«Occhio alla patrimoniale. C'è anche la possibilità di portare soldi all'estero»

La crisi nata con il Coronavirus sta ogni giorno che passa fiaccando sempre più l'economia del Paese. Non a caso i timori di una patrimoniale da parte dello Stato si fanno sempre più insistenti.

Sono così sempre più gli italiani che, attraverso l'apertura di un conto all'estero, sperano di salvarsi da un eventuale prelievo forzoso e di portare i propri risparmi lontani da un eventuale default del Paese. Va detto, però, che anche spostando i soldi all'estero, non si può avere del tutto la certezza di non avere grattacapi.

La tassazione segue infatti la residenza fiscale del titolare del conto e non il luogo in cui questo è stato aperto. Non a caso, è perfettamente legale trasferire anche tutto il proprio denaro all'estero, purché esso sia frutto di redditi dichiarati nel nostro Paese e l'operazione risulti nel riquadro RW della dichiarazione. Certo, l'incasso da un conto estero non sarebbe automatico e il correntista potrebbe avere il tempo di spostare la sua liquidità ma, nel caso in cui il patrimonio fosse conosciuto al Fisco italiani, potrebbe essere comunque richiesto il versamento alla presentazione della dichiarazione dei redditi dell'anno successivo.

Panorama.it ne ha parlato con Marco Spinola, amministratore delegato di Trustcom Financial, istituto di moneta elettronica che offre la possibilità di aprire un conto corrente "borderless", non legato cioè a un confine territoriale.

Vista la crisi che stiamo affrontando ci sono sempre più italiani che sperano di salvarsi da certi problemi con l'apertura di un conto all'estero. È davvero la panacea di tutti i mali?

«Spostare i propri fondi verso un Paese dell'Unione Europea è legale. Questo ha il vantaggio di portare la liquidità degli italiani in posti ritenuti più sicuri in caso di fallimento del Paese o di una banca. Inoltre, in caso di patrimoniale, poiché il prelievo non è automatico, il cliente che ha dichiarato quanto ha sul conto al Fisco italiano ha comunque più tempo per decidere come meglio muoversi ed effettuare le proprie operazioni a sua discrezione. Al contrario, nel caso di un conto basato in Italia, il prelievo sarebbe automatico e il risparmiatore verrebbe messo semplicemente davanti al fatto compiuto. I nostri vengono definiti conti borderless, quindi senza nessun limite, emessi cioè da un istituto di moneta elettronica come in Italia possono essere le Poste Italiane».

Quindi non siete una banca?

«Il motivo per cui i risparmiatori cercano un istituto come il nostro è principalmente per motivi di sicurezza. I depositi in capo a Trustcom Financial sono infatti garantiti e segregati presso la Banca Centrale della Lituania, componente a tutti gli effetti del sistema Bce. Inoltre, a differenza delle banche italiane e degli istituti di credito in generale, noi non siamo autorizzati ad utilizzare i fondi dei clienti per scopi di investimenti speculativi o mutui o finanziamenti ai propri clienti. Tutto questo si traduce in maggiore stabilità per l'istituto e maggiore tutela del cliente e delle sue finanze».

Quali sono i costi che un cliente deve sostenere per avere un conto all'estero?

«La legge italiana prevede l'obbligo di dichiarazione per tutti i conti esteri che hanno superato almeno una volta in un anno la giacenza media di 15.000 euro. All'interno della dichiarazione dei redditi bisogna segnalare i dati del conto all'interno del quadro RW e per questo c'è da pagare un bollo da 34,2 euro l'anno oltre all'Ivafe, l'imposta sulle attività finanziarie detenute all'estero. Poi, a livello di costi da sostenere, il cliente deve pagare cinque euro al mese e ha la possibilità di fare tre bonifici in modo gratuito. C'è poi una carta di debito con un iban dedicato che non ha costi in fase di acquisto, ma che prevede una commissione del 2% in caso di prelievo».

Chi sono i vostri clienti dunque?

«Essendo autorizzati ad operare in tutta l'Ue non ci poniamo limiti per quanto riguarda la nostra clientela al fine di fornire carte e conti correnti. Anche, per fare un esempio, ad aziende straniere non italiane. I nostri conti possono essere utilizzati sia da privati che da aziende. L'idea è di offrire un prodotto che non sia legato a un territorio in particolare».

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