Economia
January 31 2022
L’inverno che sta per concludersi rischia di passare alla storia come uno dei più difficili in assoluto per le famiglie e le imprese europee a causa dei pesantissimi rincari registrati dai prezzi dell’energia che hanno fatto lievitare sensibilmente le bollette di luce e gas. A pesare è la riduzione delle importazioni dalla Russia, che nel 2022 sono calate, secondo i calcoli del think tank Bruegel, del 44% rispetto all’anno scorso. La situazione è particolarmente critica a causa di una serie di fattori geopolitici: ne abbiamo parlato con Matteo Ballarin, fondatore e presidente della società specializzata Europe Energy.
Da dove è partita la crisi energetica che sta mettendo l’Europa in ginocchio?
«L’inizio della crisi ha un riferimento temporale molto preciso: tutto è cominciato a settembre dello scorso anno, quando è stato ultimato il gasdotto Nord Stream 2, che collega direttamente la Russia alla Germania passando sotto il mar Baltico. Un’infrastruttura in grado di cambiare gli equilibri geopolitici, perché non passa dal territorio delle repubbliche ex sovietiche come Ucraina e Bielorussia. Pur essendo pronto, il gasdotto non è ancora entrato in funzione perché il governo tedesco non ha rilasciato le necessarie autorizzazioni burocratiche: da parte loro, anche gli Usa hanno espresso preoccupazione per un’infrastruttura che a loro dire aumenterebbe la dipendenza dell’Europa dal gas di Mosca».
Cosa è successo da settembre in poi?
«Da quel momento la Russia ha iniziato a ridurre le quantità di gas esportate in Europa, e di conseguenza i prezzi sul mercato spot sono andati sempre aumentando. In quasi tutto il Vecchio continente si utilizza il gas per produrre energia elettrica e questo ha determinato i rincari sulla bolletta: va poi considerato che la crisi si sta verificando in inverno, il periodo più difficile a causa del picco dei consumi. A mio avviso questa è la battaglia delle battaglie: se da domani il Nord Stream 2 iniziasse a erogare gas sono certo che la Russia rinuncerebbe all’invasione dell’Ucraina. Noi europei stiamo subendo le conseguenze di una guerra fomentata dagli Usa da un lato e dalla Russia dall’altro, e ci stiamo prestando a essere terreno di battaglia».
Qual è il ruolo della Germania?
«La Germania da tempo sta giocando una partita tutta sua. In passato Ucraina e Bielorussia hanno minacciato varie volte di ostacolare il passaggio del metano russo attraverso i gasdotti che attraversano il loro territorio (Yamal, Brotherhood e Soyuz, ndr) mettendo in difficoltà contemporaneamente l’Europa, che rischiava di trovarsi a corto di gas, e la Russia, che non avrebbe potuto contare sui pagamenti in valuta pregiata. Con il Nord Stream 2 le repubbliche ex sovietiche vengono bypassate, ma ecco che la Germania sta ricoprendo lo stesso ruolo, cercando probabilmente di negoziare qualcosa per sé. Anche sulla crisi ucraina, infatti, Berlino sta facendo fatica a esporsi».
Quale può essere l’evoluzione di questa situazione?
«Il gasdotto è ormai realizzato, il progetto vale troppi miliardi per essere accantonato e quindi il Nord Stream 2 inizierà prima o poi a portare gas in Europa. Da quel momento il mercato dell’energia crollerà e i prezzi torneranno alla normalità, che è il 20% del prezzo attuale. Sulle tempistiche si gioca la partita geopolitica: il gasdotto è tecnicamente pronto e in tre giorni è in grado di consegnare gas in Europa. La situazione si sbloccherà prima o poi a livello diplomatico, perché uno scenario di guerra non conviene a nessuno. Nel frattempo, una nota positiva riguarda l’Italia, che non è più il Paese europeo più esposto ai rincari del gas. I prezzi in Germania e Francia sono più alti che da noi, e nelle scorse settimane per la prima volta abbiamo anche esportato un surplus di gas arrivato tramite il gasdotto Tap, Trans Adriatic Pipeline, che sbocca sulle coste pugliesi».
I rincari sono quindi destinati a finire?
«Non condivido le dichiarazioni di alcuni politici, secondo i quali bisognerà abituarsi a questi livelli di prezzo. Se i prezzi non scendono ci si potrà abituare solo alla cassa integrazione, perché la grande industria non può reggere costi dell’energia così elevati. Peraltro il tema interessa solo l’Europa, perché in Cina e negli Usa il costo dell’energia è infinitamente più basso. Per questi motivi credo che a breve si troverà un equilibrio, sempre che l’Europa trovi l’orgoglio necessario. Al momento stiamo assistendo all’ennesimo fallimento dell’Unione europea, che si trova al centro dei delicati equilibri tra Russia e Usa».
Cosa pesa particolarmente sui conti delle aziende italiane?
«Nel mercato libero è possibile scegliere se sottoscrivere contratti a prezzo fisso o variabile. In Italia molte aziende hanno scelto il prezzo variabile, mentre in altri Paesi l’industria si orienta di più verso il prezzo fisso, che consente tra l’altro di fare il budget con maggiore facilità. Per questo motivo le aziende, anche italiane, che hanno sottoscritto contratti a prezzo fisso hanno risentito meno dei rincari, mentre quelle che hanno scelto il prezzo variabile sono tra le realtà che si sono trovate a pagare a dicembre bollette cinque volte più care. Per il futuro, tuttavia, sulla base della possibile soluzione della crisi energetica il mio consiglio alle imprese e ancor più alle famiglie è di passare al mercato libero con prezzo variabile: il prezzo dell’energia nel mercato tutelato risente infatti dell’andamento dei prezzi all’ingrosso, ma con un ritardo di 3-6 mesi, per cui deve ancora scontare l’impatto più forte dei rincari. Sul mercato libero i prezzi hanno già iniziato a scendere».