Congorock: l’unico modo per distinguersi è quello di creare propria musica
Sei a fare un giro a Parigi e senti alla radio un suo ultimo singolo, intervisti djs di grandissimo livello e ti dicono che vorrebbero collaborare con lui, guardi le programmazioni di locali internazionali e leggi come guest il suo nome. E allora pretendo di averlo ospite nel mio blog, perché insomma Congorock fa la differenza e poi su twitter è implacabile.
Intanto per quale motivo hai scelto il nome Congorock?
Per un periodo ho collezionato delle compilation di vecchi pezzi dub raggae, e fra questi c’era una traccia che si chiamava Congo Rock. Ho unito le due parole pensando che rispecchiassero il sound che avevo intenzione di creare nei miei dj set. Mi fa strano pensare allo spirito semiserio con cui l’ho scelto in un momento in cui non ero consapevole di diventare un dj per professione, ma devo dire che è un nome che rimane impresso ed è difficile da dimenticare.
Come è stato il percorso che ti ha portato da Lecce fino a Los Angeles come uno dei dj Italiani più conosciuti al mondo?
Subito dopo avere iniziato a produrre ho avuto la fortuna di ottenere un contratto discografico con un’etichetta di New York, la Fool’s Gold (www.foolsgoldrecs.com), cosa che ha portato con sè anche un altro contratto con un’agenzia di booking nord americana. Appena ottenuto il visto lavorativo per gli Stati Uniti ho preso la palla al balzo e ho deciso di mettere le tende da quelle parti, dal momento che ho avuto un colpo di fulmine con Los Angeles. Una città che mi ha colpito innanzitutto per la qualità della vita prima ancora delle opportunità “lavorative”. Credo quest’esperienza abbia il valore aggiunto di darmi un profilo da outsider, in America in quanto italiano, in europa in quanto residente all’estero. Le produzioni ovviamente mi hanno aiutato ad emergere, e sono tuttora l’aspetto più importante di quello che faccio. Ci sono milioni di dj in giro per il mondo in questo momento, l’unico modo per distinguersi è quello di creare la propria musica, e successivamente personalizzare il suono in maniera quanto più originale possibile, cosa che, per quanto scontata possa sembrare, è davvero un merito nella dance music. Nel mio piccolo credo di essere emerso con le mie produzioni più sperimentali e coraggiose, per sound e stile.
Quando sono arrivate le prime soddisfazioni in ambito lavorativo?
I primi tour con MSTRKRFT, Crookers, Bloody Beetroots sono stati esaltanti, specie per la novità della proposta musicale e per il periodo in cui c’era tantissimo interesse per quat “new wave” elettro. Anche vedere le mie produzioni suonate dai dj più disparati (commerciali e non) da Mr Oizo e David Guetta al tempo stesso, è stata una bella soddisfazione.
È cambiato qualcosa nell’atteggiamento o nel rapporto con le persone che ti conoscevano prima, ad ora che sei un nome così conosciuto all’estero?
Molte persone del mio paesino d’origine, Squinzano (16000 anime, in Salento) mi hanno sempre conosciuto come musicista, per loro non era una novità il fatto che avessi cominciato a vivere di musica, però forse qualcosa è cambiato nel momento in cui hanno visto il mio nome associato a dei big, e soprattutto come dj, dato il mio carattere piuttosto riservato. Forse qualcosa in loro è cambiato, ma io no, quindi non conta, ehehe.
La tua miglior collaborazione?
Quella con Sean Paul, che uscirà il mese prossimo con un video. Il pezzo si chiama “Bless Di Nation”
Quest’estate la tua “casa” è stata il Cocoricò, l’obiettivo di ogni dj, soprattutto italiano come è stato? Rilassante?
Un’esperienza fantastica. Il Cocoricò è un club che non teme confronti sul piano internazionale, per risposta di pubblico, organizzazione e risalto mediatico. Per me è stata una vetrina davvero importante e un’occasione preziosa, anche se sarebbe stato un paradosso non accompagnare alcuni nomi con cui condivido regolarmente la consolle all’estero. Sarò grato per sempre al Cocco per avermi dato questa possibilità, e anche al pubblico del locale, che durante quest’estate mi ha davvero “viziato” con un affetto inaspettato.
Domani sarai in consolle con deadmau5. Lo hai già incontrato in altre consolle o sarà la prima volta? Ci possiamo aspettare on back to back?
Con Deadmau5 ci ho suonato a diversi festival, ma mai uno di seguito all’altro. Non credo che sia così propenso come altri a fare back to back, so per certo che il suo set ha un’impostazione talmente unica e particolare, ma non si sa mai! Il b2b fatto con Skrillex giovedì scorso per me è già il ricordo migliore dell’estate!
Il lavoro migliore e il lavoro peggiore che hai prodotto?
Il pezzo di cui vado più orgoglioso è nell’ultimo EP e si chiama Monolith. E’ una traccia che ha un arrangiamento un pò sui generis, pensata più in senso “cinematografico” che da club. Funziona molto come intro, infatti altri dj la stanno usando come primo pezzo dei loro set. La cosa di cui vado più orgoglioso è il fatto di avere inserito nell’arrangiamento degli strumenti veri e propri tipo chitarre e percussioni che ho suonato e registrato con le mie mani, quindi il processo di realizzazione è stato diverso dagli altri pezzi che di solito sono completamente frutto di computer e sintetizzatori. Lavoro peggiore…beh quando ascolto alcuni pezzi vecchi del 2008 mi metto le mani nei capelli, non tanto per l’idea di fondo quanto per la mancanza di mezzi tecnici con cui li ho realizzati, quindi anche se le melodie e i beat erano carini, nei fatti poi il mixdown suonava davvero da schifo. Comunque credo sia naturale che nel corso degli anni sia maturato e che i primi lavori siano acerbi.
Cosa ti manca dell’Italia ora che vivi a Los Angeles, anche se so che torni spesso?
Vivo facendo la spola tra Lecce e Los Angeles, tornando in Italia per qualche settimana, più o meno ogni due mesi. Dell’Italia mi manca la rilassatezza e la spontaneità nei rapporti umani. In America mi sembra di lavorare anche quando esco con gli amici.
Se tu fossi in giuria a SheCanDj daresti più importanza alla produzione o al dj set delle concorrenti?
Se il concorso è per DJ, valutarei il djset. Ovviamente con le nuove tecnologie mettere a tempo non è un optional, quindi darei importanza al gusto nella scelta dei pezzi, e quel sottile equilibrio tra impatto e coerenza nel passaggio tra un pezzo e l’altro. Cose che hanno a che fare più con l’orecchio che con le mani.
Toglimi una curiosità, come si fa la colonna sonora di un videogame? Proprio l’iter?
Molte software house hanno base a Los Angeles, che al momento è l’epicentro della nuova scena electro / dubstep. E’ chiaro che è nel loro interesse avvicinarsi quanto più possibile alle tendenze delle nuove generazioni, e la musica è un aspetto fondamentale nell’estetica di un videogame. Al punto che negli ultimi anni queste ditte preferiscono affidare direttamente ai produttori lo scoring dei videogame piuttosto che creare un “sound like” farlocco. Nel caso mio e di Mortal Kombat, la software house ha affidato la direzione artistica della presentazione dei personaggi a JFK, membro dei Mstrkrft, con cui sono stato in tour anni fa, che mi ha girato la proposta di scrivere un pezzo il progetto. Mi ha invitato a nozze!
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