Conte, il grande rimpianto di Milan e Juventus

Il primo quarto del campionato, che si è consumato nell'unico turno infrasettimanale della stagione, consente di trarre alcune conclusioni soprattutto nella parte alta della classifica. La prima e fondamentale è che nel torneo dei cantieri aperti c'è un capomastro più bravo di tutti gli altri e risponde al nome di Antonio Conte. Non partiva da zero e nemmeno da meno quaranta, come si ostina a ripetere, ma non era per nulla scontato che in meno di tre mesi fosse in grado di rendere il Napoli una sorta di monoblocco che ragiona, gioca e respira al ritmo del suo tecnico.

Questo sono i partenopei visti a San Siro e non solo. Giocano male? Non è vero e, comunque, poco conta. Contano i punti che sono tanti e preziosi anche perché talvolta conquistati oltre i meriti della singola partita. Penso alle sfide con il Parma, a Cagliari o a Empoli: evocare lo stellone di tennistica memoria (lo è stato anche incontrare un Milan dimezzato) non significa sminuire il lavoro di Conte ma sottolineare che i crismi per la stagione perfetta ci sono tutti.

I punti contano, ovviamente, anche per gli altri. Sono troppo pochi quelli di Thiago Motta che deve accendere un cero in chiesa a Massimiliano Allegri; solo l'odio di larga parte della tifoseria bianconera e della quasi totalità dei commentatori 'neutri', se esistono davvero, gli consente di continuare a vivere una luna di miele non giustificata dai numeri. Non è un problema di confronti con il recente passato, è un tema di ambizioni correlate agli investimenti.

La prima Juventus di Thiago Motta (e la seconda di Giuntoli) sta sottoperfomando con qualche segnale preoccupante. Ad esempio, non è possibile che l'assenza, pure pesantissima, del solo Bremer basti a giustificare una fase difensiva finita in pezzi non appena a TM è stato chiesto di alzare i ritmi per evitare lo stucchevole possesso palla orizzontale di settembre. Manca equilibrio, tranne che nei giudizi di chi è contento così, a 7 punti dalla vetta a fine ottobre.

Anche i 14 punti con l'asterisco di Fonseca sono pochi ma qui la domanda è semplice: ha senso immaginare uno strappo a novembre abortendo il suo progetto tecnico? La classifica suggerisce di sì, i precedenti no. Il Napoli post scudetto viaggiava pure più veloce (17 punti) eppure Garcia era un dead man walking, salvo scoprire poi che il dopo sarebbe stato peggio. E in generale non serve a nulla cambiare Fonseca per prendere un altro come Fonseca. A Milanello sarebbe servito un capomastro con pieni poteri ed era esattamente quello che Ibrahimovic non voleva. Sarebbe servito Antonio Conte, appunto. Non è un caso che il suo cantiere funzioni e gli altri no.

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