale e del canone Rai, la riforma dell’Irpef a tre aliquote e gli sgravi per famiglie e mamme e molto altro. Provvedimenti bandiera del governo Meloni, ma che vanno rifinanziati ora. Per coprire la correzione imposta dalle regole sul Patto di Stabilità e salvare anche i provvedimenti che scadono a fine anno servirebbero 30 miliardi di euro. Le strade davanti sono scritte: tagli alla spesa pubblica (comprese sanità e scuola che già sono in deficit di fondi) e aumento delle tasse.

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