Economia
August 23 2016
Una volta si sarebbe parlato di premesse per un “autunno caldo”, ma in un periodo di ormai perdurante crisi, la vertenza riguardante il rinnovo del contratto dei dipendenti della pubblica amministrazione, si presenta purtroppo come l’ennesimo segnale di una situazione economica che continua a rimanere critica. E alla base dello scontro tra sindacati, che arrivano a minacciare lo sciopero generale, e governo, ci sarebbero proprio scelte riguardanti la strategia migliore da adottare per ridare complessivamente ossigeno al nostro sistema economico.
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Da una parte c’è allora il citato fronte sindacale che chiede appunto di stanziare fondi maggiori per il rinnovo dei contratti, per ridare in questo modo potere d’acquisto ai lavoratori e rilanciare per questa via i consumi. Dall’altro il governo che, per bocca dello stesso presidente del Consiglio Matteo Renzi, vorrebbe concentrare invece il grosso delle risorse a disposizione, che bisogna sempre sottolineare non sono proprio enormi, per puntare al taglio delle tasse, soprattutto per le imprese, e ridare in questo modo impulso alla produzione e quindi all’economia. In mezzo a questa diatriba, per il momento, restano solo le cifre riguardanti le risorse disponibili per procedere al rinnovo del contratto di circa 3,2 milioni di dipendenti pubblici bloccato ormai da sette anni. Il governo per il momento ha messo sul piatto circa 300 milioni di euro, una somma che, per stessa ammissione del premier Renzi, rappresenta solo una posta simbolica da incrementare certamente. Ma in che misura?
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I sindacati, e in questo senso la voce più agguerrita è quella della Uil, stimano che per realizzare aumenti in busta paga che possano avere un senso a livello economico e per lo sviluppo del Paese, dovrebbero essere resi disponibili non meno di sette miliardi di euro. Un valore considerato spropositato dall’esecutivo che, secondo un programma di investimenti già definito, ha intenzione di concedere per il rinnovo fino a 2,5 miliardi di euro, distribuiti sull’arco di tre anni, ossia fino al 2018. Una soluzione questa che è stata già accolta dai sindacati come semplice fumo negli occhi, perché secondo alcuni calcoli porterebbe ad aumenti delle retribuzioni dell’ordine di soli 80 euro al mese e unicamente per stipendi medio bassi.
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Da qui la citata minaccia di sciopero generale, che a onor di cronaca però, per il momento, è stata paventata dalla sola Uil. Una sorta di mediazione viene infatti tentata dalla Cgil, che chiede di agganciare gli aumenti di stipendio a quelli del settore privato. Con le risorse attualmente disponibili si avrebbero infatti incrementi dell’ordine dello 0,4%, mentre nel privato la media supera di gran lunga il 3-4%. Vedremo dunque nei prossimi giorni come evolverà questa situazione, tenendo anche conto del fatto che, all’interno della stessa compagine governativa, bisognerà trovare un compromesso tra posizioni diverse sull’argomento.