Politica
April 13 2020
Che cosa fa un buon governo, se l'Organizzazione mondiale della sanità il 30 gennaio lancia l'allarme perché esiste un «focolaio internazionale di Covid-19» e denuncia l'esistenza di «un'emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale»? Risposta: un buon governo dichiara lo stato d'emergenza e si prepara al peggio.
Per dirla più concretamente, un buon governo per prima cosa prima allarma urgentemente le Regioni, e magari fa sì che il numero delle terapie intensive (poco più di 5mila) aumenti velocemente. Intanto un buon governo si attiva, e muove mari e monti, e si mette ad acquistare macchinari e ossigeno e gel disinfettante là dove è possibile, per dotarne gli ospedali e le regioni che non ne hanno a sufficienza. Nel frattempo, un buon governo si dà da fare perché tutti i medici e tutti gli infermieri vengano urgentemente dotati di mascherine protettive serie, di camici e di tutte le protezioni in grado di garantirli.
Sapete che cosa ha fatto il nostro presidente del Consiglio, Giuseppe Conte? Oh, è stato velocissimo con i decreti, perché ha dichiarato lo stato d'emergenza già un giorno dopo l'allarme dell'Oms: il 31 gennaio. E poi la presidenza del Consiglio è stata velocissima anche nella reazione: s'è messa a comprare materiale sanitario utile per proteggersi dal coronavirus, mascherine, guanti, gel, medicine, perfino camici e bombole d'ossigeno e defibrillatori. Solo che non ha pensato prima ai medici, o agli infermieri, né agli italiani in genere. No: Palazzo Chigi ha pensato prima al presidente del Consiglio e ai suoi collaboratori.
DOCUMENTO+PALAZZO+CHIGI+ACQUISTO+1800+mascherine+e+900+camici.pdf
A "smascherinare" Conte è stato Il Tempo: «In pieno mese di febbraio», scrive il direttore del quotidiano romano, Franco Bechis, «cioè circa due settimane prima che il governo chiedesse alla Consip di fare la stessa cosa per tutti gli altri italiani, sono iniziati con successo gli acquisti di Palazzo Chigi per proteggere Conte e chi lavorava con lui». Così, mentre tutta Italia impazziva a cercare le mascherine che non c'erano in farmacia, o si trovavano online a prezzi folli, e mentre gli ospedali e le case di cura non riuscivano a proteggere medici e infermieri che rischiavano la vita, «la presidenza del Consiglio ha messo da parte veri e propri arsenali con cui resistere nel bunker anche per lunghi mesi».
Il Tempo rivela infatti una lettera del 26 febbraio con cui la presidenza del Consiglio ha acquistato a trattativa diretta, cioè senza dover passare attraverso una gara, una gran mole di materiale per difendersi dal Covid-19. L'elenco è lungo, ma vale la pena di essere ricostruito. Si parte da «500 mascherine APVR FFP3 al prezzo di 7,98 euro cadauna». Per intenderci: si tratta delle mascherine che proteggono davvero, quelle dotate di filtro. Mica quelle di stoffa sintetica, consegnate alla Regione Lombardia e giustamente contestate dall'assessore al Welfare Giulio Gallera.
Contratto+camici+e+mascherine.pdf
La presidenza del Consiglio ha ottenuto tempi di consegna strettissimi, ovviamente: la ditta si è impegnata a depositare le mascherine alla porta di Palazzo Chigi al più tardi in cinque giorni. Sempre il 26 febbraio, e con identici tempi di consegna, Il Tempo aggiunge che sono state «trovate per Conte & c anche 10mila mascherine chirurgiche a un ottimo prezzo (0,20 euro l'una) assicurato da un'azienda del bergamasco».
Contratto+disinfettante+gel+taniche.pdf
Insomma, già ai primi di marzo la presidenza del Consiglio si era dotata di tutte le protezioni necessarie, acquistandole a trattativa privata. Il problema è che soltanto a quel punto Palazzo Chigi ha chiesto alla Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione italiana, di fare invece una gara per acquistare gli stessi dispositivi per ospedali e dintorni. Forse era già tardi: a quel punto l'emergenza mondiale aveva cominciato a fare seri danni nel mercato di quel tipo di prodotti. Anche per quello la gara condotta dalla Consip non è stata proprio efficacissima: Il Tempo la definisce addirittura «disastrosa, visto che una serie di lotti sono stati revocati». Decisamente è stata anche tardiva, visto che «secondo il Commissario agli approvvigionamenti sanitari, Domenico Arcuri, almeno la metà dei quantitativi ordinati arriverà quando il coronavirus se ne sarà andato dall'Italia».
Ma lo scandalo mascherine di Palazzo Chigi non finisce qui. Perché mentre medici e infermieri ormai lavoravano 14-16 ore al giorno nelle corsie e nelle terapie intensive, e mentre venivano contagiati a migliaia perché disastrosamente privi di protezioni adeguate (tanto che alla data del 10 aprile i medici morti sono ben 109!), alla presidenza del Consiglio continuavano ad arrivare carichi di ogni tipo di protezione, tutti ordinati per mettere in sicurezza Conte e i suoi collaboratori, e qualsiasi ospite dovesse presentarsi a Palazzo Chigi.
Secondo la circostanziata denuncia del Tempo, nell'ultima settimana di marzo la solita ditta bergamasca «ha integrato l'ordine già eseguito a inizio mese con ulteriori 32.400 mascherine chirurgiche sempre al prezzo di 0,20 euro l'una». E la stessa azienda, questa volta a metà marzo, ha consegnato a Palazzo Chigi anche «900 camici per visitatore non chirurgico», al prezzo di 0,80 euro l'uno. Il 10 marzo, poi, un'azienda foggiana ha fornito alla presidenza del Consiglio «270 taniche da cinque litri l'una di gel disinfettante al prezzo di 16,50 euro per tanica», e «50 flaconi di sapone antibatterico da 500 ml al prezzo di 3 euro l'uno», e «130 flaconi di gel disinfettante da 500 ml con dosatore». Il 3 marzo invece una ditta di Pomezia ha consegnato a Palazzo Chigi «310 confezioni da 100 pezzi l'una di guanti monouso in nitrile» per un prezzo complessivo di 1.500 euro. Pochi giorno dopo una ditta di Roma ha consegnato «330 camici in Tnt idrorepellente con rinforzo» al prezzo di 1.120 euro complessivi. Sempre secondo Il Tempo, il primo aprile è arrivato da altri due fornitori «materiale sanitario» per un totale di 7 mila euro.
Il Tempo scrive, correttamente, che è «naturale che chi è alla guida dell'Italia debba essere protetto dai rischi». Noi aggiungiamo, a scanso di equivoci, che questo non solo è naturale, ma è anche giusto. Bechis aggiunge però (e non si po' non concordare) che «un po' meno accettabile è stato il fatto di pensare molto prima a chi era chiuso nel bunker di Palazzo Chigi, e solo dopo - con grave ritardo - agli altri italiani che ancora oggi faticano a trovare quelle protezioni».
Quella di Palazzo Chigi, per di più, è stata davvero una corsa a dotarsi di ogni strumento utile ad affrontare anche l'ipotesi più drammatica, cioè «quella di un'infezione del premier». Con grandissima previdenza, fin dall'inizio della emergenza sanitaria, Il Tempo scrive che «sono state ordinate per l'ufficio medico di Conte 4 bombole da litri 14, più n.7 bombole da litri 2 per fornitura di ossigeno-terapia». Più 9 mila euro extra di farmaci che non vengono dettagliati nell'ordine, ma che devono essere speciali perché il loro acquisto ha comportato l'acquisto di un «frigorifero per la conservazione di farmaci e vaccini», costato a sua volta 2.500 euro. Con altri 8 mila euro sono stati acquistati poi «2 defibrillatori semiautomatici DAE», che hanno reso necessaria la stipula di un contratto di manutenzione (per 1.300 euro). Un contratto simile è stato stipulato per la manutenzione di "un elettrocardiografo Mortara Eli 230 e n.1 elettrocardiografo modello Cardiette AR 2100 ADV per garantire il funzionamento ordinario dell'attività del servizio di primo soccorso".
Conclude Bechis: «Possiamo essere certi: Conte oggi è protetto e curato molto meglio a Palazzo Chigi che dentro un qualsiasi ospedale italiano, ed è sicuro come nemmeno è capitato in Cina a Xi Jinping. Molto meno sicuri siamo tutti noi nelle sue mani».