Il controsenso del concertone del 1 maggio sponsorizzato dai rider

Ci vorrebbe l’armocromista di Elly Schlein per capire come si possa abbinare il concertone del primo maggio con i poveri rider che pedalano per consegnare le pizze. Sta di fatto che tra gli sponsor della manifestazione della Cgil, proprio nel giorno della festa dei lavoratori, c’è anche l’azienda che più di tutte è stata accusata di sfruttare i lavoratori medesimi. Ecco che tra i finanziatori della kermesse sindacale spunta “JustEat”, celebre marchio che gestisce i pedalatori che popolano le nostre città, spesso con paghe da fame. Ed è un segno di questi tempi ridicoli che mentre sul palco di piazza San Giovanni si lancino strali contro la “gig economy” e la schiavitù del precariato, a pagare per montare quel palco sia stata la stessa azienda oggetto di quegli attacchi.

A parole siamo contro le multinazionali sotto le bandiere rosse, ma poi le multinazionali finanziano la lotta insieme a noi. E fa tenerezza quella fotografia che in queste ore sta girando in rete: si vede un gruppo di rider attorniati dalle bandiere dei Cobas che sfoggiano il seguente striscione: “Justeat, paghe da fame e rischi sul lavoro, organizziamoci e lottiamo”. Lottiamo con una mano, e incassiamo le sponsorizzazioni con l’altra.

Per carità, qualcuno è corso a ricordare che la piattaforma dei rider sta cercando di mettere in regola i propri dipendenti. Ma è pur vero che la strada è lunga, e verrebbe da dire che c’è molto ancora da pedalare. In alcuni paesi d’Europa, l’azienda si appoggia ad imprese che ancora applicano allegramente contratti freelance, con garanzie più che zoppicanti.

Come la mettiamo? Sui social l’impatto c’è già stato, con commenti di questo tenore: “Siete fenomenali, una piattaforma che sfrutta i lavoratori come sponsor nel giorno della festa dei lavoratori”. E ancora: “Justeat è lo sponsor del concerto del primo maggio, sembra una barzelletta”. Peraltro, non è piaciuta neanche l’idea di avere l’Eni tra i finanziatori, visto il vento “green” che spira a sinistra. Di questo passo, dicono i militanti, dove arriveremo? A finanziare il concertone attraverso qualche industria degli armamenti? Ma a quanto pare nel mondo sindacale progressista se ne vedono tutti i colori. Solo i più coraggiosi tra gli armocromisti saprebbero giustificare certe scelte. Se poi sono daltonici, è anche più semplice.

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