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August 22 2017
Altro che la "doppia sospensione" proposta dalla Cina. Stati Uniti e Corea del Sud non ne hanno voluto sapere di tenere aperta la strada del dialogo e sono andati avanti lungo il sentiero delle provocazioni sfrontate.
Non che la Corea del Nord non le meriti, sia chiaro, ma quello che ancora non è facile capire è se esista un unico fronte interessato a contenere le presunte ambizioni militari nordcoreane o se, invece, Cina, Giappone, Stati Uniti e Corea del Sud si stiano muovendo in ordine sparso, gettando benzina anziché acqua sul fuoco. E dire che fino a una manciata di giorni fa sembrava che la crisi avesse finalmente cominciato a rientrare, con la dichiarazione inattesa di Kim su quanto "l'attacco su Guam avrebbe potuto aspettare..."
L'agenzia stampa nordcoreana il 15 agosto scorso aveva annunciato che prima di lanciare un altro missile Kim Jong-Un avrebbe continuato ad osservare "un altro po' il folle e stupido atteggiamento degli yankee". Ennesima provocazione, certo, ma per una volta usata per suggellare un equilibrio ritrovato, non distrutto. Forse si tratta di una ricostruzione fantasiosa, fatto sta che è stata l'unica volta da quando è iniziata questa crisi che la Corea del Nord ha accettato di fare un passo indietro. Possibile sia un caso che questo risultato sia stato ottenuto dopo che il Consiglio di Sicurezza, di cui fanno parte anche Cina, Russia e Stati Uniti, ha votato all'unanimità un nuovo pacchetto di sanzioni particolarmente punitive per il regime? O forse abbiamo semplicemente avuto la conferma che quando la comunità internazionale è unita nel condannare Kim Jong-Un quest'ultimo fa più fatica a non dare importanza alle ammonizioni ricevute? Provare questa tesi non è facile, ma di certo oggi è chiaro anche a Kim che questo allineamento di vedute non sia la norma in Asia.
A sfatare gli eventuali dubbi di Kim Jong-Un ci hanno pensato Corea del Sud e Stati Uniti, che invece di raccogliere l'invito cinese a sospendere le esercitazioni militari congiunte già in programma per la seconda metà di agosto per confermare a Pyongyang la convenienza di ritornare a un tavolo multilaterale per definire i dettagli di un nuovo equilibrio asiatico, hanno iniziato come da programma la Ulchi Freedom Guardian, la più grande simulazione bellica computerizzata mai organizzata al mondo che, si vocifera, contega anche un piano che prevede la decapitazione del leader nordcoreano in caso di conflitto.
Americani a sudcoreani naturalmente si difendono definendo le loro manovre esclusivamente difensive, ma la Corea del Nord è convinta che siano esercitazioni fatte per preparare meglio Seul alla guerra. Una guerra che, purtroppo, continua ad essere, nella sua assurdità, una delle opzioni sul tavolo: Kim Jong-Un ha risposto allla decisione americana con un editoriale fatto circolare dall'agenzia stampa del regime intitolato "Forse gli Stati Uniti stanno cercando di auto-distruggersi?". Anche la Cina ha condannato la mossa di Donald Trump che, a suo parere, non fa altro che chiudere gli ultimi spiragli di comunicazione rimasti.
Mentre gli economisti si chiedono se le sanzioni approvate a inizio agosto verranno davvero mantenute anche nel lungo periodo, immaginando che solo in questo modo possano essere efficaci, ma dubitando del fatto che la Cina, da cui dipende il 90 per cento dell'interscambio coreano, possa attenersi a questa linea dura così a lungo, la tensione in Asia continua a salire. E non solo per le esercitazioni militari di americani e coreani del sud, ma anche per la scelta del Giappone di nominare un Ministro degli Esteri molto poco interessato al dialogo. Questo non significa che dobbiamo aspettarci che Tokyo diventi più aggressiva, ma di certo la posizione anticinese di Taro Kono infastidisce Pechino, che tra l'altro ha anche parecchi problemi da risolvere sul fronte occidentale, al confine con l'India.
A forza di accumulare tensioni, prima o poi l'Asia scoppierà. Alle esercitazioni militari che Seul e Washington avevano organizzato nel 2016 Pyongyang ha risposto con un test missilistico. Le manovre americane dovrebbero finire il 31 agosto, ma cosa farà Kim Jong-Un quest'anno non lo sappiamo ancora. Per il momnto pendiamo tutti dalle sue labbra, che non è certo rassicurante. Come ha sottolineato anche Ian Bremmer sul Time, "più non si fa nulla per sbloccare la situazione, più quest'ultima si deteriora, e a un certo punto qualcuno agirà per disperazione, forzando la mano a tutti".