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May 02 2018
Le dichiarazioni di intento sulla denuclearizzazione della Corea del Nord, in occasione dell'incontro tra Kim Jong-un e Moon Jae-in sono state accolte da tutto il mondo con entusiasmo. Ma se il commento di Washington è stato il primo in ordine di tempo e il più ripreso dai media nel mondo, ora è Mosca a rivendicare un ruolo di primo piano. La Russia non accetta, infatti, di lasciare agli Stati Uniti di Trump il posto da protagonista nel rivendicare il successo di una demilitarizzazione e pacificazione della penisola coreana. Il Cremlino ha dunque chiesto che ora si passi a un negoziato a sei, che comprenda la Corea del Nord, del Sud, la Cina, gli Stati Uniti, il Giappone e, appunto, la Russia.
"Il sostegno russo all'accordo coreano sarà aumentato, non solo nei lavori che prevedono incontri bilaterali, ma anche attraverso la più attiva partecipazione negli sforzi collettivi". La dichiarazione del vice ministro degli Esteri russo, Igor Morgulov, ha il tono formale e diplomatico tipico dei commenti ufficiali, ma tradisce un messaggio, rivolto soprattutto all'occidente e agli Stati Uniti: Mosca non ha intenzione di lasciare che Washington si prenda il merito di un eventuale successo nella denuclearizzazione della Corea del Nord.
Dopo lo storico incontro tra i leader delle due Coree, a Panmunjom, la comunità internazionale attende infatti il summit tra il presidente americano, Trump, e il capo di Pyongyang, Kim Jong-un. Ma la Russia di Putin non starà a guardare.
"Non ci sono alternative a colloqui a sei", ha riportato l'agenzia russa Interfax riferendosi alle parole di Morgulov.
Il Cremlino, pronto a mediare nei momenti di massima tensione tra Washington e Pyongyang, dopo l'ultimo test missilistico nordcoreano aveva assunto una posizione più defilata. Ora, invece, interviene chiedendo a gran voce che il negoziato sia allargato a sei includendo, oltre alle due Coree, anche Cina, Stati Uniti, Giappone e Russia stessa.
Non si tratta, però, di una novità assoluta: partiti nel 2003, gli incontri a sei erano stati sospesi nel 2008. Dopo un periodo di relativa calma, la tensione è però tornata elevatissima nella penisola coreana, con i ripetuti lanci di missili da parte del regime nordcoreano.
Gli ultimi sviluppi, con la dichiarazione congiunta di Kim Jong-un e Monn Jae-in firmata nella zona demilitarizzata, hanno ora spinto la Russia a tornare a chiedere un maggior coinvolgimento diretto nella questione.
Il presidente americano, dopo aver ingaggiato una guerra a suon di dichiarazioni minacciose ("Il mio bottone è più grosso del suo", con riferimento al pulsante che aziona le bombe atomiche), si è mostrato altrettanto pronto a cogliere l'occasione di una inversione di rotta, che potrebbe portarlo a mostrarsi come colui che ha sancito la denuclearizzazione della Corea del Nord, ex "stato canaglia" del cosiddetto "Asse del Male", come da definizione di George W. Bush.
Non a caso, nei discorsi e nei numerosi tweet di commento delle ultime settimane e degli ultimi giorni, non ha esitato a parlare di un risultato della politica della propria amministrazione, puntando il dito sugli insuccessi diplomatici dei predecessori, a partire da Obama.
La linea dura di Trump ha prima fatto temere una guerra atomica, ma poi sembra aver anche ottenuto l'effetto di far cambiare atteggiamento a Kim Jong-un, che ora sembra desideroso soprattutto di ottenere quel riconoscimento internazionale finora negato (oltre che, magari, aiuti economici e fine delle sanzioni).
Putin è consapevole di questo cambio di scenario e rivendica per sé e la Russia un ruolo di primo piano. Per questo il Cremlino ha sottolineato come l'apertura di Kim Jong-un in realtà sia frutto di una roadmap, proposta e inaugurata da Mosca e Pechino, chiamando in causa un altro "alleato" asiatico fondamentale.
Questo percorso di pacificazione si fonda proprio sulla necessità di fermare i test militari e nucleari, unitamente però alla sospensione delle esercitazioni militari congiunte tra Corea del sud e Usa nella penisola coreana. Il piano propone anche di avviare negoziati di pace, non considerando la denuclearizzazione come unico obiettivo.
"Non abbiamo dubbi che sia consigliabile continuare lungo questa strada" ha aggiunto Morgulov.
Se le due Coree hanno citato esplicitamente Cina e Usa come partner nei negoziati per giungere a un trattato di pace, che sostituisca l'armistizio del 1953, la Russia e il suo presidente potrebbero "rubare la scena" a Trump prima dell'incontro con Kim Jong-un. Qualcuno arriva a ipotizzare anche un faccia-a-faccia prima di quello con il capo della Casa Bianca.
Putin, in un colloquio con Moon Jae-in, ha definito "positivi" gli accordi con Kim Jong-un, spiegando che la Russia è pronta a sostenere la Corea del Nord nella denuclearizzazione.
Il capo del Cremlino già a inizio gennaio aveva parlato di Kim Jong-un un "politico competente e già maturo", che ha "raggiunto il suo obiettivo strategico, sottolineando ancora una volta come la denuclearizzazione dovesse essere raggiunta "solo attraverso dialogo e negoziati".
Anche nei momenti di maggiore tensione internazionale, gli scambi tra Mosca e Pyongyang non si sono mai interrotti: al contrario, a dicembre, ben prima dell'apertura di Kim Jong-un in occasione delle Olimpiadi invernali, una delegazione militare russa era stata in visita nella capitale nordcoreana per colloqui ad alto livello con i vertici militari della Corea del Nord.